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Palermo, l’avvocato che da vittima diventa complice degli strozzini

L’avvocato Alessandro Del Giudice, arrestato la scorsa notte nel corso dell’operazione Araldo di carabinieri e guardia di finanza, era stato vittima degli usurai per poi partecipare al giro procacciando clienti. Il legale faceva anche da messaggero per conto del boss detenuto Pietro Formoso. Secondo le indagini avrebbe chiesto soldi a Giovanni Di Salvo, ritenuto il capo dell’organizzazione, anche lui arrestato, e sarebbe stato più volte minacciato in modo violento per la restituzione delle somme prestate a tassi di usura anche del 5400%. «Te ne puoi andare dal mondo quando non paghi gli assegni - diceva Di Salvo all’avvocato - io aspetto ancora gli altri 500 euro perché domani ti faccio svegliare bello gonfio. No perché io parola ne ho una. Se non paghi di tasca paghi di faccia, se non paghi con i soldi paghi con la vita». E per ripianare i suoi debiti con l’organizzazione l'avvocato oltre a somme di denaro ha dovuto consegnare anche la Bmw. Una volta Di Salvo avrebbe bloccato l’avvocato a Ficarazzi. L'avrebbe immobilizzato e dalla tasca dei pantaloni avrebbe preso quello che c'era 25 euro. Secondo quanto accertato dagli inquirenti poi il legale avrebbe preso parte al giro usuraio segnalando le potenziali vittime.  Del Giudice nel corso degli anni si sarebbe fatto portatore di messaggi dei fratelli Giovanni, detenuto a Napoli, e Pietro Formoso. «Tu domani non devi andare a Napoli. Ho da darti un documento postale da recapitare», diceva Pietro Famoso all’avvocato. «Non c'è problema, più tardi ci vediamo», rispondeva Del Giudice. Il 20 dicembre 2013 anche Pietro Formoso veniva arrestato e l’avvocato lo andava a trovare in carcere. «Lui mi serve solo per cose tecniche non mi serve per altro», diceva Pietro Formoso ai familiari. L’attività difensiva l’aveva affidata ad un altro legale. L’avvocato si sarebbe prodigato per organizzare incontri e portare i messaggi di Formoso all’esterno del carcere: «Aspè ora ti do un pezzettino di carta; tieni qua; mettiti questo coso nella tasca e poi te lo leggi; levati qua per ora», diceva Formoso mentre infilava la mano nella tasca dei pantaloni e passava un foglietto all’avvocato. Formoso a volte non usava parole tenere nei suoi confronti: «Cannavazzo gli dici urgentemente che si rompe le gambe viene a farmi il colloquio prima di mandarlo affanculo; ho i miei motivi va bene?». E ancora diceva ai familiari: «A Del giudice capisci? Non gli dovete dare niente a questo cannavazzo, non gli dovete dare né 200 euro e neanche 50 euro. Lui con la mia faccia è pagato e strapagato. Gli ho portato 50, 60 e 100 clienti. Il caffè a me non l’ha mai offerto». 

Di Redazione |

L’avvocato Alessandro Del Giudice, arrestato la scorsa notte nel corso dell’operazione Araldo di carabinieri e guardia di finanza, era stato vittima degli usurai per poi partecipare al giro procacciando clienti. Il legale faceva anche da messaggero per conto del boss detenuto Pietro Formoso. Secondo le indagini avrebbe chiesto soldi a Giovanni Di Salvo, ritenuto il capo dell’organizzazione, anche lui arrestato, e sarebbe stato più volte minacciato in modo violento per la restituzione delle somme prestate a tassi di usura anche del 5400%.

«Te ne puoi andare dal mondo quando non paghi gli assegni – diceva Di Salvo all’avvocato – io aspetto ancora gli altri 500 euro perché domani ti faccio svegliare bello gonfio. No perché io parola ne ho una. Se non paghi di tasca paghi di faccia, se non paghi con i soldi paghi con la vita». E per ripianare i suoi debiti con l’organizzazione l'avvocato oltre a somme di denaro ha dovuto consegnare anche la Bmw. Una volta Di Salvo avrebbe bloccato l’avvocato a Ficarazzi. L'avrebbe immobilizzato e dalla tasca dei pantaloni avrebbe preso quello che c'era 25 euro. Secondo quanto accertato dagli inquirenti poi il legale avrebbe preso parte al giro usuraio segnalando le potenziali vittime. 

Del Giudice nel corso degli anni si sarebbe fatto portatore di messaggi dei fratelli Giovanni, detenuto a Napoli, e Pietro Formoso. «Tu domani non devi andare a Napoli. Ho da darti un documento postale da recapitare», diceva Pietro Famoso all’avvocato. «Non c'è problema, più tardi ci vediamo», rispondeva Del Giudice. Il 20 dicembre 2013 anche Pietro Formoso veniva arrestato e l’avvocato lo andava a trovare in carcere. «Lui mi serve solo per cose tecniche non mi serve per altro», diceva Pietro Formoso ai familiari. L’attività difensiva l’aveva affidata ad un altro legale. L’avvocato si sarebbe prodigato per organizzare incontri e portare i messaggi di Formoso all’esterno del carcere: «Aspè ora ti do un pezzettino di carta; tieni qua; mettiti questo coso nella tasca e poi te lo leggi; levati qua per ora», diceva Formoso mentre infilava la mano nella tasca dei pantaloni e passava un foglietto all’avvocato. Formoso a volte non usava parole tenere nei suoi confronti: «Cannavazzo gli dici urgentemente che si rompe le gambe viene a farmi il colloquio prima di mandarlo affanculo; ho i miei motivi va bene?». E ancora diceva ai familiari: «A Del giudice capisci? Non gli dovete dare niente a questo cannavazzo, non gli dovete dare né 200 euro e neanche 50 euro. Lui con la mia faccia è pagato e strapagato. Gli ho portato 50, 60 e 100 clienti. Il caffè a me non l’ha mai offerto». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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