Inchiesta rifiuti, sindaco di Bagheria davanti a Gip

Di redazione / 25 Settembre 2017

PALERMO – E’ cominciato davanti al gip di Termini Imerese (Pa) Michele Guarnotta l’interrogatorio di garanzia del sindaco di Bagheria Patrizio Cinque, indagato per abuso d’ufficio, turbata libertà degli incanti, violazione del segreto d’ufficio e falso ideologico insieme ad altre 22 persone tra vicesindaco, dipendenti comunali, imprenditori e un ispettore della polizia municipale. A Cinque è stato imposto l’obbligo di firma. Il gip, che ha ridimensionato le accuse contestate al primo cittadino in più punti, ha infatti respinto la richiesta di domiciliari avanzata dai pm. “Non ho alcuna intenzione di avvalermi della facoltà di non rispondere. Cercherò di chiarire la mia posizione”, ha detto prima di entrare nell’aula del gip.

«Abbiamo fornito un quadro più ampio della vicenda che si basa solo sulla denuncia di una dirigente, guarda caso sottoposta a procedimento disciplinare», ha poi detto il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque, subito dopo l’interrogatorio del gip. «L’ipotesi di reato è comunque uscita fortemente ridimensionata dalla misura del gip che ha escluso il reato di turbativa d’asta. Da ottobre peraltro, finita l’emergenza, il servizio è gestito direttamente dal Comune». 

«Sono stato io a spingere mio cognato ad autodenunciarsi per l’immobile abusivo. Quindi quando ho saputo che l’autodenuncia, poi rivelatasi falsa, era stata presentata, gliene ho parlato, certo che avesse seguito il mio consiglio. Non potevo immaginare che la firma sotto l’esposto non fosse sua». Nega qualunque rivelazione del segreto d’ufficio il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque, sentito dal gip di Termini Inerese dopo la notifica dell’obbligo di firma ricevuto la scorsa settimana nell’ambito di una inchiesta che riguarda anche il suo presunto interessamento per la casa abusiva del cognato. Cinque è indagato in concorso con l’ispettore di polizia municipale che aveva ricevuto l’autodenuncia. Il sindaco a cui si imputano anche pressioni sui vigili per far slittare la convocazione dei familiari da parte della polizia ha anche precisato che nessun ritardo ci fu. «Dovevano essere convocate otto persone e serviva il tempo per riunirle tutte», ha spiegato. L’immobile abusivo, una palazzina con diversi appartamenti, comunque è stata dichiarata abusiva ed è stata, dopo l’ordine di demolizione del Comune, acquisita al patrimonio del Comune stesso. Resta da capire chi firmò l’autodenuncia per far scoppiare il caso.

E solo uno dei sei indagati dalla Procura di Termini Imerese nell’inchiesta che coinvolge sindaco, vicesindaco e un assessore del Comune di Bagheria, imprenditori e funzionari comunali interrogati oggi, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip Michele Guarnotta. In tutto a finire sotto inchiesta sono stati in 23.  Si tratta di Onofrio Lisuzzo, presidente di gara accusato di aver turbato le procedure di affidamento del noleggio degli automezzi da destinare alla raccolta dei rifiuti nel territorio di Bagheria. Una scelta tecnica, quella di Lisuzzo, che, spiega il suo legale, l’avvocato Salvo Priola, dipende dalla mancata conoscenza di tutti gli atti della inchiesta.


Hanno, invece, risposto al giudice, a parte il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque, il cui interrogatorio è durato due ore, l’ex commissario della città metropolitana, Manlio Munafò, indagato per avere «concordato clandestinamente» il contenuto del bando di gara per l’affidamento del palazzetto dello sport, prevedendo una clausola di preferenza dei partenariati pubblico-privati per favorire l’associazione Nuova Aquila Palermo. Al giudice, Munafò ha spiegato di avere allargato alle partnership pubblico-privato la platea dei soggetti che avrebbero potuto manifestare l’interesse all’affidamento dell’immobile per ampliare la partecipazione e aumentare i ricavi eventuali per l’ente. Peraltro, il bando per l’affidamento non è mai stato fatto e il palazzetto ad oggi non è utilizzato. Munafò è indagato insieme al legale rappresentante di Nuova Aquila Palermo e al sindaco di Bagheria.
Ha risposto al gip anche Domenico Chiappone, vigile urbano accusato di avere rivelato al sindaco l’esistenza di un esposto su un immobile abusivo riconducibile al cognato e di avere comunicato al primo cittadino che erano in corso accertamenti in sulla vicenda. Dati che Cinque avrebbe poi riferito al cognato. “Tutto nasceva da un’autodenuncia a firma del cognato del sindaco – ha spiegato Chiappone – che solo in un secondo momento si accertò non essere autentica. Certi che la firma fosse vera, ne parlai col sindaco non potendo immaginare che non sapesse nulla, visti i rapporti di parentela». Il vigile ha poi negato di avere ritardato gli accertamenti sull’immobile, sostenendo che vennero fatti a pochissimi giorni di distanza dalla falsa autodenuncia. «C’era un festivo in mezzo – ha detto – e noi attendemmo il primo giorno utile».



   

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