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Bianco vs Faraone, il derby renziano fra claque, “vino inacidito” e Dumbo

Di Mario Barresi |

Catania. «Ciao ragazzi, siete qui per Calenda?».Se fosse una battuta, sarebbe una delle migliori dall’inizio della Festa dell’Unità.Ma non è una battuta.

«Ciao ragazzi, siete qui per Calenda?».Chiede il segretario regionale del Pd, Fausto Raciti, rivolgendosi ai deputati dell’Ars, Luca Sammartino e Valeria Sudano. I quali, con un copioso codazzo di persone al seguito, percorrono il vialetto d’ingresso della villa. Fermandosi dirimpetto al tendone-libreria, dove fra un po’ comincia la presentazione di Sottosopra, il libro di Davide Faraone, “Caronte” dell’ingresso dei due ex articoloquattristi nel Pd renziano. Per poco non s’imbattono nel sindaco di Catania, Enzo Bianco, da pochi minuti transitato verso l’uscita dopo aver fatto da mattatore sul palco nazionale al dibattito su “L’Italia che dice sì”.Sullo sfondo, si ode il ministro dello Sviluppo economico, Antonio Calenda, dissertare di industria 4.0, defiscalizzazione e di investimenti al Sud. Distante, molto distante.

«Non è una battuta», giura – candido – Raciti. Mentre accanto a lui se la ride Mirello Crisafulli, tenutario dello stand più gettonato della Festa, quello che promuove l’Ateneo romeno trapiantato a Enna. Senza bretelle. «Le ha indossate il mio commissario Carbone», si giustifica. Riferendosi a Ernesto, deputato ultrarenziano passato alla storia per il #ciaone, che ha tolto al Barone Rosso le chiavi della sezione del Pd a Enna.«Sarà cambiato il programma», dice il segretario. E c’è da credergli, perché il “derby” di ieri sera non era previsto in calendario. Due eventi (uno rinviato il giorno prima, l’altro in aggiunta al cartellone iniziale) che, ironia della sorte, cadono nello stesso giorno, a distanza di pochi minuti.

Enzo Bianco contro Davide Faraone. Il che, imperante Crocetta, è già un antipasto di quello che potrebbe succedere e che magari succederà davvero. Nonostante le reiterate auto-ricandidature del governatore, il sindaco di Catania e il sottosegretario all’Istruzione restano i candidati del Pd più quotati dai bookmaker per le corsa verso Palazzo d’Orléans nel 2017.Due galletti nell’immenso pollaio renziano, due generali siciliani nell’esercito referendario del sì. Enzo e Davide: sorridenti e reciprocamente complimentosi quando s’incontrano, ma già pronti a misurarsi. A partire dai numeri. Che qui dentro significano soprattutto pubblico e applausometro. Ma anche una sfida, sottilissima, a chi recita meglio il vangelo secondo Matteo.

Il sindaco non lascia nulla al caso. Riempie a tappeto le sedie del palco centrale, alcuni restano in piedi. Ci sono quasi tutti gli assessori e tanti fedelissimi, fra dirigenti e noti professionisti. Con una discreta rappresentanza della Cgil. Che, a livello nazionale, s’è appena schierata per il no. «Ma che c’entra? Qui c’è il nostro assessore!», dice un segretario di categoria. Tant’è che al sondaggio Cerasa-style, lanciato dal moderatore Francesco Nicodemo, stavolta, stravince il sì. Bianco è un perfetto testimonial (assieme al sindaco di Firenze, Dario Nardella, e al mancato sindaco di Roma, Roberto Giachetti) delle ragioni del sì. E attacca il premier del quale fu ministro. Quel D’Alema – «un pizzico egocentrista», oltre che «molto severo con gli altri e molto generoso con se stesso» – liquidato con una metafora enologica: « ho la sensazione che questo vino non sta andando molto bene, ‘stu vinu ‘ngacitìu (è inacidito, ndr)». E, additando «quella parte del Paese che dice no, sempre e comunque», Bianco cita un caso autobiografico: «Ho fatto una pista ciclabile in uno dei lungomare più belli del mondo e hanno avuto da ridire perché l’ho fatta azzurra! Sarebbe stato così pure se l’avessi fatta rossa». Un messaggio anche per chi parla di festa-flop: «Catania in questi giorni è la capitale politica d’Italia, c’è un indotto turistico e ministri che prendono impegni per la città».

Faraone si confronta invece con Roberto Alajmo, direttore del “Biondo” di Palermo. E mentre parla del libro – fra Agassi, Dumbo e stoccate al governo regionale – la folla si moltiplica. Presenti, oltre ai Faraone-boys (fra i quali il primo cittadino di Siracusa, Giancarlo Garozzo e l’ex sindaco di Agrigento, ex forzista, già presidente del Pd siciliano, Marco Zambuto), moltissimi medici e dirigenti della sanità. Fra il pubblico: il deputato nazionale Giuseppe Berretta, l’europarlamentare Michela Giuffrida e il rettore Giacomo Pignataro. In platea anche alcuni gruppi di docenti. Nessuna contestazione, stavolta; dopo che a Villa Bellini, qualche giorno fa, Faraone si era immolato come parafulmine in assenza della ministra Stefania Giannini. Le insegnanti una decina in tutto, aspettano che il sottosegretario finisca l’evento e poi gli parlano. Con dignità e pacatezza. Lui ascolta tutte e tutti – le maestre d’asilo beffate, le docenti di sostegno fuori dalla mobilità, i presidi – e discute con tutte e con tutti. Ma su Crocetta è silenzio stampa: «No, basta. Appena dico Cr… mi viene già la nausea. Per adesso basta. Fino alla fine della Festa non parlo di lui, né di primarie. Ma soltanto di come cambierà il Paese con la riforma costituzionale e dei fatti concreti del governo per la Sicilia». Fino alla fine della Festa dell’Unità. E dopo? «Dopo ci divertiamo», assicura. Scambiandosi un sorriso d’intesa con Sammartino, pronto – dicono – ad affossare la maggioranza al Comune di Catania.

Bianco e Faraone. Si sovrappongono, si sfiorano, si annusano, si contano. E non s’incontrano. Volutamente. Uno esce e l’altro arriva, in attesa di salutarsi. Non adesso. Quando ci sarà Renzi. Il derby finisce in parità. Ma è soltanto un’amichevole di fine estate: il risultato non conta. Per la partita vera, quella con la Coppa delle Regionali in palio, c’è ancora tempo.Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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