Politica
Costruttori e lealisti, ministri in bilico e astri nascenti: il borsino dei siciliani nella crisi
Il siciliano più importante è al Colle, fuori dalla contesa. È l’arbitro, silenzioso quanto irritato, della crisi di governo più pazza del mondo. Ma, tralasciando per ovvie ragioni Sergio Mattarella, qual è il ruolo dei siciliani nei giorni cruciali del governo giallorosso?
I nomi più chiacchierati erano quelli dei parlamentari che possono essere decisivi nella conta di oggi a Palazzo Madama. Partiamo dal fronte di Italia Viva, che, dopo aver rotto con Giuseppe Conte, adesso deve difendersi dagli assalti di chi vorrebbe qualche senatore utile alla tenuta del governo. Ma, almeno i siciliani, sono irremovibili. Lo è Davide Faraone, sul quale soltanto chi non conosce il suo rapporto con Matteo Renzi (a Palermo lo andava a prendere in aeroporto con la sua utilitaria quando era soltanto l’ambizioso giovane sindaco di Firenze che voleva scalare il Pd) può nutrire dubbi sulla fedeltà. Anzi: in questi giorni il palermitano capogruppo di Iv al Senato ha accresciuto il suo ruolo nazionale di colonnello renziano. Un “dentro o fuori” legato al destino del Rottamatore: se crolla uno, finisce l’altro. E anche la senatrice catanese Valeria Sudano è fra le intrattabili (nel senso di mercato di senatori): non è fra chi è tentato di lasciare Renzi, al netto del corteggiamento spinto che, da ben prima della crisi, Forza Italia riserva a Luca Sammartino e a lei.
A proposito di avance. La più sensibile, secondo le indiscrezioni romane, sembra Tiziana Drago, senatrice etnea che, dopo l’addio al M5S era data in transito verso la Lega, ma così non è stato. «Continuo a sostenere il governo Conte», ha detto passando al gruppo misto. E così dovrebbe essere martedì, con la rendita politica personale di un posto al sole fra i “costruttori”. A maggior ragione se con lei dovessero esserci, a scapito delle smentite, quelli dell’Udc, fra cui la senatrice Paola Binetti, con cui Drago condivide le idee ultracattoliche. Un altro senatore, sempre catanese, destinatario di raffiche di telefonate è Mario Giarrusso. L’ex ariete pentastellato, smentite più volte simpatie salviniane, è vicino a Italexit di Gianluigi Paragone. E dunque, coerentemente, non dovrebbe fare da stampella al governo Conte.
Nel caos di questi giorni c’è un protagonista che si muove, dalla cabina di pilotaggio dei contiani, con sempre più autorevolezza e rispetto. Si tratta di Giorgio Trizzino, medico e manager sanitario palermitano. Non c’entra nulla con il pallottoliere del Senato, perché lo scranno del grillino è a Montecitorio. Ma Trizzino si muove con molta nonchalance a Palazzo Chigi, godendo di una chiara stima anche presso il Quirinale. Non foss’altro che per il rapporto personale che Trizzino ha con il presidente della Repubblica: nella Palermo dei Piersanti-boys, nel cosiddetto “Gruppo politica giovani” della Dc, c’era pure lui. Che ha mantenuto, pur senza mai sfoggiarlo né abusarne, un ottimo rapporto con la famiglia del presidente della Regione ucciso dalla mafia. E dunque anche col fratello adesso Capo dello Stato: Trizzino, da contiano di ferro, è stato dall’inizio della legislatura l’anello di congiunzione fra Beppe Grillo e il Colle. E non è un caso che il fondatore del M5S, negli scorsi giorni, abbia rilanciato sui social l’idea di Trizzino, lanciata a tutte le forze, di un patto tra tutti i partiti, «costruttori» per il «bene comune dell’Italia». Il deputato palermitano sta avendo un ruolo delicato, in questi giorni. E, fra i primi a esporsi nel movimento per la svolta filo-Pd, potrebbe averne uno importante in un eventuale Conte ter. Fino a fare il ministro o il sottosegretario alla Presidenza?
Il borsino della crisi investe anche i siciliani della squadra di governo. E anche qui c’è chi potrebbe beneficiare del nuovo scenario “Renzi-free”. È Giancarlo Cancelleri, viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, al quale molti giornali nazionali hanno già pronosticato una promozione. Fedelissimo di Luigi Di Maio (più forte negli equilibri interni del M5S), ma anche molto legato al premier, tanto da auspicare una lista Conte alle prossime Regionali, Cancelleri potrebbe diventare ministro. Magari del Sud, posto occupato da un altro siciliano: Peppe Provenzano. Il “compagno di Milena” è fra i più apprezzati del governo giallorosso, ma la variabile decisiva è tutta interna ai dem: l’ingresso di Andrea Orlando, il capocorrente di Provenzano, potrebbe cambiare gli assetti di partito nel Conte-ter. Ma a Roma c’è chi continua ad assicurare che «qualsiasi cosa succeda, Peppe resterà al suo posto».
Chi invece rischia di uscire è Nunzia Catalfo, che potrebbe non essere riconfermata al Lavoro, per un mix fra rese dei conti grilline e nuove politiche sul welfare invocate dal Pd, memore che la ministra catanese è la madrina del reddito di cittadinanza. Un’altra potenziale vittima dei nuovi equilibri, sussurrano in casa grillina, potrebbe essere il messinese, Alessio Villarosa, sottosegretario all’Economia in entrambi i governi Conte, ora a rischio di turn over.
Una parentesi a parte per due siciliani (più d’origine che di sostanza) al governo. Due ministri di rango come Alfonso Bonafede (Giustizia) e Lucia Azzolina (Scuola): per entrambi si rincorrono voci, a giorni alternati, di addio nella nuova formazione dell’Avvocato. Una tentazione, per i grillini più ortodossi, per vendicarsi della rottura del Guardasigilli di Mazara del Vallo con l’icona antimafia Nino Di Matteo; un’occasione, per i dem più rigidi in tema di misure anti-Covid, per chiedere la rimozione della pasionaria di Floridia, aperturista convinta. Bonafede e Azzolina sono entrambi “ministri del presidente”. Ma, anche se Conte dovesse restare a Palazzo Chigi, da domani niente sarà più come prima.
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