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Bimba morta per la sfida su TikTok, gli organi di Antonella ad altri bambini

Di Redazione |

Grazie a una parte del fegato, a un rene e al pancreas della piccola Antonella, la bambina di dieci anni morta ieri soffocata dopo una sfida su Tik Tok, altri bambini potranno continuare a vivere. Una parte del fegato, il pancreas e un rene andranno a un bimbo ricoverato all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, mentre l’altra parte del fegato andrà ad un altro piccolo paziente che si trova nella stessa struttura. L’altro rene sarà trapiantato a un bambino ricoverato al Gaslini di Genova. Sono stati invece giudicati non idonei il cuore, l’intestino e i polmoni. Mentre i genitori non hanno consentito l’espianto delle cornee.  «Abbiamo scelto di dire si alla donazione perché nostra figlia avrebbe detto “si, fatelo”. Era una bambina generosa. E visto che non potevamo averla più con noi, abbiamo ritenuto giusto aiutare altri bambini», hanno dichiarato i genitori della bimba.

INCHIESTA. La Procura di Palermo, che indaga sulla morte della bambina di 10 anni per asfissia, dopo avere partecipato a una sfida su Tik Tok, ha avviato, come apprende l’Adnkronos, una serie di verifiche sui social media usati dalla piccola vittima. Sono due le inchieste aperte. Una coordinata dal procuratore dei minori Massimo Russo e dal sostituto Paoletta Caltabellotta e l’altra dal procuratore aggiunto della Procura ordinaria Laura Vaccaro, che coordina le indagini sui reati che coinvolgono le cosiddette fasce deboli.

La Procura ordinaria, che ipotizza l’istigazione al suicidio, vuole fare luce su quanto accaduto nei minuti che hanno preceduto il gioco mortale della bimba di dieci anni. Secondo una prima ricostruzione la piccola Antonella avrebbe partecipato a una sfida secondo cui vince chi riesce a resistere più a lungo con una corda al collo. La bambina si è legata la cintura dell’accappatoio alla gola, mentre era chiusa in bagno. A trovarla a terra, cianotica, è stata la sorellina che ha subito chiamato il padre. La corsa in ospedale, alle nove di sera. Poi la speranza che si è spenta ieri a mezzogiorno. Quando è stata dichiarata la morte cerebrale della piccola. Ieri sera i genitori di Antonella hanno deciso di donare gli organi della figlia. La madre è in avanzato stato di gravidanza, in attesa del quarto figlio.

LA SCUOLA. «Ho incontrato questa mattina i compagni di classe della piccola Antonella. Ho ribadito loro il pericolo e le insidie che nascondono nei social. Ho affrontato il tema della morte che non è percepito dai ragazzi. Li ho trovati turbati e molto tristi per quanto successo. Il nostro compito è quello di stare loro vicini in questo momento difficile». E’ quanto afferma la dirigente scolastico Laura Pollichino della scuola Perez Madre Teresa di Calcutta frequentata dalla bimba morta per soffocamento dopo una sfida sui social network. La dirigente ha espresso alla famiglia il profondo cordoglio quanto successo. «Questa mattina mi ha chiamato la ministra Lucia Azzolina. Ho ribadito alla rappresentante del governo, l’estrema rabbia per quanto successo. Non riusciamo tutti noi a comprendere come sia possibile che queste sfide non vengano bloccate sui social. Quanto successo è davvero incomprensibile – aggiunge la dirigente – Le maestre mi hanno riferito che la mamma seguiva la figlia in maniera attenta e premurosa. Purtroppo la cronaca dimostra che questi episodi non sono isolati e che se non si pone un freno possono ripetersi». 

LA RILEVAZIONE. La tragica vicenda di Antonella, la bambina di 10 anni morta per aver sfidato la sorte in un assurdo ”gioco” social, riaccende i riflettori sulla pericolosa moda delle challenge online e, in particolare, della più diffusa tra esse: la Blackout Challenge (che invita i partecipanti letteralmente a soffocarsi per vedere l’effetto che fa). Stavolta sul banco degli imputati è finito TikTok, il social più amato soprattutto tra gli adolescenti e i preadolescenti. Il segno che il fenomeno è tutt’altro che passeggero ma che, anzi, una sua possibile amplificazione era forse intuibile da tempo. Come dimostra il più recente sondaggio sul fenomeno effettuato da Skuola.net su 1500 ragazzi di scuole medie e superiori. Secondo i dati raccolti, più di 1 giovane su 6 conosce la Blackout Challenge e le sue regole. Come? Il 31% attraverso letture sul web, il 25% tramite video postati sui social, il 17% per il passaparola dei coetanei. Ma il dato più allarmante riguarda chi dalle parole è passato ai fatti: tra i ragazzi “informati”, quasi 1 su 5 – il 18% – afferma di aver anche partecipato al “gioco”. Ancora di più quelli al corrente dell’esperienza di qualcuno che ha sperimentato il brivido della morte apparente: il 30%, quasi 1 su 3. Ma incomprensibili, oltre alle regole del gioco, sono anche le principali motivazioni che, stando sempre alla rilevazione di Skuola.net, spingono tanti giovani a praticare questa challenge. Apparentemente banali: fare un video da far diventare virale online (56%), divertirsi in modo alternativo (10%), provare la sensazione di incoscienza promessa (8%), stare male per saltare qualche giorno di scuola (5%). Ma tanti, alla domanda sul perché della partecipazione al ‘giocò, non sanno dare una giustificazione (21%) “L’ennesima tragedia legata alle challenge online, dal nostro osservatorio privilegiato sul mondo giovanile, ci sbatte in faccia due elementi di riflessione. Il primo è che non si può continuare a far finta che fenomeni del genere, così sfuggenti e apparentemente lontani dai canali di comunicazione mainstream, esistano solo quando accade l’irreparabile – Dichiara Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net – ma al contrario si devono affrontare di petto per debellarli definitivamente. Il secondo è tutta l’inquietudine di una generazione che si sente sottovalutata ma al tempo stesso pressata dalle aspettative degli adulti, un mix che spesso li disorienta a tal punto da indurli ad autogiudicarsi inutili, falliti e nei casi più estremi all’autolesionismo e ai tentativi di suicidio (reali o simulati). Come se nella fine intravedessero la cura a ogni loro male, quando invece per loro la vita ha da dire ancora tutto”, conclude Grassucci.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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