Notizie Locali


SEZIONI
Catania 11°

la storia

I destini opposti dei gemelli diversi: Schifani e Armao da sodali a rivali

Lombardo-Genovese: nuovo patto

Di Mario Barresi |

Questa è la storia dei destini incrociati di due coppie di “gemelli diversi”. I primi sono siamesi: Renato Schifani e Gaetano Armao. Stesso brodo primordiale, identico acquario – la Palermo bene, anzi: benissimo – e uguale standing nei palazzi . Entrambi avvocati, sulla carta d’identità. E, fino a qualche ora fa, anche con la tessera di Forza Italia in comune. Ma ora le strade si dividono platealmente: Schifani e Armao aspiranti governatori, uno col centrodestra unito e l’altro alfiere di Calenda e Renzi. Fra le cose  in comune,  il senatore e il vicepresidente della Regione avevano anche l’odio per Gianfranco Miccichè. Sopito, nel primo caso, dopo la tumultuosa incoronazione di sabato, bevendo vino bianco a casa del presidente dell’Ars: Schifani corre per Palazzo d’Orléans, il commissario forzista dovrebbe prendere il suo seggio a Palazzo Madama, anche se è sempre tentato di restare a Palermo da assessore regionale ai Beni culturali. Ma lo stesso non vale per Armao, che aleggia sempre negli incubi miccicheiani, a maggior ragione da rivale terzopolista. 

Il leader azzurro ci mette la faccia (e anche un bel po’ di zizzania) anche nel frantumare il rapporto fra i gemelli. «Renato non si faccia infinocchiare come hanno infinocchiato noi le ultime volte, me incluso, da uno come Armao». Che «con i sui “indignati” millantava una forza politica importante ma poi quando li cercava, questi “indignati”, non ci riusciva», dice a Italpress sul nemico giurato, che «in cambio di quella falsità si prese la vicepresidenza della Regione e ora sta facendo esattamente la stessa operazione. Invito l’amico Schifani a non farsi infinocchiare. Se ci caschiamo anche stavolta… Armao non ha un voto, ma con giochi imbroglioneschi riesce a trovare sempre posizione. Spero che Renato lo capisca».  Il candidato calendiano replica a caldo: «Miccichè è fuori “pista”, come accade sovente». Ma a quel punto anche Schifani è costretto a respingere gli «ascarismi», precisando che «siamo del tutto insensibili a eventuali profferte, e non facciamo nessuna campagna acquisti a chi si propone dal terzo polo» di Calenda, che nonostante «la promessa di posti al Parlamento» è destinato «a fallire miseramente.

E così, proprio mentre ad Armao arrivano gli attestati di stima da Carlo Calenda in persona («grato» all’ex forzista per aver accettato una sfida, all’insegna di «competenza, concretezza e affidabilità») e dalle “madrine” ex forziste Mariastella Gelmini («Esperienza, competenza, serietà, da sempre al fianco dei siciliani») e Mara Carfagna («serietà al governo»), Miccichè prova a rovinargli la festa. «Un trasformista», gli fa dire dal fedele Tommaso Calderone, che chiede le dimissioni dalla giunta regionale di uno che «non è mai stato eletto, neanche come consigliere di quartiere». Armao, però, prova a scansare le polemiche. «Non non servono. I cittadini vogliono risposte ai loro bisogni e alla loro esigenze, il resto è tutto fuffa». Nessun accenno alle dimissioni invocate dal suo ex partito, all’Adnkronos consegna uno sfogo: «Ho subito dall’onorevole Miccichè e dal suo entourage cinque anni di aggressioni personali e politiche, così come il presidente Musumeci. Evidentemente chi ha deciso di disconoscere e contrastare i risultati di un governo che avrebbe dovuto supportare si mette fuori da solo». Un sottile messaggio anche per il candidato forzista?

 Ma ci sono altri due “gemelli” che si ricongiungono, due convenienze parallele che s’incrociano. Raffaele Lombardo e Francantonio Genovese siglano un patto elettorale per le Regionali: Ora Sicilia converge nell’Mpa. Faranno le liste dell’Ars assieme, una salutare boccata per il leader autonomista a caccia di firme (che adesso non dovrà più raccogliere) e soprattutto del fatidico 5% per restare nel pantheon della politica siciliana. «Una sintesi naturale», la definisce Luigi Genovese, deputato regionale figlio del ras messinese della formazione, già fedelissimo di Ruggero Razza che con lui concepì l’idea del gruppo dei “diversamente musumeciani” all’Ars. Tenutario ufficiale, come lo fu nella scorsa legislatura all’Ars Toti Lombardo, dell’eredità elettorale del padre. Lombardo e Genovese senior, che, oltre a una certa capacità di incassare voti, fra le affinità elettive annoverano anche i tanti guai giudiziari (seppur con verdetti diversi), riprendono un sodalizio già sublimato in due magic moment. Prima, nel 2005, l’appoggio decisivo dell’Mpa a Genovese, che diventa sindaco di Messina (con lo stemma dell’Unione di centrosinistra), bruciando al ballottaggio il favorito Luigi Ragno della Cdl di centrodestra. Un favore ricambiato, nel 2011, con il decisivo placet dell’allora parlamentare dem messinese all’ingresso del Pd nel governo Lombardo. E adesso rieccoli, Lombardo&Genovese, uniti alla meta. Mentre il duo Schifani&Armao è costretto a separarsi pur senza rinnegarsi fino in fondo. Tutt’e quattro comunque accomunati da un’unica lotta generazionale. Per la sopravvivenza. Twitter: @MarioBarresi   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA