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IL RESTROSCENA
Election day e termovalorizzatori in Sicilia: ecco i patti segreti di Schifani per blindare il suo governo
«Il voto per le Province il 9 giugno insieme con le Europee»: accolto il diktat di La Russa. Tregua con Lombardo sui rifiuti /ma non sui manager della sanità), intesa totale con l'altro alleato Cuffaro
Questo 2024 «dev’essere l’anno dei risultati visibili: dobbiamo mostrare ai siciliani il nostro lavoro»: più che un auspicio, quello espresso da Renato Schifani agli interlocutori più influenti del centrodestra siciliano, è una precisa richiesta. Una linea rivelata dal governatore negli incontri prima di Natale e nelle telefonate delle ultime ore di pausa festiva. In un saliscendi di umori cangianti fra i galletti del pollaio siculo, col bisogno di rassicurare qualcuno dei leader nazionali della coalizione, il presidente della Regione cerca la complicata quadra fra le diverse sensibilità a Roma e a Palermo. Sapendo bene che tutti, lui compreso lui, stanno lavorando per le Europee.
E riguarda proprio l’election day il primo patto siglato da Schifani. In un incontro riservato con Ignazio La Russa, proprio nei giorni del «fraintendimento» con Matteo Salvini sui fondi per il Ponte, il presidente della Regione è stato accolto nelle a lui ben note segrete stanze di Palazzo Madama. Sul tavolo, oltre al gelo con il Capitano (accolto con gongolante propensione all’ascolto da La Russa), le elezioni provinciali in Sicilia. Tema in apparenza fuori dall’agenda nazionale del centrodestra, ma in realtà snodo cruciale del 2024.
Il plenipotenziario meloniano nell’Isola ha rassicurato Schifani: il governo non impugnerà la riforma regionale, antesignana della futura rottamazione della legge Delrio in parlamento. Ma per votare quando? È la vera svolta del colloquio romano. Fino a qualche tempo fa l’input di Giovanni Donzelli, non si sa quanto in nome di Giorgia Meloni, era «allineare la data al resto d’Italia», arrivando cioè almeno al prossimo autunno. Ma è stato lo stesso La Russa, sentiti i suoi colonnelli locali, a convincere i vertici di FdI sulla convenienza di urne anticipate in Sicilia. Ma a una condizione: «Si vota assieme alle Europee».
Schifani l’ha accettata, condividendo il nuovo scenario con pochi interlocutori di rango. E non è un caso che abbia già cominciato a tirar fuori l’argomento del costo extra (una quindicina di milioni la stima delle Autonomie locali) di una data a parte per le Provinciali, preparando il terreno mediatico all’accordo siglato con il socio forte della sua maggioranza, col sostanziale placet della Lega.
Si voterà il 9 giugno
Ormai dunque è deciso: si voterà il 9 giugno, «per sfruttare anche la potenza di fuoco dei candidati di centrodestra ai consigli provinciali». Una strategia che, nonostante l’effetto-trascinamento dei simboli nazionali alle Europee, metterebbe d’accordo anche Raffaele Lombardo e Totò Cuffaro.
Rifiuti
Il governatore li ha visti entrambi (in separata sede, considerati i pessimi rapporti fra i due) negli ultimi giorni dell’anno. Delicato il colloquio con il patron autonomista, autentica spina nel fianco di Palazzo d’Orléans. Il chiarimento più urgente, favorito dall’intervista distensiva di Roberto Di Mauro, era sui rifiuti. E c’è stato: Lombardo ha rassicurato Schifani sui termovalorizzatori (lui, giura, non è «mai stato contrario») e sul Piano regionale rifiuti per cui il presidente ha “precettato” la Cts guidata dal fido Gaetano Armao: «Avrà una corsia privilegiata, si farà il più presto possibile», il senso della stretta di mano con Lombardo. Che ha accettato anche l’idea di Schifani, astuto nel trovare anche qui una copertura nazionale, sulla gestione. Il presidente della Regione sarà commissario straordinario, con poteri stile Gualtieri sull’iter dei termovalorizzatori, nominato dal ministro Gilberto Pichetto, che gli affiancherà due subcommissari. Uno politico: lo stesso assessore lombardiano Di Mauro; e uno tecnico: un nome (palermitano?) di fiducia di Palazzo d’Orléans.
Nomine Sanità
Ma la distanza, oltre che sui «colossi della sanità privata» (punto accennato e poi stralciato), resta sui manager pubblici. Lombardo non molla: le nomine vanno fatte pescando dall’elenco di tutti gli idonei e non dalla “lista degli ottimati” stilata dalla commissione. Schifani ha altre idee, ma non vuole rompere con l’Mpa. A maggior ragione dopo l’accordo sui rifiuti. Tant’è che qualcuno degli alleati (soprattutto fra i meloniani più smaniosi di mettere le mani su Asp e ospedali siciliani) comincia a temere il possibile compromesso: un altro slittamento.
La scelta dei vertici, già rinviata con la scusa di allinearli ai nuovi direttori sanitari e amministrativi (l’8 e il 13 si concluderanno le selezioni), in questo caso arriverebbe la prossima estate, con proroga di altri sei mesi per gli attuali commissari. Schifani è piuttosto titubante, ma non trascura i potenziali benefici di un “maxi-tagliando” del suo governo subito dopo Europee e Provinciali: il rimpasto in giunta (magari con qualche assessore in volo per Bruxelles e almeno un paio da sostituire) più le nomine della sanità e di altro sottogoverno vario, in un unico pacchetto. Ma la maggioranza della maggioranza spinge per rispettare la scadenza del 31 gennaio sui manager.
L’altro alleato
A partire dall’altro alleato pesante. Cuffaro, di presenza e al telefono, ha dato «carta bianca» al governatore sui tre temi caldi: election day (nulla osta, «nessuna paura»), rifiuti (una storica rivincita il via libera ai termovalorizzatori) e direttori generali della sanità. Su quest’ultimi, in particolare, il leader dc ha confermato «la piena fiducia sulle scelte del presidente e dei tecnici». E il sorteggio? «Potrebbe tornare utile dopo che saranno stati scelti i 18 migliori, se non si trova un accordo su chi deve andare dove».
Cuffaro apprezza lo «sforzo leale» di Schifani per convincere i vertici di Forza Italia (soprattutto Antonio Tajani) sull’alleanza con la Dc alle Europee. Ma ormai il tempo è scaduto: «Anche se dovessero chiedercelo, adesso rifiuteremmo di mettere nostri nomi nella loro lista», certifica l’ex governatore. Che smentisce anche l’ipotesi di “adozione” di un candidato (o meglio di una candidata: la deputata regionale Luisa Lantieri) forzista, con l’appoggio esterno della Dc. «Faremo una nostra lista identitaria in tutta Italia», l’ultimo orientamento riferito a Palazzo d’Orléans. Con una postilla: «E poi il tuo partito vedrà che numeri faremo in Sicilia…».
Tramonta il dream team
Tramonta così il progetto schifaniano del dream team: gli assessori Edy Tamajo e Marco Falcone, più due candidati dc, per «una lista del 20 per cento». A costo zero per il presidente e leader forzista che non avrebbe dovuto contarsi. L’unico spiraglio non dipende più dalle capacità diplomatiche né dal peso del governatore nel suo partito. «Ci staremmo solo in caso di un unico contenitore, guidato da Forza Italia ma col simbolo del Ppe e tutti i moderati dentro», è la condizione finale di Cuffaro. In sintonia con Schifani nel ritenere che «se ci fosse Silvio Berlusconi sarebbe d’accordo».
Osservatori interessati di queste dinamiche sono i “federati” di Lega e Mpa. Costretti a convivere nella stessa lista alle Europee per la logica moltiplicatrice dei consensi voluta da Salvini. Ma non è soltanto una questione di seggi a Bruxelles; nella Lega si devono ancora assestare i nuovi equilibri in Sicilia.
In attesa di imminenti «novità siciliane» da Via Bellerio, il partito è spaccato in due: da un lato l’ala filo-lombardiana capitanata dalla commissaria regionale Annalisa Tardino (eurodeputata ricandidata, col sostegno del Mpa fissato come clausola della federazione-bis), in asse col predecessore Nino Minardo; dall’altro il blocco, monolitico e ostile, di Luca Sammartino, legatissimo a Schifani.
Il siparietto
Che aria tira? Basta il siparietto a cui hanno assistito alcuni presenti alla recente inaugurazione della pizzeria “griffata” Briatore a Catania. Accolti da super vip, il leader autonomista e il vicepresidente della Regione s’incrociano fra spicchi al Pata Negra e scaglie di tartufo . «Facciamoci una foto assieme», la sottile provocazione di Lombardo. E Sammartino, con un sorriso da odontoiatra: «E che ti pare che sono La Vardera?». No selfie, no party. In attesa di una sfida all’ultimo voto. Da alleati. Ma più che mai nemici.