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L'INTERVISTA

Catalfo “blinda” il Reddito di cittadinanza: «Sicilia record. E i furbetti si vergognino»

Di Mario Barresi |

Nunzia Catalfo, ministro del Lavoro, sia lei sia il premier Conte avete detto che affinché il Reddito di cittadinanza entri a regime ci vuole tempo. Quanto tempo, per smentire il duro giudizio della Svimez che parla di «effetto nullo» della misura sul lavoro?

«Ho letto i rilievi dello Svimez. Lo dico con il massimo rispetto: esprimere giudizi così netti a soli 7 mesi dalla partenza della misura è eccessivo. Non abbiamo la bacchetta magica. Scontiamo anni e anni di ritardo e la colpa non è certamente nostra. Prima del nostro arrivo c’erano 8mila addetti nei Centri per l’impiego, che con la nostra riforma arriveranno a 19.600 nel 2021 – 1.675 dei quali in Sicilia fra 1.246 nuovi operatori e 429 navigator – contro i 100mila della Germania e i 54mila della Francia. Stiamo lavorando quotidianamente insieme ai vari enti coinvolti nella riforma affinché, nel più breve tempo possibile, tutto funzioni al meglio. Ci riusciremo».

In Sicilia, su circa 300mila richieste, ne sono state accolte 158mila, con una stima di quasi 400mila beneficiari. Quanti di questi pensa che otterranno un lavoro? E come, visto che le offerte delle banche dati sono nulle e nei centri per l’impiego la rivoluzione dei navigator non è partita?

«Non è vero che i navigator non stanno lavorando. Io stessa, poche settimane fa, ho visitato il Cpi di Messina dove questi ragazzi stanno già affiancando gli operatori nella profilazione dei beneficiari del Reddito. Nel ricordare che le piattaforme GePI e MyAnpal sono già operative e che il 50% di coloro che in Sicilia percepiscono il Reddito non devono essere convocati dai Cpi, dico che non è mia abitudine fare previsioni: lavoro affinché arrivino i risultati. A tal proposito, posso dirle che oggi, dati Anpal Servizi alla mano, dei 17.637 rapporti di lavoro dei beneficiari di Rdc iniziati dopo la presentazione della domanda, il 12,3% è nella nostra regione, che si colloca al primo posto in classifica davanti a Puglia, al 12,2% e Campania al 10,8%».

Ogni giorno si legge di almeno un furbetto del Rdc. Una giungla variegata di casi, anche in Sicilia: dal “povero” con la Porsche alla cantantessa neomelodica con negozio abusivo. Evidentemente qualcosa non va…

«Mi dispiace che i media, con qualche rara eccezione, si stiano concentrando solo su questi aspetti e non su cosa Reddito e Pensione di Cittadinanza stanno facendo per oltre un milione di famiglie italiane. Oggi ci sono circa 600mila nuclei con bambini-ragazzi e disabili che ricevono un sostegno dallo Stato e che quindi hanno la possibilità di investire nei loro progetti. Le cito due dei tanti casi di catanesi che prendono il Rdc e che possono fare questo: il primo, una signora che aveva visto fallire la propria attività e che grazie al Reddito può di nuovo guardare al futuro; il secondo, un geometra che aveva perso il lavoro a causa della crisi dell’edilizia e che ora si è potuto iscrivere all’Università per conseguire la laurea. I controlli, come ha ricordato lei, ci sono e stanno funzionando. A chi truffa lo Stato non facciamo nessuno sconto e anzi dico a queste persone che devono vergognarsi. Però il Rdc era una misura necessaria: pensi che persino l’Europa ce lo chiedeva dal 1992. Noi lo abbiamo fatto».

L’altro suo cavallo di battaglia è il salario minimo. All’insediamento del governo giallorosso, nel Pd sembravano un po’ freddi rispetto al ddl Catalfo. Ci sono stati passi avanti?

«Il ddl a mia prima firma è all’esame della commissione Lavoro del Senato. L’inizio della sessione di Bilancio ne ha un po’ rallentato l’iter ma il salario minimo è e resta un obiettivo centrale per il M5S. Quelli del Pd un po’ freddi? Con i senatori che siedono in commissione Lavoro al Senato, quando ero presidente, mi sono confrontata nel merito e posso assicurarle che non è così. Al contrario di ciò che è avvenuto con la Lega, che ad un certo punto voleva cancellare l’articolo del ddl che dà centralità alla contrattazione collettiva nazionale eliminando i contratti “pirata”. Insieme al salario minimo, così come previsto dal programma di governo, faremo anche una legge sulla rappresentanza sindacale».

Ora, da ministro, sta lavorando anche a due temi – la conciliazione famiglia-lavoro e l’azzeramento delle differenze retributive uomo-donna – che pongono l’Italia in fondo alla classifica del “gap gender”. Con quali misure, si può risalire la china?

«Gliene dico cinque. Uno: l’assegno unico universale di cui, dal 2021, potranno beneficiare tutti i genitori. Due: il congedo di paternità che verrà portato a 7 giorni. Tre: la creazione di un sistema incentivante per aziende che assumano donne al rientro dalla maternità. Quattro: il contrasto, visto l’utilizzo non sempre giustificato, al ricorso al part-time involontario che rappresenta un elemento di discriminazione per le lavoratrici. Infine: la lotta alla violenza economica perpetrata nei confronti delle donne, in famiglia e nei luoghi di lavoro. Un fenomeno ancora troppo sottovalutato e sui cui è giunta l’ora di intervenire».

Comincerà la settimana a Catania, magari con la testa a Taranto. Dove il governo, sull’ex Ilva, rischia davvero di perderci la faccia.

«Dissento con lei: non è il governo che rischia di perdere la faccia sull’ex Ilva, anzi. Non lo dico io, ma i fatti. A casa mia, una volta presi, gli accordi si rispettano. E ArcelorMittal deve rispettarli. Mettere sul tavolo 5mila esuberi perché loro – non noi – hanno sbagliato a fare i conti non sta né in cielo né in terra. Tutto l’esecutivo è compatto al fianco del premier Conte per salvaguardare la produzione, realizzare il piano ambientale e, ovviamente, mantenere i livelli occupazionali».

Nella sua città sta per presentare un’iniziativa, “Inps per tutti”, che punta a rivoluzionare il ruolo dell’ente spingendolo fin dentro il cuore dei quartieri più popolari di Catania. Il protocollo è ambizioso, ma funzionerà davvero nella realtà?

«Sono assolutamente convinta che funzionerà. Catania è l’ottava città dove viene firmato il protocollo: nelle altre sette in cui è operativo, “Inps per tutti” ha già aiutato centinaia di persone. La vera questione è, semmai, non aver pensato prima a una iniziativa del genere. Con il presidente Tridico, che ha lavorato sodo per realizzarla, c’è grande sintonia. Il nostro obiettivo è avvicinare le istituzioni ai cittadini, renderli consapevoli che non sono soli ma che lo Stato oggi è al loro fianco».

Parliamo del Movimento 5 Stelle. La leadership di Di Maio è davvero in discussione o basteranno i “facilitatori” per sedare una fronda che s’ingrossa? Anche in Sicilia c’è qualche mal di mancia non ancora smaltito: in molti non hanno “perdonato” a Cancelleri il salto di poltrona da Palermo a Roma. Lei s’è sempre tenuta fuori dalle beghe, nazionali e siciliane, ma può dirci da che parte sta? E cosa può fare il M5S per interrompere un trend di calo che sembra irreversibile?

«Per natura, cerco sempre di capire le ragioni di tutti. L’importante è valutare i fatti e per questo la leadership di Di Maio non è in discussione. La presenza di Giancarlo nel governo può rappresentare una grande opportunità anche per la nostra regione che da tantissimo tempo sconta un enorme ritardo sul fronte delle infrastrutture e dei trasporti, basti pensare alla condizione delle nostre autostrade o dei nostri collegamenti ferroviari. Dobbiamo coinvolgere sempre di più le persone, come del resto abbiamo fatto fin da quando siamo nati, spiegando loro i grandi risultati raggiunti da quando siamo al governo. Gliene cito due, recentissimi: abbiamo previsto l’assunzione di 150 nuovi ispettori all’Inl per contrastare le morti sul lavoro e fatto la prima legge europea sui riders. Non mi sembrano cose di poco conto…».

In primavera si voterà nei comuni siciliani, alcuni dei quali importanti. Ritiene che il dialogo con il Pd sulle alleanze locali, come ha detto Di Maio dopo il flop in Umbria, sia da escludere in partenza?

«Oggi nel M5S non c’è un consenso per fare alleanze con il Pd. Da sempre, come noto, per noi l’elemento principale in una discussione – qualunque essa sia – non sono i partiti o le persone ma le idee e gli obiettivi. A livello nazionale non c’è un’alleanza: questo è un governo nato su un programma preciso, condiviso da tutti. E che noi intendiamo rispettare dal primo all’ultimo punto».

Twitter: @MarioBarresi

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