21 dicembre 2025 - Aggiornato alle 01:15
×

Una scia di polemiche dopo il post di Riina jr sul cambio del nome della strada a Corleone

A scrivere al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è Carmine Mancuso

Redazione La Sicilia

22 Agosto 2024, 08:38

Riina junior

Lunga coda di polemiche dopo la provocazione lanciata da Salvatore Riina, figlio del capo dei capi di Cosa nostra, che ha pubblicato sui social un post con foto contro l’intitolazione della strada dove si trova la casa di famiglia - ex via Scorsone - al giudice Cesare Terranova, ucciso dalla mafia insieme al maresciallo Lenin Mancuso, suo collaboratore.

A scrivere al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è Carmine Mancuso, senatore di Forza Italia e presidente dell’Associazione per onorare la memoria dei caduti nella lotta contro la mafia. «Non si può assistere indifferenti all’oltraggio che il figlio del mafioso Riina fa allo Stato e a uno dei suoi più valorosi uomini, morto nella lotta alla mafia». Nella lettera Mancuso chiede anche la rimozione del prefetto di Palermo (Massimo Mariani, ndr). «Nell’immediatezza o quanto meno subito dopo, ci saremmo aspettati, se non una levata di scudi, quanto meno un cenno di sdegno e di presenza delle istituzioni, nella fattispecie del prefetto di Palermo, per rintuzzare da uomo dello Stato, la tracotanza del Riina e simultaneamente una parola di solidarietà per le vittime di mafia servitori dello Stato, che non sono soltanto Terranova e Mancuso, ma che rappresentano la drammatica e dolorosa schiera di chi è morto per la giustizia. Riteniamo che l’inerzia del signor prefetto vada debitamente segnalata».

A intervenire è anche l’ex prefetto Antonella De Miro, ora consigliera di Stato. Quando, infatti, nel 2018, venne cambiato il nome della strada, da via Scorsone a via Cesare Terranova, lo Stato volle dare un messaggio: riappropriarsi del territorio, ricordare una vittima di Cosa nostra e «piantare la bandiera italiana fin dentro la casa» del boss dei boss.

«Totò Riina “u curtu” - sostiene De Miro - ha ormai definitivamente perso la sua partita. La Prefettura e la Commissione straordinaria, all’epoca, hanno fatto una scelta giusta. Lo Stato ha voluto rispondere a quell’oltraggio, con un segno tangibile e permanentemente visibile della superiorità del magistrato sul mafioso, dell’uomo di legge sul criminale, della vittima di mafia sul carnefice. Avere sostituito il nome della via con quello del magistrato, persecutore di Cosa Nostra, ha voluto significare il riappropriarsi del territorio da parte dello Stato anche attraverso l’uso della toponomastica, è stato come piantare la bandiera tricolore nel comune di Corleone fin dentro casa della famiglia Riina».