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Intervista a Musumeci: «Faccio il tifo per Draghi ma non gli chiederò elemosine per la Sicilia»

Di Mario Barresi |

Presidente Nello Musumeci, s’è già iscritto al “SuperMario fans club”?

«Fan di Mario Draghi? Evitiamo semplificazioni. Da uomo delle istituzioni faccio il tifo per un governo nazionale che sappia affrontare le sfide di questa straordinaria emergenza e mostrare attenzione verso le esigenze della mia Regione. Un governo che abbia voglia di ascoltare e recepire le nostre richieste e agire di conseguenza, perché a partire dal tavolo sull’attuazione del nostro Statuto al completamento degli accordi in materia economica c’è ancora molto da fare».

Ha auspicato che questo governo «abbatta il dualismo Nord-Sud». L’idea di Draghi sul tema è chiara: stop ad assistenzialismo e sussidi a pioggia, rigore nei conti e «più politiche generali e meno regionali». Il suo governo è pronto a raccogliere questa sfida?

«Se dovesse riuscire nella sua impresa, al presidente Draghi non chiederemo certo elemosine e reddito di cittadinanza. Dal nuovo governo ci aspettiamo interventi coraggiosi per mettere la Sicilia e il Mezzogiorno d’Italia nelle condizioni di crescere e diventare competitivi non solo nel contesto nazionale ma soprattutto nella macroarea del Mediterraneo. La mia regione ha bisogno di infrastrutture materiali e immateriali, ha bisogno di abbattere le pesanti diseconomie che hanno da sempre scoraggiato le imprese e impedito o limitato il loro sviluppo. Siamo stanchi di restare la periferia del continente europeo: il nostro futuro si gioca per la gran parte qui, nel bacino euro-afroasiatico, dove la Sicilia si colloca naturalmente come la piattaforma logistica dei nuovi, imponenti traffici marittimi. Altro che assistenzialismo! Proprio perché economista di indubbio valore, Mario Draghi sa che il “sistema Italia” vince solo se si supera il dualismo Nord-Sud. E si supera se le regioni meridionali verranno dotate di quelle infrastrutture strategiche che sono e restano di competenza statale».

Berlusconi è un socio fondatore di questo governo, Salvini s’è convinto a entrarci, Meloni ne resta fuori. In questo centrodestra a tre velocità, lei da che parte sta? Se fosse stato uno dei leader nazionali, cosa avrebbe fatto?

«Lo dice la nostra Costituzione: quando un parlamento non riesce più a esprimere un governo, la strada da imboccare è il ricorso alle urne. Ma se ci si trova in una condizione straordinaria, nel pieno di una drammatica pandemia che ne impedirebbe il normale svolgimento, resta solo una soluzione: dar vita a un governo di emergenza nazionale, che superi le logiche della geografia delle coalizioni e conduca la nazione fuori dal tunnel, per poi restituire la parola al popolo. Un governo così fatto non lo si può etichettare con alcuna formula politica: è una aggregazione di buone volontà, tecniche e dei partiti. Da uomo di centrodestra mi avrebbe fatto piacere che questa sfida l’avessero accettata tutte le forze della nostra coalizione ma, come già accaduto in passato, se stare insieme è un valore, certamente non ci saranno conseguenze, anche perché il nostro avversario sta altrove da noi».

Forse è arrivato il momento della «scomposizione e ricomposizione del centrodestra» di cui lei parlava da tempo. E c’è euforia nel mondo dei moderati, soprattutto in Sicilia, con qualche tabù destinato a cadere anche sulle alleanze “classiche”. Come si muoverà il Musumeci “politico” in questo nuovo scenario?

«Non vedo alcuno scenario nuovo in Sicilia. Almeno per ora. Il centrodestra, ricompostosi dopo otto anni, ha conquistato nel 2017 la guida della Regione e la manterrà per tutta la legislatura. Il mio compito è quello di garantire la unità della coalizione perché così ha voluto il corpo elettorale. Se nel frattempo dovessero emergere novità nella geografia politica siciliana saremo lieti di prenderne atto e, magari, rendere più robusta e articolata la coalizione alternativa alla sinistra. Non potrei che esserne felice ed ho il dovere di lavorare perché ciò avvenga».

Magari l’ingresso della Lega a trazione “giorgettiana” al governo faciliterà un riavvicinamento con DiventeràBellissima. Oppure le interessa di più il movimentismo che si registra al centro, magari avvicinandosi alla svolta “volenterosa” di Forza Italia?

«DiventeràBellissima è parte integrante del centrodestra siciliano. Con migliaia di iscritti, sei deputati, decine di sindaci, assessori e consiglieri comunali sparsi ovunque nell’Isola, il movimento vuole essere un valore aggiunto nella coalizione. Con i leader nazionali dei partiti alleati sono in ottimi rapporti, a prescindere dalle loro ultime scelte, che meritano tutte il mio rispetto perché sofferte e meditate. Ciò premesso, la scelta di un patto federativo con uno degli alleati nazionali non può essere dettata per noi da ragioni di interesse di partito, ma si fonda su un progetto comune di rafforzamento della Sicilia nelle politiche nazionali. È un processo maturato anche nella nostra base e io, come tutti sanno, tengo molto alle decisioni partecipate».

Un modello Draghi non potrebbe essere auspicabile anche all’Ars? Magari non ci sono le condizioni di un “governo di salute pubblica” alla Regione, ma non sarebbe l’ora di una pacificazione con le opposizioni. I rapporti con lei sono ai minimi termini…

«Ho sempre avuto grande rispetto istituzionale per le forze di opposizione all’Assemblea regionale. Purché, mi pare ovvio, il rispetto sia reciproco. Sono cristiano, ma ho solo due guance. Sin dal mio insediamento ho fatto appello alla collaborazione a tutti i gruppi parlamentari: alcuni hanno aderito, altri meno, ma va bene così. Alcune leggi del mio governo sono state votate alla unanimità; la Finanziaria dello scorso anno l’ho voluta condivisa con le opposizioni. È tutto fisiologico, sostanzialmente. Ma sono sempre pronto a raccogliere qualsiasi concreta proposta di intesa, anche dai banchi delle opposizioni, purché sia utile alla nostra gente. Il momento è drammatico e serve l’impegno di tutti, aldilà degli schieramenti».

Un voto anticipato alle Politiche, magari con Draghi al Quirinale, cambia qualcosa nella sua tabella di marcia per le Regionali 2022? Quando scioglierà la riserva sulla ricandidatura?

«Non credo proprio. L’agenda del governo regionale non subisce le interferenze degli eventi nazionali. Continuerò fino all’ultimo giorno a lavorare con la mia squadra di assessori, tutti impegnati in prima linea, non solo per contenere i danni della pandemia, che in un anno ha provocato in Sicilia oltre tremila vittime e centinaia di migliaia di nuovi poveri. Ma anche nell’azione costante di sviluppo e rilancio, accelerando nella spesa pubblica, aprendo cantieri e rimettendo ordine alle carte di una Regione per troppo tempo devastata e assediata da famelici approfittatori. Le riconferme elettorali non si aspettano, ma si preparano, con il silenzioso lavoro di ogni giorno. Alla fine di quest’anno proveremo a fare un bilancio, sulle cose fatte e su quelle da fare, comprese le scelte elettorali».

Twitter: @MarioBarresi

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