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L’amico scout, il rutto di Mirello e Patty Smith “Matteuzzo era spacchiusu già a sette anni”

Di Mario Barresi |

Catania. Più dei No Muos; più dei prof incazzati; più della Catania che dice no, da destra e da sinistra. Ma anche più degli onorevoli siciliani di ogni ordine e grado, con attaché al seguito, e delle loro truppe cammellate.

Il più eccitato di tutti – per la Venuta di Matteo – è Pippo Leone.

Dagli altoparlanti della Festa: “People have the power, people have the power” (Patty Smith).

Chi è Pippo Leone? Su Google – la scatola nera delle nostre vite – le credenziali sono sbilanciate sull’organizzazione della Trecastagni Star, gara internazionale di podismo. Ma trattasi del siciliano che conosce Matteo Renzi e frequenta la sua famiglia «da quando Matteuzzo aveva sette anni ed era un lupetto già leader e dalle idee chiare, già spacchiuso da piccolo». Renzi è «figlio di due amici miei carissimi, con i quali ho condiviso tante esperienze da scout».

La villa è piena. È l’ultimo giorno della Festa dell’Unità. «Chissà che dirà Renzi».

Dagli altoparlanti della Festa: “Ma il cielo è sempre più blu, uh-uh, uh-uh” (Rino Gaetano). Piove, governo ladro. Ombrelli, panico nella zona autorità. Ma quando arriva Renzi? «Quando smette di piovere, è tutto calcolato».

Ma ci sono già tutti i vip ad aspettarlo. In un tendone attrezzato. «Deputati regionali e nazionali ed europei. Tutti devoti tutti. Rinunciando al pranzo della domenica. Gli assenti non sono giustificati. «Ma perché Crocetta non gli chiede di fare le Olimpiadi qui?». No, gli chiederà – davvero – un’Expo mediterranea in occasione del G7 di Taormina.

Il gazebo più affollato è quello dei comitati del sì. Il vento sta cambiando? «È perfetto per ripararsi dalla pioggia», dice una signora scollatissima. «Sono qui per stringere la mano al senatore Lumia», incalza una signora bionda platinata al tipo della sicurezza. Rimbalzata.

«Manco una gassosa ci hanno offerto», sibila un deputato regionale. Il corteo dei contestatori è partito da piazza Iolanda? «Sono quattro gatti», dice un addetto stampa mostrando foto in tempo reale. Il fuori. Visto dal di dentro.

Dagli altoparlanti della Festa: “È un’estate bellissima/è finita di già. Una moto che parte/una sonda su Marte/ Un ricordo che brucia ancora/ Perché è pieno di vita/ è pieno di vita/ è pieno di vita, ah-ahhh” (Jovanotti).

«Arrivò, arrivò Renzi».

Sono le 17,20. «Scusate il ritardo», dice. Lo accompagna il sottosegretario Davide Faraone. Tutti i deputati si accomodano. Il premier sta accanto al sindaco di Catania, Enzo Bianco, e al segretario regionale del Pd, Fausto Raciti. Che gli chiede di «esserci vicino personalmente in una anno che ci vedrà davanti a prove importanti, come le Amministrative di Palermo e le Regionali». Renzi fa un cenno col capo, poi certifica: «So che quello che succede da voi spesso anticipa quello che succede nel Paese. Sono con voi, sarò con voi. Contateci».

Tutti annuiscono. Tutti devoti tutti. Compresi quelli che – da oggi in poi – ricominceranno  a scannarsi. Per le primarie, per Crocetta, per i rifiuti. Piccole storie in un Grande Laghetto.

Manca un quarto d’ora alle sei, quando comincia il comizio finale. Enzo Napoli, segretario provinciale del Pd, evoca la «paura mondiale entrata nelle nostre vite». Un bambino, non più di cinque anni, implora: «Papà, ti prego, mi scappa la pipì».

«Amici e compagni», li chiama Renzi. «Sei finito!», prova a urlare un ragazzo con la barbetta e gli occhiali spessi. Ma, quando si accorge di essere circondato da bandiere del Pd, sussurra: «Sei finito!». Non lo sente nessuno.

Legge il quesito referendario, il premier. «Volete voi ridurre il numero di parlamentari, superare il bicameralismo perfetto…». E una giovane mamma sgrana gli occhi: «Ma se è così, allora voto sì. Io non è che l’avevo capito ‘sto referendum…». Suo marito, però, casca sul Cnel. «Vi piace il Cnel? Volete lasciare in vita il Cnel?», chiede Renzi. «Ma cchi spacchiu è ‘stu Chinell?», chiede il marito della neo-convertita alle ragioni del sì.

Gli onorevoli stanno in un’area alla sinistra del palco. Luca Sammartino è in prima fila, munito di camicia bianca renziana. «Non ci fa vedere niente, con lui non si vede niente», si lamenta una collega di bassa statura. Anna Finocchiaro si accomoda su una panchina, defilata. Così come la ministra Maria Elena Boschi, che resta nel backstage. Il ministro Maurizio Martina ascolta e applaude. La sinistra che vota sì.

Citazioni siciliane, fa Renzi: Archimede, il medico lampedusano Pietro Bartolo, Giorgio La Pira. Poi, quando parla di scuola, un contestatore con la maglietta rossa gli grida: «Vergogna!». Il presidente è costretto a sfoderare don Milani per rispondere: «Vergogna? Non è vero. Abbiamo assunto centomila persone a cui lo Stato aveva detto vi do un incarico e poi se n’è fregato. Non è stato facile, alcuni hanno dovuto lasciare la loro regione perché il bene della scuola non è dei professori, ma dei loro ragazzi».

Renzi fa il mattatore. Imita D’Alema, «l’esperto di passato». Fa la vocina antipatica in falsetto. Sillaba: «Non ci faremo trascinare nella guerra del fango delle correnti». E poi il crescendo, la madre di tutte le battaglie: «L’Italia che dice sì». Applausi.

Dagli altoparlanti della Festa: “People have the power, people have the power” (Patty Smith).

«Matteo è stato bravissimo, uno dei migliori discorsi che gli abbia sentito fare», commenta l’eurodeputa Michela Giuffrida.

Pippo Leone s’infila. Ce l’ha fatta, come sempre. La security dell’area vip lo fa passare. «Pippo Leone, sono». E Renzi lo saluta. Con affetto. «Ciao, bischero d’un Pippo Leone». Segue un batti-cinque. E un abbraccio da vecchi amici.

“Boom”. Un rumore sordo, da lontano. Tesi contrastanti sulla matrice: a) i fuochi della Madonna Bambina a Ognina; b) una cassa del palco bruciata; c) l’Etna che erutta; d) un rutto di dissenso di Mirello Crisafulli.

Era una bomba carta.

Dentro non c’è percezione del fuori. «Svolgiamo una funzione sociale per i contestatori…», aveva scherzato Renzi, ma chi «spacca tutto nega il futuro». Fuori rischiano di spaccarsi il naso una signora e due ragazzini, durante una carica della polizia. Dagli altoparlanti della Festa: “Il bambino Gabriel aspetta la nonna, la signora Pagano, allo stand del Senato”  (Responsabile dell’organizzazione). In Senato, adesso ci sarà la maggioranza per cambiare l’Italicum? Chi sciama dalla Villa ha paura: «C’è l’inferno».

Calano le luci. Sulla Catania che dice boh. La Festa è finita.

Speranza e Gotor – indignati – dettano alle agenzie che, dopo il discorso di Renzi, voteranno no.

Pippo Leone, di loro, francamente, se ne fotte.

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