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Trapani, la campagna elettorale decisa dai magistrati?

Di Mariza D’Anna |

Dei cinque candidati ai nastri di partenza per la poltrona di sindaco, due, proprio quelli che apparivano tra i favoriti, sono stati travolti in corsa dai provvedimenti della magistratura. Antonio D’Alì, 66 anni, senatore di Forza Italia da 23, ex sottosegretario all’Interno, dopo lunghi di anni di assenza dalla città – nel 2006 era stato eletto presidente della Provincia – aveva deciso il ritorno “locale”. Poco meno di due ore dalla chiusura delle liste però era stato raggiunto da una richiesta di applicazione dell’obbligo di dimora perché considerato, dai magistrati antimafia di Palermo, socialmente pericoloso. Un provvedimento che scaturisce, secondo i pm, dalla sentenza di appello (che ricalca quella di primo grado) con la quale il senatore era stato assolto dal concorso in associazione mafiosa per i fatti dopo il 1994 mentre per i precedenti era intervenuta la prescrizione. Ricco, potente, amico di Berlusconi (che lo sosterrà l’8 giugno a Trapani), il suo nome in qualche modo ha sempre aleggiato sulla città. Dopo la notifica della richiesta della misura di prevenzione, D’Alì ha riflettuto due giorni ed è ripartito. Ha dichiarato il suo avvocato, Biagio Bosco: «Visto che la Cassazione dovrà esprimersi solo sulla legittimità delle sentenze, dal 1994 non è stata trovata alcuna prova reale a suo carico. Ritiene di avere la coscienza pulita e quindi si candida».

La città si era appena ripresa dalla notizia piombata su un clima elettorale incerto quando, ventiquattro ore dopo, un nuovo provvedimento aveva colpito un altro candidato, l’ex sindaco Girolamo Fazio, 63 anni, anche lui tra i favoriti. Accusato di corruzione nell’operazione “Mare Monstrum”, l’11 maggio Fazio, avvocato e imprenditore, era stato posto ai domiciliari dove tutt’ora si trova dopo che il gip Caterina Brugnone ha confermato il provvedimento appesantendo l’accusa, «avendo trovato ulteriori indizi di colpevolezza nel patto scellerato tra Fazio e l’imprenditore Morace» per cui, con uno scambio di favori e denaro, il primo lo agevolava nei suoi interessi per i trasporti marittimi alla Regione e il secondo nella campagna elettorale e nelle “regalie”. Fazio, che aveva governato per due mandati consecutivi dal 2001 in poi sotto l’egida del centrodestra, deputato regionale dal 2012 passato poi al gruppo misto, è stato sospeso dall’Ars con un provvedimento del Consiglio dei Ministri, in virtù della legge Severino, e tagliato fuori dalla competizione elettorale (per un gioco di coincidenze il suo posto verrà preso da Stefano Pellegrino, avvocato del senatore D’Alì).

Fazio adesso fuori gioco, ma non le sue liste che continuano ad appoggiarlo energicamente con attestati pubblici di solidarietà. «L’inaspettata decisione dei giudici – dicono – rafforza il convincimento che è necessario un supplemento di vigore politico per far comprendere la solidità del programma di rilancio della città».

Fazio, ai tempi della solida amicizia con D’Alì poi diventata scontro, era stato il sindaco che aveva ospitato la Coppa America di vela che tanto lustro internazionale aveva dato alla città, grazie alla quale aveva usufruito di una pioggia di fondi e perso le piume del brutto anatroccolo. Anche per questo l’ex sindaco, così come D’Alì, continuava ad essere molto gradito ai cittadini che avevano scoperto – anche grazie alla presenza costante di Ryanair – di poter investire sulla voce turismo. Ma tutti, improvvisamente, si erano dimenticati che Trapani restava agli ultimi posti nella classifica della qualità della vita. Persino il sindaco uscente, il generale Vito Damiano, era stato espressione iniziale dell’intesa Fazio-D’Alì, poi scioltasi e oggi anche lui in posizione distante e contraria dai due.

I tre candidati rimasti “llesi” sono l’uomo del Pd (spaccato) Pietro Savona, dirigente Iacp, ex assessore e consigliere tornato alla politica attiva dopo alcuni anni, sostenuto dal deputato regionale Paolo Ruggirello, l’architetto Marcello Maltese di Cinque Stelle, lontano dalla politica fino a poco tempo fa, e il 7 giugno sostenuto dalla presenza in città di Beppe Grillo che vede una ghiotta occasione per insinuarsi in un elettorato dove non ha mai avuto grandi fortune, e l’avv. Giuseppe Marascia a capo della lista civica “A misura d’uomo”, sostenuto dal senatore Fabrizio Bocchino e dall’ex magistrato Antonio Ingroia. I tre potrebbero beneficiare di questa babele? Non è affatto scontato.

E la città? La città arriva al voto come un pugile suonato, spaccata, lacerata da ombre e sospetti, abbagliata dai riflettori nazionali, sotto una cappa pesante, ammorbata da un clima incattivito che travolge soprattutto quell’elettorato che non pontifica su facebook, non partecipa attivamente ai giochetti elettorali e che, attonito, stupito, indeciso non sa a chi dare il proprio voto, né a che santo votarsi.

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