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Ex Province, vertice a Palermo: dipendenti da tutta la Sicilia protestano alla Regione

Di Daniele Ditta |

PALERMO – I dipendenti delle ex Province sono arrivati da tutta la Sicilia, con pullman ed auto a Palermo, per partecipare al sit, in promosso da Cgil Cisl e Uil, davanti a Palazzo d’Orleans in concomitanza con la riunione convocata dal presidente della Regione, Nello Musumeci che ha invitato a partecipare tutti i parlamentari nazionali eletti nell’isola, per affrontare la grave crisi finanziaria degli enti di area vasta.

Solo le ex Province di Agrigento e Trapani hanno approvato i bilanci, le altre 7 sono in pre-dissesto perché il prelievo forzoso dello Stato le ha ridotte in una forte situazione di criticità finanziaria mettendo a rischio i servizi essenziali come le manutenzioni delle scuole, delle strade provinciali e le spese di funzionamento degli istituti scolastici. 

Quindi, altro che abolizione. In Sicilia le (ex) Province sono state “sacrificate” sull’altare della patria, proprio per effetto del prelievo forzoso imposto dallo Stato. Con l’introduzione nel 2013 del contributo di risanamento alla finanza pubblica, voluto dal governo di Roma, è iniziata la crisi degli enti intermedi. Lo stop all’elezione diretta dei presidenti e dei Consigli provinciali, decisa dall’Ars sempre nello stesso anno di disgrazia, ha poi aggiunto alla batosta economico-finanziaria anche il caos nella governance. E ora che la lunga stagione dei commissariamenti si sta avviando a conclusione – il 30 giugno prossimo per volontà della Giunta regionale si tornerà a votare (con elezioni di secondo grado però) – è tempo di bilanci. Che sono maledettamente in “rosso”.

La Sicilia infatti, più di altre realtà territoriali italiane, ha pagato un prezzo altissimo alla riforma nazionale che porta il nome dell’ex ministro Graziano Delrio: la paralisi dei servizi (viabilità secondaria, manutenzione delle scuole superiori, assistenza agli studenti disabili…) e lo spettro del default in alcune Province, letteralmente svuotate di risorse. Il conto della serva lo ha fatto più volte l’assessore all’Economia Gaetano Armao: 200 milioni di euro in meno all’anno, circa 700 milioni sottratti in tre anni con il meccanismo del prelievo forzoso. Risultato? Strade provinciali ed edifici scolastici a pezzi, diritto allo studio dei soggetti più deboli calpestato, zero iniziative a sostegno del turismo (un tempo in capo alle Province).

E dire che quando l’Ars, in epoca Crocetta, le ha sostituite con Città metropolitane e Liberi Consorzi c’è chi parlava di “modello Sicilia” (perché la nostra regione ha tagliato per prima in Italia il traguardo della cancellazione degli organi politici) e di “svolta storica” (per il conseguente risparmio quantificato allora in 50 milioni). Da Crocetta stesso ai grillini.

Gli interventi legislativi però si sono rivelati semplici maquillage, se non veri e propri pasticci visto che il percorso di riforma, sostanzialmente il recepimento della legge Delrio, è pure “inciampato” sulla Corte Costituzionale. Insomma, un disastro. Decapitate politicamente e senza soldi, pur avendo mantenuto le loro competenze, le ex Province siciliane hanno finora tirato a campare. Con i commissari nominati dalla Regione di fatto impossibilitati a garantire una normale gestione di questi enti. Neanche il minimo indispensabile. Certo, la mancanza di una guida politica ha avuto un peso importante, ma è nel prelievo forzoso imposto dallo Stato che vanno ricercate le ragioni della stagione fallimentare che ha investito Città metropolitane e Liberi Consorzi siciliani.

La crisi degli organismi di area vasta in terra di trinacria è stata amplificata dal fatto che nel resto d’Italia lo Stato ha “coperto” il prelievo forzoso alle Province, mentre qui da noi no. E quindi non c’è stata altra scelta che pagare. Anno dopo anno sono stati effettuati i versamenti allo Stato: un continuo stillicidio, che ha frantumato i servizi nei territori (con pensanti ripercussioni sui cittadini), bloccato ogni possibilità di sviluppo, messo in discussione anche gli stipendi dei dipendenti.

Il governo centrale ha recentemente ridotto l’ammontare del contributo della Regione al risanamento della finanza pubblica – da 1,6 miliardi a circa un miliardo – e nel 2019 riconoscerà alla Sicilia un trasferimento di 540 milioni di euro da destinare a Liberi Consorzi e Città metropolitane per le spese di manutenzione straordinaria di strade e scuole, da erogare nei prossimi sei anni.

Per la politica siciliana, in pressing su Roma, non è abbastanza. Un gruppo di deputati di Forza Italia alla Camera ha presentato una proposta di legge, composta da un solo articolo, per cancellare il prelievo forzoso. Oggi l’iniziativa di Musumeci che ha convocato al deputazione nazionale siciliana, convinto che bisogna «intervenire con la massima urgenza per garantire parità di trattamento agli enti di area vasta siciliani rispetto alle ex Province della Penisola, eliminando le storture causate dalla legislazione finanziaria nazionale in materia».

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