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VERSO LE AMMINISTRATIVE

Catania, si apre il ballo per la poltrona di sindaco: il gelo Lega-Fdi tiene ai box Sudano e gli altri, Bianco si scalda, “derby” nel M5s

Dal rebus del Centrodestra, al tilt del Centrosinistra, con alcuni civici già in campo e le speranze del Terzo polo

Di Mario Barresi |

Il periodo più caldo della sin qui sonnacchiosa politica catanese sarà quello compreso fra dopo  Natale e Sant’Agata. In questo mese (ma c’è chi è pronto a giurare che qualche botto potrebbe arrivare anche prima, già nelle prossime settimane) si materializzeranno le prime vere mosse per le Amministrative del 2023. E lo scenario, oggi oggettivamente babelico e soprattutto depistato dai tatticismi di chi non vuole scoprire tutte le carte, sarà molto più definito.

Anche perché a quel punto mancheranno  pochi mesi alle urne. Una data per  ora indefinita. Ma con voci, che rimbalzano da Palermo, su un ddl all’Ars per “isolare” Catania dal resto della tornata siciliana. Ormai quasi impossibile, leggi e calendario alla mano,  rientrare nell’election day nazionale, ipotizzato il 12 febbraio per Lombardia e Lazio.  «Ma non è detto che non si possa votare comunque in anticipo, fra marzo e aprile, interrompendo  – ragionano a Palazzo dei Normanni – il lungo tunnel di sette mesi di commissariamento». Ma a chi gioverebbe questa accelerazione?

Forse al centrodestra, sulla scia di Politiche e Regionali, che ha amministrato la città – al lordo degli stop&go  di Salvo Pogliese – negli ultimi cinque anni. Non è un mistero per nessuno che c’è già un candidato. Anzi una candidata: Valeria Sudano. La deputata della Lega sarebbe tanto risoluta sulla discesa in campo che c’è chi sostiene abbia «i manifesti 6×3 già pronti con gli spazi prenotati». Con una precisa data (che forse però slittarà) per uscire allo scoperto: l’8 dicembre. Per l’Immacolata Concezione, giorno simbolico per una candidatura concepita già quando Matteo Salvini, nell’estate del 2021, concluse la campagna acquisti di big siciliani, mostrandosi subito allettato da «una donna sindaco della Lega in una delle città più importanti del Sud». E, oggi più di allora, «Matteo rivendica la candidatura a Catania». È sulla pretesa del Capitano, che ha un rapporto consolidato con Luca Sammartino (oggi sempre più l’uomo forte del partito in Sicilia), che si basano le aspettative dei leghisti sotto il Vulcano. Pronti a rassicurare gli alleati sulla prima controindicazione spontanea: Sudano è stata eletta alla Camera nel collegio uninominale e dunque, se diventasse sindaca di Catania, il seggio andrebbe rimesso in palio in elezioni suppletive.

Ma la tela di Sammartino, già quasi tutta tessuta con cura, contempla un altro ragno insidioso: Raffaele Lombardo. Il patron degli Autonomisti, quasi del tutto accantonata la prospettiva (pur smentita con forza) di candidarsi in prima persona, è uno dei più ostili alla candidatura Sudano. Dopo il tentativo di disgelo all’epoca della comune militanza nei No-Nello – una chiacchierata, a fine giugno scorso, sulle scale della chiesa del Carmelo nel cuore di piazza Carlo Alberto liberata dalle bancarella delle Fera ’o luni – fra Lombardo e Sammartino s’è interrotto ogni contatto. L’ex governatore dell’Mpa, che aspetta l’ultima tappa del suo processo per mafia in Cassazione, sembra aver rinunciato anche a proporre l’ex assessore regionale Antonio Scavone e l’ex presidente dell’Ast Gaetano Tafuri, pur accarezzando il sogno di un civico (“fuori concorso” la sua avvocata Maria Licata, resta la stima per il costituzionalista Agatino Cariola, condivisa da molti altri big del centrodestra e non soltanto). E in città c'è pure un ex assessore, che nel tempo libero fa l'opinionista politico in tv, pronto a spendersi per la causa autonomista: Alessandro Porto, sfumato per poche centinaia di voti lo scanno all'Ars, avrà comunque un ruolo di prima linea alle prossime elezioni comunali. Ma Lombardo, forte degli oltre 11mila voti alle Regionali in città, sarebbe più orientato a fare da ago della bilancia. A partire dalla scelta della candidatura unitaria del centrodestra (in cui non potrà non pesare l’asse con il meloniano Manlio Messina), ma tenendosi il diritto di guardare – come sempre – oltre gli steccati della coalizione. 

Eppure l’ostacolo più grande per la corsa di Sudano è un altro. Fratelli d’Italia è ferma sul punto di partenza fissato proprio da Pogliese. Che agli alleati ha già detto di aver «ricevuto un preciso mandato da Giorgia Meloni e dai vertici nazionali: il candidato a Catania è nostro». Il potenziale via libera alla Lega è venuto meno col mancato bis di Nello Musumeci. «Abbiamo fatto un passo indietro prima su Palermo e poi sulla Regione», è la tesi di FdI. «Anche noi abbiamo fatto lo stesso», la replica dal fronte leghista. Ma il ragionamento dei meloniani (a secco di sindaci negli altri capoluoghi siciliani), oltre che dai nuovi rapporti di forza nella coalizione, è fondato sul fatto che comunque la “casella” etnea era occupata da Pogliese. Che aspetta sempre con fiducia la fine del suo processo per peculato a Palermo. I nomi da contrapporre a Sudano? «Non ne abbiamo discusso, ma affronteremo il tema fra non molto», ammette l’ex sindaco. Un primo momento per segnare il territorio sarà la tavola rotonda “Il centodestra per Catania e per la Sicilia”, in programma domenica all’hotel Le Dune nell’ultimo giorno della Festa regionale del Tricolore.

Ma non è un mistero che per il senatore Pogliese il successore ideale sarebbe il suo ex assessore Segio Parisi, molto apprezzato nel mondo dello sport oltre che dalla burocrazia comunale. Così come non sono un segreto per nessuno le ambizioni di un altro ex membro meloniano della giunta, Pippo Arcidiacono, che si sente «all’altezza» della sfida dopo decenni di esperienza maturata. I vertici nazionali del partito chiedono a Pogliese «scelte di alto profilo» per essere più forti nella contesa con la Lega. Ed è qui che “Radio FdI” gracchia i nomi di due costituzionalisti dal curriculum pesante: Felice Giuffrè e Ida Nicotra, marito e moglie. Una doppia nomination magari all’insaputa dei diretti interessati. Almeno uno dei due dovrebbe dire di sì, magari mettendo da parte altre legittime ambizioni (per Giuffrè a Roma si vocifera di un posto da laico nel Csm in quota meloniana; Nicotra potrebbe entrare nel toto-giudici della Corte costituzionale).

Tutto ciò ammesso e non concesso che FdI scelga di pescare dalla società civile. In caso contrario, nella rosa dei nomi politici una citazione la merita di certo Ruggero Razza: è giovane, non gli manca di certo l’esperienza, e – oltre a essere la prima scelta del ministro Musumeci – gode di ottimi rapporti dentro il partito (con Pogliese e Messina soprattutto), oltre che della stima di alcuni alleati, primo fra tutti Lombardo. Sull’ex assessore alla Salute, invece,  Sammartino farebbe le barricate. In ogni caso, sulla disfida Lega-FdI,sarà importante l’orientamento di Forza Italia. Ovvero di Marco Falcone. La cui priorità resta «arrivare a una candidatura unitaria». Riuscirà a mediare fra FdI e Lega?

Anche nel centrosinistra, comunque lo si intenda, il dossier Catania è in alto mare. Una delle poche certezze è che Enzo Bianco è tentato di riscendere in campo. «Sto ricevendo enormi sollecitazioni da cittadini e società civile, sui social  e per strada. Mi sono preso del tempo – ci confessa l’ex sindaco da Bruxelles – per valutare se davvero c’è la voglia diffusa di far rialzare Catania, mettendo assieme le energie migliori di questa città. Scioglierò il nodo prento, diciamo fra dopo Natale e Sant’Aituzza…». Fin qui la linea ufficiale, ma a La Sicilia risulta che il percorso di Bianco sia molto avanti, con tanto di sondaggi, giudicati «molto confortanti» dai suoi, già nel cassetto. Il piano di Bianco, che avrebbe voluto partire già dai primi di dicembre, è una candidatura «civica al cento per cento». Per poi verificare la convergenza di partiti e movimenti. Un primo endorsement, fra il serio e il faceto, all’ex ministro dell’Interno è già arrivato platealmente qualche tempo fa in un baretto nei pressi di Montecitorio. «Salutiamo ’u megghiu sinnucu di Catania», la rumorosa accoglienza di Cateno De Luca. Che annovera fra le sue truppe due ex dem molto amici di Bianco come Angelo Villari e Luigi Bosco.

Se sono rose fioriranno e nel giardino di “Scateno” potrebbe esserci un posticino anche per l’imprenditore Riccardo Tomasello, ex presidente del comitato dei festeggiamenti agatini, già in campo da aspirante sindaco col movimento “È l’ora del Popolo”. Bianco, inoltre, potrebbe ottenere il passo di lato di un altro civico intenzionato a misurarsi: contatti in corso con  Angelo Pellicanò e con l’avvocato Antonio Fiumefreddo, che ha lanciato l’ex manager sanitario con il suo movimento “Fabrica”.

L’ex sindaco della Primavera di Catania coltiva un bel rapporto col leader della nuova Dc, Totò Cuffaro, e stuzzica – come rivelano alcuni Enzo-boys – anche la fantasia di Carlo Calenda. Che ha già gelato gli esponenti locali di Azione e di Italia Viva su Lanfranco Zappalà, altro civico già in campagna elettorale. «Assolutamente no, non è il nostro candidato a sindaco. Lo troveremo al termine di un percorso accurato», il chiaro verdetto. E se Zappalà, decano di Palazzo degli Elefanti dove siede da quasi 30 anni da consigliere, pur «stupito» dal no, va avanti «con ancora più convinzione», i calendiani s’interrogano sul da farsi. «Saremo protagonisti delle elezioni a Catania – anticipa Giuseppe Castiglione, che fino all’elezione alla Camera ci faceva un pensierino che non è detto sia sfumato – con una proposta che potrà essere civica o politica, guardando anche al campo delle alleanze». L’ex sottosegretario alfaniano non era fra i presenti a una recente cena a Siracusa con Calenda. Che avrebbe “provocato” il prestigioso ’imprenditore Francesco Tornatore ( corteggiato già per il Senato), ricevendo un rifiuto garbato e sorridente. E a tavola sarebbe venuto fuori il nome dell’avvocato  Dario Seminara, molto apprezzato dai commensali. Ma la pista Bianco, visti anche i suoi storici rapporti con Castiglione e Pino Firrarello, resta da non trascurare, nonostante gli ammiccamenti di Calenda con Palazzo Chigi.

Ma è proprio il Pd a essere orientato verso altri percorsi. «Su Catania abbiamo un impegno con Emiliano Abramo», è la frase – attribuita al segretario nazionale dem Enrico Letta in un colloquio con un altro big nazionale. E la candidatura del leader della Comunità di Sant’Egidio, benedetta al Nazareno da Peppe Provenzano e sotto l’Etna da Anthony Barbagallo, finisce sul tavolo di un partito più che mai balcanizzato. Il 4 dicembre, all’Nh Hotel, è in programma l’assemblea provinciale del partito. Nella quale si materializzerà la proposta di nominare Maria Grazia Leone segretaria etnea del Pd. Ma l’idea di Barbagallo, al di là del nome (un apprezzato medico molto impegnato sui diritti civili), c’è già una rivolta sul metodo. «Niente candidature preconfezionate, meglio un commissario super partes che traghetti il partito al congresso provinciale», è la linea comune del deputato regionale Giovanni Burtone e dell’ex sottosegretario Giuseppe Berretta, sfilatosi dalla contesa per Palazzo degli Elefanti. Un potenziale candidato sindaco di quest’area – alternativo ad Abramo tanto quanto a Bianco – sarebbe Niccolò Notarbartolo, gradito  a buona parte di sinistra.

Ma la gauche catanese sembra tentata soprattutto da un’altra prospettiva. Quella del «fronte progressista» col M5S che (dopo la svolta barricadera di Giuseppe Conte) «faccia da traino», con dentro il Pd, ma senza Bianco, come più volte esternato da Pierpaolo Montalto, segretario di Sinistra Italiana. «Un percorso già iniziato, che bisogna accelerare», incalza Iannitti. Il nome? Sembra esserci già: Nunzia Catalfo, ex ministra del Lavoro, molto attiva negli ultimi tempi  a sinistra, un solco già aperto dall’ex deputata regionale Gianina Ciancio, compagna di Nicola Grassi, attivista antiracket candidato dei CentoPassi di Claudio Fava all’Ars. Eppure Catalfo condivide la stessa controindicazione col suo principale rivale interno. Il problema: per le regole del M5S chi ha fatto due mandati si può sì candidare a consigliere comunale, ma non a sindaco. Il competitor: Giancarlo Cancelleri, ormai da mesi residente a Catania per ragioni di cuore e scelta di vita, che accarezza l’idea di provarci. Non casuale, infatti, l’evidente nervosismo mostrato da Catalfo quando qualche sera fa Cancelleri s’è materializzato a una riunione dei grillini catanesi.

L’ex viceministro ai Trasporti, in lizza da potenziale governatore fino allo stop di Conte alla deroga sul terzo mandato, continua a godere di notorietà e stima dentro e fuori il movimento. E, secondo i suoi sostenitori, potrebbe essere (o diventare) «il candidato ideale di una coalizione che sfidi il centrodestra senza essere sicura di perdere». Il perimetro che starebbe dietro all’ipotesi Cancelleri – sempre amico di Barbagallo, anche dopo la rottura fra Pd e M5S – è più ampio del «fonte progressista». Perché, oltre all’imprimatur di una forte lista civica del candidato sindaco, che servirebbe a superare le regole pentastellate (ma lo stesso vale anche per Catalfo), guarderebbe anche oltre. Se non proprio fino a Lombardo – che Cancelleri avrebbe voluto nel fronte giallorosso alle Regionali – almeno aprendo un dialogo con “Scateno”. Che anche sotto il Vulcano ambisce a essere  decisivo.

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