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A Salvini il dossier Sicilia per Draghi: così la Lega scavalca Musumeci

Di Mario Barresi |

Martedì mattina Matteo Salvini avrà sul tavolo un “dossier Sicilia”. Da utilizzare, con cura, nel nuovo governo di Mario Draghi. «Da quando abbiamo capito che si stava tessendo una rete con il presidente del Consiglio incaricato ci siamo chiesti: e noi che facciamo? Non è tempo per fare gli spettatori e nemmeno le comparse. O si è protagonisti e si cambiano le cose oppure passeremo i prossimi anni a lamentarci. Io ho scelto la prima opzione». Parola di Nino Minardo, segretario regionale della Lega.

Magari SuperMario quegli appunti sull’Isola non li leggerà nelle prossime ore, ma l’iniziativa del deputato nazionale (a cui il “Capitano” ha da poco affidato la gestione del partito nell’Isola) si presta a diverse smorfiature politiche. Anche perché Minardo – che si confida con La Sicilia proprio nel giorno in cui pubblichiamo l’intervista con Nello Musumeci che anticipa la linea col premier prossimo venturo – sarà pure consapevole che col “dossier Sicilia” scavalca il governo regionale di cui la Lega fa parte. E in effetti la premessa è alquanto chiara: «La nostra Regione è in una crisi profondissima, negarlo sarebbe miope, la pandemia ha accentuato il divario strutturale che ci portavamo sul groppone da decenni. Le solite lamentele, le vecchie soluzioni e gli schemi a cui siamo stati abituati forse non servono più, sicuramente non bastano».

Non è proprio adamantino se si tratti di una critica aperta alla gestione della crisi Covid da parte di Palazzo d’Orléans, ma le parole del nuovo viceré salviniano di Sicilia suonano come un’allerta rossa. La classe dirigente siciliana ha enormi responsabilità nei prossimi mesi, i mesi della ricostruzione».

E qui arriva la ricetta che il leader nazionale della Lega, dopo averla discussa con Minardo, porterà come dote al nuovo governo. «Ci sono sostanzialmente due linee su cui muoversi velocemente. La prima è quella dei ristori immediati perché, non vorrei si dimenticasse, ci sono centinaia di migliaia di siciliani allo stremo e in particolare piccoli e medi imprenditori e autonomi. La seconda – dettaglia il segretario regionale del Carroccio – è quella di una visione nuova e coraggiosa per il futuro», indicando «modi, mezzi e tempi per uscire dall’assistenzialismo, finora fatto male e insufficiente, e rigenerare il mercato del lavoro».

A Salvini piacendo, l’idea di Sicilia da consegnare a Draghi è basata su «cerchi concentrici», un sistema in cui «il cuore pulsante e il primo cerchio è il lavoro. Ecco, la parte di Recovery Fund destinata alla Sicilia servirà a creare lavoro». Gli altri cerchi concentrici sono beni culturali, agroalimentare, turismo, infrastrutture, nuovi modelli produttivi e fiscalità di vantaggio. «E se saremo bravi potremo sanare anche vecchie pendenze, ferite e criticità, penso al precariato, al sistema dei rifiuti, ad una burocrazia che, al di là delle buone intenzioni e promesse, diciamocelo onestamente, è ancora avvitata su se stessa, poco reattiva, obsoleta».

Fin qui i compiti a casa del “dossier Sicilia”, che «si intreccia e si completa con il lavoro che assieme ai deputati regionali e all’assessore Samonà stiamo facendo all’Ars dove comincia il dibattito sulla Finanziaria». Ed ecco che lo scenario plana di nuovo sulla politica regionale, nella quale la Lega di recente s’è spesso mostrata in disaccordo con alcune scelte del governo Musumeci. Dall’ordine del giorno per uscire dalla zona rossa (poi condiviso dal Pd e votato dalle opposizioni a Sala d’Ercole) alla delusione sempre meno criptica sulle risposte alla crisi economica. Qualche perplessità, dal quartier generale della Lega siciliana, emerge anche sulla legge di stabilità che sta per arrivare all’Ars. E non è detto che alcune cose dovranno essere messe in discussione.

Scenario nazionale e crisi da pandemia s’incrociano con le mosse politiche. Minardo, oscuro spin doctor del patto federativo con gli Autonomisti (complice il consoldato feeling con Raffaele Lombardo), nelle prime settimane ha già messo a segno i primi colpi di mercato sui territori: dal movimento di Enzo Vinciullo a Siracusa al gruppo dell’ormai ex forzista Vincenzo Giambrone nell’Agrigentino, il che non ha compromesso l’ottimo rapporto che il segretario del Carrocio siculo mantiene con Gianfranco Miccichè.

Dove vuole arrivare il “Cioccolattaio magico”, creatore del gruppo all’Ars e teorico della «Lega terrona» con «porte aperte ai moderati» e «radicamento sui territori»? «Dare la prova di un acume politico a servizio della Sicilia, dei siciliani e del futuro. Non è retorica, è così e basta. Chi critica lo fa appunto perché è fossilizzato sui vecchi schemi. Questo nulla toglie ad avere un radicamento convinto agli ideali di centrodestra, alla mia impostazione culturale e politica che combacia perfettamente in ciò che oggi porta avanti la Lega». Ma il vero obiettivo è «rompere l’incantesimo di una Regione lenta e piagnona». Per questo motivo, precisando che «io non faccio il tifo per Draghi», il quale «la fiducia della Lega se la deve meritare», lancia un messaggio preciso a Musumeci: «Lo voglio al nostro fianco in questa battaglia di rinnovamento e di una nuova visone strategica della Sicilia». Se ci sarà potrà essere lui l’uomo giusto per Salvini che «rivendica il protagonismo del nostro partito nella scelta del prossimo governatore». Altrimenti a Minardo basterebbe dare seguito alle tante telefonate di chi lo incalza per «trovare un’alternativa».

Twitter: @MarioBarresi

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