Notizie Locali


SEZIONI
Catania 16°

Tensioni

La Lega gela FdI: «Non parliamo più». Sul caso Catania, centrodestra nel caos

Il Carroccio rompe con Pogliese. Salvini «furioso». Lo scenario di una mega-tornata elettorale 

Di Mario Barresi |

La Lega se l’è legata al dito. «In questo momento non riuscirei a sedermi a un tavolo di coalizione in cui a rappresentare Fratelli d’Italia ci fosse Salvo Pogliese, che ci ha messo alla porta dalla sua giunta», sbotta il segretario regionale del Carroccio, Nino Minardo. Il caso Catania ha creato un effetto-domino sul centrodestra siciliano, fino a sfiorare il rapporto, già di per sé teso, fra Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Così, con la Lega che denuncia «l’atto di incoscienza politica» del co-leader regionale di FdI ed esce da Palazzo degli Elefanti sbattendo la porta, questa non è soltanto una scossa sotto il Vulcano. Ma è un altro smottamento sugli equilibri di una coalizione già tormentata dalla lotteria sul candidato sindaco di Palermo, al netto delle divisioni sul bis di Nello Musumeci a Palazzo d’Orléans. A proposito: il governatore si tira fuori. «Lo strappo della Lega? Negli ultimi giorni non ho avuto tempo di leggere i giornali, sono stato impegnato a lavorare su altro. L'unico strappo è quello del mio operaio in campagna. Purtroppo- racconta ieri ai cronisti a Catania – ha avuto uno strappo alla gamba che non gli consente di andare a lavorare…».

Ma, al netto dell’alieno col pizzetto, la crisi a Catania cementa l’asse Lega-Autonomisti, facendo emergere anche i mal di pancia di Udc e Cantiere Popolare. Non solo storielle etnee. E c’è  anche un rigurgito di bile ad altri livelli:  descrivono un Salvini «furioso» per lo sfregio nella città del sindaco (corteggiato per entrare nella Lega dopo l’addio a Forza Italia; poi Pogliese scelse di riabbracciare Meloni) beneficiario del decreto “Salva-Catania” all’epoca del governo gialloverde. Fino al punto di chiedere a Fabio Cantarella, fra gli assessori più fedeli a Pogliese, il sacrificio delle dimissioni. «E non finisce qui, la vera resa dei conti deve ancora arrivare», minacciano fonti leghiste. Irritate da quella definita «una scelta suicida», che sarebbe stata criticata anche da  big meloniani d’occidente (Giampiero Cannella e Carolina Varchi), oltre che oggetto della perplessità dell’eurodeputato Raffaele Stancanelli. Ma Pogliese va avanti a testa bassa: «Io sono stato leale con la Lega, oltre che riconoscente».  A Salvini e Candiani, dice il sindaco in un colloquio con La Sicilia che approfondiamo in Cronaca di Catania, «farei una statua, darei la cittadinanza onoraria, per quello che hanno fatto per salvare la città dal default che ho ereditato». Il dirigente meloniano rivendica «una scelta che tutti conoscevano, rinviata per mesi», ma rivela anche la controproposta lanciata al Carroccio etneo: unire i due consiglieri leghisti ai quattro (poi diventati tre) di “Catania 2.0” di Luca Sammartino, ex renziani rimasti ferocemente all’opposizione, in un unico gruppo di maggioranza, in cambio della conferma dei due assessori. La risposta non arriva, ma trapela da un vertice della Lega: «Ce lo chieda in ginocchio». A quel punto il sindaco toglie le deleghe all’ex udc Alessandro Porto. Il sindaco è dubbioso sul fatto che «a Salvini abbiano raccontato davvero tutto, compresa la mia ultima proposta» (dalla Lega ricordano però «un inequivocabile sms» del leader al sindaco per chiedergli di remorare), ma fiducioso che «lo strappo si può ricucire». Consapevole di tutti gli effetti. Compreso il gongolamento del gruppo di Sammartino, che lavora al dopo-Pogliese con la candidatura di Valeria Sudano. «Salvo, io mi potrei candidare solo se tu facessi altre scelte, tipo andare a Roma per la tua situazione sulla Severino», lo schietto chiarimento della senatrice nell’ultimo colloquio.

Ecco, questo è un altro punto di caduta del pasticcio di Catania. A breve, fra oggi e domani, si attende la sentenza della Corte costituzionale sulla “sospensione della sospensione” di Pogliese, condannato in primo grado per peculato sulle spese da capogruppo forzista all’Ars. La Consulta deve pronunciarsi sulla questione di legittimità della legge Severino sollevata dalla difesa del sindaco. Soltanto due i precedenti (Vincenzo De Luca e Luigi De Magistris), in cui la norma anticorruzione è stata legittimata. Ma in entrambi i casi gli interessati sono stati poi assolti nei processi, mentre Pogliese deve ancora affrontare l’appello. Cosa può succedere? In assenza di giurisprudenza, gli esperti si dividono. Il parere prevalente è che, trattandosi di una misura cautelare e non di una sanzione, in caso di rigetto Pogliese rischia al massimo un mini-esodo fino a gennaio 2022, considerando i 18 mesi a decorrere dalla prima sospensione di luglio 2020. Ma c’è chi invece ipotizza che il trasloco da Palazzo degli Elefanti potrebbe essere molto più lungo: se non ripetere tutto l’anno e mezzo previsto dalla Severino, almeno i 14 mesi residui di sospensione dopo averne “scontati” quattro. Ed è su questa interpretazione, del tutto inedita, dell’applicazione della Severino (legge che potrebbe pure essere demolita per la prima volta dalla Consulta) che si gioca uno scenario potenzialmente esplosivo. Semmai su Pogliese dovesse prevalere la versione più punitiva, il sindaco sospeso (per 18 o 14 mesi), con il ritorno al voto fissato in primavera 2023, potrebbe anche trovarsi di fronte all’ipotesi di un clamoroso passo indietro, pur fragorosamente smentita dal suo entourage. «Non esiste proprio, soprattutto perché il problema non si porrà affatto», la chiusura a riccio, mentre le opposizioni gli chiedono già oggi le dimissioni dopo la crisi con la Lega. Una lunga serie di se e di ma. Probabilmente irrealizzabili. Ma se dovessero verificarsi, in Sicilia si potrebbe votare, nel 2022, per le Regionali e per le Amministrative di Palermo, Messina (in caso di dimissioni di Cateno De Luca) e magari Catania. Un ingorgo elettorale che stravolgerebbe tutto. Fra partiti nel caos e nuove golosità per gli ambiziosi di ogni schieramento. Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA