l'inchiesta
Bufera in FdI, l’assessore Amata sotto pressione e ora le dimissioni non sono più un tabù
I timori di misure, l’indagine nascosta al partito, il vice dello staff non cacciato. Il gelo di Schifani
Il passo indietro di Elvira Amata non è più un tabù. Nemmeno dentro Fratelli d’Italia. Le scosse giudiziarie della Sicilia sono state avvertite distintamente anche a Roma. Dove si svolgerà, il 19 luglio, il convegno su Paolo Borsellino previsto inizialmente a Palermo. E, nel clima glaciale che fuoriesce dalle stanze di Giorgia Meloni, a tremare è (quasi) tutta la classe dirigente regionale del partito, già delegittimata dall’invio del commissario Luca Sbardella. Che, in questi ultimi giorni, è fra i più inferociti. Sull’inchiesta per corruzione che ha coinvolto per primo il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, Sbardella a Roma s’è detto «sorpreso e disgustato».
Rotto rapporto di fiducia
Ma, dentro un partito che ha finalmente scoperto sulle pagine dei giornali nazionali argomenti già noti alle cronache locali (da Cannes a SeeSicily, legati alla “corrente turistica”, fino alle mancette all’Ars) il primo elemento di disagio – al netto della valenza di un caso giudiziario che promette sviluppi pesanti, a partire da un potenziale filone “edilizio” alle falde dell’Etna – è la rottura del rapporto di fiducia dei meloniani sotto inchiesta con i big romani e con il commissario in particolare. «Perché non ci hanno detto nulla?», è la domanda che ricorre fra Palazzo Chigi e Via della Scrofa. Galvagno, fino alla rivelazione su Repubblica, non ne avrebbe fatto parola, né all’epoca della notifica dell’avviso di proroga delle indagini (a gennaio scorso) né dopo essere stato interrogato, il 29 maggio, dai pm di Palermo. Anche Amata ha tenuto per sé il peso dell’indagine a suo carico, di cui era a conoscenza da gennaio. Soltanto quando i cronisti, a partire da una de La Sicilia, l’hanno chiamata, lunedì scorso, l’assessora avrebbe comunicato la notizia al suo partito. E a un del tutto inconsapevole Renato Schifani.
I viaggi della speranza a Roma
Galvagno era già volato a Roma a chiarire la sua situazione personale, con la sponda amorevole di Ignazio La Russa. Poi c’è stato l’intervento all’Ars, comunque apprezzato. E la linea del «non mi dimetto» è stata concordata con i big di FdI. Pure Amata, in queste ore, ha fatto il suo “viaggio della speranza” nella capitale. Ma su di lei, molto legata al ministro Francesco Lollobrigida e stimata da Arianna Meloni, l’atteggiamento di FdI nelle ultime ore sembra essere cambiato. Per alcune ragioni. Una è di strategia politico-giudiziaria. Rivestendo una carica legata a una nomina (al netto del seggio all’Ars comunque conquistato con il “listino” del presidente), la paura dei meloniani è che nel corso delle indagini ci possa essere una misura nei suoi confronti. Magari una sospensione. Come quella disposta per l’ex assessore ed ex vicepresidente della Regione, Luca Sammartino, per accuse relative non al ruolo in giunta, ma all’epoca in cui era un semplice deputato all’Ars. Amata, invece, è indagata in veste di assessora al Turismo. «Non possiamo subire l’onta di un provvedimento della magistratura, Elvira deve dare un segnale prima».
Gli sviluppi dell’inchiesta, ti teme lo tsunami
È pure vero che a fine mese potrebbe esserci “soltanto” un’altra richiesta di proroga di indagini molto complesse. Ma fra i meloniani sembra prevalere l’idea che «è meglio mettersi al riparo». Anche perché l’assessora non avrebbe dato seguito ad alcune precise richieste del partito. Una su tutte: cacciare il vice capo di gabinetto, Pippo Martino, indagato per più casi di corruzione. L’assessora ha promesso di farlo, ma prende ancora tempo. «Per quale motivo?», si chiedono in FdI. L’ultimo elemento è di opportunità politica. Schifani, in pubblico, ha fin qui mantenuto un «composto silenzio». Ma qualche giorno fa, durante una seduta di giunta, ha fatto volare i fogli sul tavolo quando la sua assessora ha presentato, nel bel mezzo della bufera, la bozza di delibera per aumentare di 1,5 milioni di euro il fondo per gli eventi del turismo. «Ma stiamo scherzando? Ritira subito tutto», la plateale reazione. Alla quale è seguita l’irritazione per il mancato finanziamento del film su Biagio Conte, bocciato dalla Sicilia Film Commission. Ce n’è abbastanza per ipotizzare che il governatore, se già non l’ha fatto, ponga presto agli alleati di FdI la questione della permanenza di Amata nel governo regionale. E potrebbe non essere soltanto una questione di nome ingombrante, perché a Palazzo d’Orléans è ormai diffusa la tesi che «da Manlio Messina alla Amata non è cambiato nulla al Turismo». Da qui a chiedere a FdI di “sgomberare” l’assessorato (magari per «rimetterlo in sicurezza» con un sostituto forzista che goda della fiducia di Schifani) il passo è breve. Ma oggi, forse, ancora prematuro.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA