Capitale della Cultura, riecco Angelino Alfano: «Adesso venga fuori l'orgoglio agrigentino»
L'ex ministro e leader politico, ieri era fra i gli ospiti d’onore al teatro Pirandello
Tutti lo cercano, tutti lo vogliono. Se non fosse per la sua celebre pelata, fra i crucci del Cav. in cerca del quid, ci sarebbe magari da scomodare Figaro. Ma, quando Angelino Alfano si materializza al teatro Pirandello, in un’uscita pubblica più unica che rara nella sua città, non è il factotum di qualità. L’ex pluri-ministro e leader di partito, oggi top manager della sanità (e non solo) è piuttosto «un agrigentino innamorato della sua città».
Accolto con calore, prima ancora che con onore. Sono in molti a omaggiare il politico più talentuoso, oltre che più potente, della storia recente della città. «Ormai vengo non più di un paio di volte al mese, per stare un po’ con i miei: e quando sono qui esco poco», sembra quasi giustificarsi quando gli chiedono «ma che fine hai fatto?». Con lui la moglie avvocata Tiziana Miceli, si accomodano in terza fila molto prima che inizi la cerimonia.
Saluti e promesse
Ma l’ex delfino berlusconiano, è costretto ad alzarsi in continuazione. Vanno a cercarlo, omaggiandolo, un po’ tutti: il sindaco Franco Miccichè, i vertici della Fondazione, deputati, assessori e capetti emergenti del nuovo centrodestra (scritto minuscolo), amici e nemici di una vita fa, fra cui Renato Schifani e l’immancabile Riccardo Gallo. Un affettuoso saluto anche con il presidente Sergio Mattarella, poco feeling (sarà un’impressione sbagliata) solo con il ministro Alessandro Giuli. Alfano applaude convinto alle parole di Mattarella. Sussurra qualcosa all’orecchio del sindaco di Lampedusa, Filippo Mannino, dopo che il presidente della Repubblica lancia il monito sulla «cultura solidale». Anche per il governatore, con cui condivide la paternità di un “lodo” per proteggere Silvio Berlusconi e la “scappatella” di Ncd, segnali chiari di approvazione.
Finisce la cerimonia e per l’ex ministro è un’altra lunga trafila per uscire. Fatta di saluti, di promesse di «una rimpatriata fra noi», di tuffi nel passato che qui non dimenticano. Poi, nell’atrio, l’unica concessione ai cronisti: «Non mi occupo più di politica, né di Sicilia. Ma oggi - scandisce con un sorriso - volevo esserci: per Agrigento è un grande giorno e dopo la scossa del presidente Mattarella la città deve ritrovare il suo orgoglio ed essere artefice del suo destino».
Il capo dei vigili del fuoco lo abbraccia: «Ministro, per noi lei è sempre il comandante». Lui saluta, mentre lo avvicina il figlio di un amico di famiglia: «Sono stato assunto: funzionario alla Regione». E lui: «Tuo padre sarà felice». Poi dribbla l’ultimo invito: «Mi aspettano a casa per pranzo: oggi sono tutto loro…». Ma nel pomeriggio sarà già a Fontanarossa. Destinazione: la sua second life. Lontano da Agrigento, come un ex ultrà da curva che ora fa il tifo soltanto sul divano davanti alla tv. Alla giusta distanza.