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Alla scoperta dei tesori sommersi: gli itinerari culturali subacquei in Sicilia

Di Giorgio Romeo |

«La divulgazione e la valorizzazione del patrimonio culturale sommerso – spiega il soprintendente del Mare della Regione Sicilia, prof. Sebastiano Tusa – sono state fin dall’inizio una delle nostre attività più sentite, progettando ed attivando, tra le molteplici attività, i percorsi itinerari o parchi archeologici subacquei visitabili in linea con i principi della Convenzione Unesco sulla protezione del patrimonio culturale sommerso. L’iniziativa si basa sulla convinzione che la tutela del mare non può prescindere dalla conoscenza e dalla sensibilizzazione non solo dei cosiddetti addetti ai lavori, ma anche del pubblico più vasto». Oggi questi percorsi subacquei hanno raggiungono uno stato dell’arte piuttosto avanzato, dimostrando come la sfida posta in questi anni dalla soprintendenza sia stata vinta con un recupero attivo di un patrimonio sottomarino che, come sottolinea lo stesso Tusa, è stato a lungo negletto e in balia di pochi speculatori.

Dalla depredazione al turismo subacqueoSvelare un segreto, aprire a tutti i siti archeologici finora vietati. L’istituzione degli itinerari subacquei in Sicilia da parte della Soprintendenza ha rappresentato una vera e propria scommessa, soprattutto sul fronte della tutela dei reperti. Il rischio, infatti, è stato quello di incorrere in un fenomeno che in passato ha molto interessato i nostri mari: quello della depredazione. «Per fortuna – racconta l’archeologo Philippe Tisseyre, responsabile di zona ad Acitrezza – il mondo della subacquea si è abbastanza evoluto. Oggigiorno non c’è più la prassi di portarsi a casa i tesori di tutti, ma li si ammira in loco esattamente come si farebbe in un parco archeologico sulla terra ferma». Un risultato più che soddisfacente, ottenuto anche grazie a un’intensa campagna di comunicazione che ha coinvolto appassionati e scuole.

Non solo per i sub espertiContrariamente a quanto solitamente s’immagina, la fruizione di questi percorsi non è riservata solo ai sub in possesso di brevetti avanzati. «Una delle cose più belle che abbiamo potuto costatare negli ultimi anni – continua Tisseyre – è che, frequentemente, chi prende parte a queste attività è un normale turista. Del resto la difficoltà dei percorsi è molto variabile e alcuni di essi possono essere affrontati anche in snorkeling». È il caso del “Relitto delle colonne” ubicato a circa mezzo miglio da Marzamemi. Si tratta di uno dei percorsi più suggestivi, in cui è possibile ammirare alcune colonne (tra cui una lunga oltre sei metri con un diametro di circa 185cm) risalenti al III secolo d.C. adagiate su un fondale roccioso circondato da grossi cespugli di posidonia. «Per i nostri percorsi – continua l’archeologo – abbiamo scelto zone con fondali molto belli, così da rendere l’esperienza completa non solo dal punto di vista archeologico, ma anche da quello paesaggistico».

Percorsi anche per non vedentiAd Aci Castello, all’interno dell’Area Marina Protetta “Isole Ciclopi”, si trova il primo itinerario archeologico subacqueo tattile per normodotati e diversamente abili. Nato dal sodalizio tra le archeologhe Teresa Saitta e Tiziana Fisichella e la “Life Onlus” di Catania, sostenuto e patrocinato dalla Soprintendenza del Mare, dall’Università di Catania e dall’Area Marina Protetta Isole Ciclopi, il “museo sottomarino” è costituito da otto frammenti di ancore romane in ferro (dal I sec. a.C fino al XV d.C.) e sette copie ceramiche (fedeli agli originali) di anfore romane inserite appositamente nel contesto. «L’itinerario – racconta Carmelo La Rocca, istruttore di subacquea per disabili e titolare della Onlus “Life” (Life Improvement for Every Single Person) – rappresenta per un non vedente un’esperienza unica nel suo genere. Del resto, rispetto ai portatori di altri tipi di disabilità, coloro che non vedono non possono fare molto sott’acqua. La presenza dei reperti nei nostri fondali e la facilità dell’itinerario (l’immersione è considerata facile in quanto raramente sono presenti correnti ndr) ha fatto sì che si creasse un vero e proprio percorso tattile». I reperti sono stati quindi legati a una cima e il sub non vedente, guidato da un istruttore, troverà lungo il tragitto anche alcuni cartelli in braille con la spiegazione dettagliata di ciò che sta toccando. «Naturalmente – continua La Rocca – prima di immergersi è previsto anche un briefing a terra, in cui vengono spiegate le peculiarità del percorso e la storia dei ritrovamenti». Negli ultimi anni le richieste per questo singolare tour sono state parecchie e a interessarsi sono stati turisti da tutto il mondo, complice anche l’interessamento di “charity” come “Seable”, la startup londinese divenuta vero e proprio punto di riferimento per il turismo per disabili guidata dal figlio di Carmelo La Rocca, Damiano.

I reperti e le nuove tecnologiePer tutti gli itinerari proposti dalla Soprintendenza sono state realizzate delle guide subacquee plastificate e accanto ai reperti sono stati posti dei cartellini esplicativi impermeabili. A fianco di questi, tuttavia, sono stati sviluppati recentemente alcuni nuovi metodi di fruizione. Su alcuni ritrovamenti, infatti, sono stati applicati dei microchip che, letti da un apposito tablet, consentono di mostrare ai sub un gran numero di informazioni, foto e testi. «Dal punto di vista del fruitore – ci racconta ancora Philippe Tisseyre – si tratta di un’esperienza analoga a quella che si potrebbe fare in un museo sulla terra ferma, ma questa tecnologia può avere anche altre applicazioni. Ad esempio, sul piano della salvaguardia, sarà possibile tracciare la posizione dei reperti riducendo drasticamente il rischio di depredazione». Duplice funzione anche per i dispositivi che consentono la visione dei tesori sommersi a distanza. «Laddove l’immersione risulta difficile – spiega il Soprintendente Tusa – abbiamo sperimentato sistemi di telecontrollo e telefruizione, ponendo alcune telecamere subacquee nei pressi di un relitto e rimandando il segnale a terra mediante cavi e trasmissione via etere». È il caso di “Cala Minnola”, nell’isola di Levanzo, dove è possibile visitare un relitto di cui sono visibili due ceppi d’ancora in piombo, un tubo di sentina e circa 90 anfore del carico di una nave romana. Il sistema di telecontrollo ne consente anche la visita virtuale, con immagini in diretta, ai visitatori presso la Tonnara di Favignana. In modo analogo, il sistema di telecamere installato nei fondali di Pantelleria permette l’osservazione dei reperti di “Cala Gadir” direttamente sul web, con la possibilità di manovrare le telecamere dal proprio computer.

Il relitto di Acitrezza e i nuovi itinerari«Quello recentemente scoperto ad Acitrezza – racconta ancora Tisseyre – è un relitto enorme, che contiene circa 400 anfore. Visitarlo è un’emozione grandissima, ma bisogna scendere almeno a 65 metri di profondità, cosa che non rende l’esperienza accessibile ai sub ricreativi. In ogni caso è in preparazione un itinerario destinato ai subacquei tecnici». Il relitto è attualmente in fase di studio e lo stesso Tisseyre ha coordinato le operazioni di rilievo e di documentazione fotografica (è stata anche fatta una elaborazione dei dati in 3d a cura di Salvo Emma). Dalle prime analisi è emerso come il relitto presenti un cumulo di anfore di almeno cinque diverse tipologie. «Almeno due tipi di anfore – spiega Emma – non sono state finora documentate in un carico (anfore globulari e di piccolo modulo). È prevista a breve una ricerca sugli impasti per determinare il tipo di argilla e la localizzazione delle fornaci di produzione». Tra le ultime attività della Soprintendenza, infine, vi è anche la riattivazione dell’itinerario archeologico subacqueo nei fondali vicino Catania, in prossimità del lido “Esagono”, dove anche i sub meno esperti avranno la possibilità di ammirare diverse ancore e anfore su un fondale che va dai 15 ai 30 metri.

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