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Il Parco Himera fa marcia indietro: «Niente terreno alla nipote del boss»

Provvedimento sospeso: al nonno dell’imprenditrice era stata confiscata un’area per mafia

Di Fabio Russello |

L’assessorato regionale ai beni culturali corre ai ripari e – in autotutela – ha sospeso il provvedimento di concessione da parte del Parco archeologico di Himera, Soluto e Iato di alcuni terreni, ricadenti all’interno dell’area di tutela, per il pascolo di una mandria di mucche riconducibile ad Elisa Baratta.Si tratta dell’imprenditrice che altro non è che la nipote di Antonino Baratta, imprenditore ritenuto vicino ai clan di Termini Imerese, al quale meno di 4 anni fa lo Stato aveva confiscato il terreno sul quale poi è stato realizzato il parcheggio a servizio dello stesso Parco.

Il paradosso

Una vicenda davvero paradossale sollevata dal deputato regionale di Controcorrente Ismaele La Vardera e rilanciata da La Sicilia : «Lo Stato – aveva tuonato l’ex Iena – confisca alla mafia e poi la Regione consente alla stessa famiglia di far pascolare le vacche». La sospensione del provvedimento che aveva concesso i terreni a Elisa Baratta è firmata dal direttore del Parco archeologico Domenico Targia, del quale ora lo stesso La Vardera chiede la testa: «Nonostante il completo e totale silenzio dell’assessorato regionale ai beni culturali – ha detto a La Sicilia – qualcosa si è mosso e in autotutela hanno sospeso la convenzione con la famiglia Baratta. Ma non basta. Non può passare in secondo piano l’atteggiamento del direttore del Parco Targia che dà quel terreno in maniera diretta e senza bando e senza che ci siano conseguenze. Non basta dunque la sospensione della convenzione, che è un primo passo, ma chiediamo anche la rimozione del direttore».

La nuova bufera

Targia era finito nella bufera anche a fine maggio quando sempre La Vardera aveva scoperto che decine di reperti archeologici erano abbandonati in una stanza senza porta del museo di Ustica, nel villaggio preistorico dei Faraglioni (che dipende dal Parco Himera). La mandria riconducibile a Elisa Baratta è stata autorizzata a pascolare nel 2022 e il provvedimento aveva una durata di tre anni. Il problema è che Elisa Baratta è la nipote di Antonio Baratta, imprenditore ritenuto vicino ai clan di Termini Imerese al quale, con una sentenza della Cassazione del settembre 2021, lo Stato aveva confiscato il terreno sul quale poi fu costruito il parcheggio ad uso dello stesso Parco Archeologico di Himera. La convenzione tra Elisa Baratta e il Parco è successiva di qualche mese alla sentenza della Cassazione che confiscava il terreno al nonno Antonio. Ma la vicenda Baratta non è l’unica criticità: il bestiame pascolava tra le rovine dell’area “Himera – città alta” in una zona sottoposta a vincolo archeologico, quindi col letame depositato sui resti antichi e vi è anche «l’assenza – denunciata da La Vardera – di adeguate misure di sicurezza nell’Antiquarium e l’esposizione non protetta della “Phiale d’oro”, bene di elevatissimo valore economico e culturale, in un contesto privo di videosorveglianza e allarme e in generale gravi condizioni di abbandono e mancanza di tutela del patrimonio culturale».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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