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Legittima difesa: in arrivo la nuova legge «E’ vicina ai cittadini, ma no al Far West»

Di Vittorio Romano |

CATANIA – Salvini l’aveva promesso. «Gli italiani hanno diritto a difendersi a casa propria». E la nuova legge sulla legittima difesa ora è realtà. «Stiamo aspettando a momenti la firma del capo dello Stato» ha detto ieri a Monreale il ministro dell’Interno a proposito delle norme approvate recentemente dal Parlamento. E oggi la legge è stata promulgata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.  «Avevamo promesso una legge sulla legittima difesa, la legittima difesa è legge. Entri in casa mia? Posso difendermi. E non è il far west», ha commentato da Motta Sant’Anastasia il ministro dell’Interno, in Sicilia per un tour elettorale.

E mentre c’è chi pensa che possa scattare una corsa alle armi da parte di chi intende farsi giustizia da sé, la domanda che sorge spontanea è: quali scenari si aprono? «Dobbiamo prima aspettare l’applicazione della norma e poi valuteremo» risponde il questore di Catania, Alberto Francini, col quale abbiamo affrontato l’argomento in un momento storico in cui il tema della sicurezza in generale è al centro del dibattito politico, e non solo.

«La legittima difesa, vorrei che questo concetto fosse chiaro, non influisce minimamente né sull’acquisto né sul porto delle armi, che sono regolamentati dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e rimangono così come sono. La modifica apportata è sull’utilizzo delle armi nella fattispecie della legittima difesa. Dunque una modifica all’articolo 52 del codice penale».

Questo dà al giudice parametri più restrittivi di interpretazione.

«Esatto. Mentre prima l’interpretazione della norma era elastica perché i parametri erano piuttosto vaghi, adesso i parametri per quanto riguarda la legittima difesa a casa propria o nel proprio esercizio commerciale sono molto più rigidi, per cui il giudice avrà meno possibilità di valutare la norma e interpretarla».

C’è secondo lei il rischio di piombare in un Far West?

«Lo vedremo quando ci sarà l’applicazione concreta della legge. Sapremo cosa farà la gente di fronte a questa possibilità in più che ha di difendersi. Vedremo se si registrerà un aumento delle sparatorie, perché magari prima si era più acquiescenti e ora si è spinti a reagire».

La possibilità che il cittadino ha di acquistare un’arma da tenere nel proprio domicilio è invariata?

«Sì, rimane tutto come prima. Il cittadino che ha i requisiti psicofisici, non ha precedenti penali, non ha parenti pregiudicati, va in armeria, col nullaosta del questore, e compra un’arma per tenerla in casa. Per ottenere il porto d’armi per difesa personale le regole sono pure invariate».

Questa possibilità di difendersi diciamo con maggiore tranquillità non rischia di sminuire il ruolo delle forze dell’ordine? Cioè, so che posso difendermi e mi tengo pronto a reagire piuttosto che chiamare il 112.

«Diciamo che se usi l’arma per difenderti poi davanti a un giudice sei più sicuro di una certa interpretazione sulla norma. Ma questo a mio avviso non sminuisce affatto il ruolo delle forze dell’ordine. È una questione di cultura della popolazione, dei cittadini. C’è chi preferisce subire e non avere reazioni e chi invece vuole reagire. Insomma ciascuno si assumerà le proprie responsabilità».

La nuova normativa secondo lei contribuisce a far sentire il cittadino più sicuro?

«Bisogna vedere all’atto pratico gli effetti dell’applicazione della norma. Però direi di sì da un punto di vista psicologico».

Lei dirige la questura di Catania. Sul tema della sicurezza in città c’è un grosso dibattito e la Prefettura sta facendo delle modifiche ai piani di controllo del territorio.

«Esatto. Se andiamo a guardare le statistiche dei reati vediamo che il dato reale è in diminuzione per quanto riguarda rapine, furti, furti in abitazione. Invece la sensazione di insicurezza, anche per fattori ambientali che non predispongono bene, è in aumento. Negli ultimi tempi anche il Comune si è dato da fare con dei progetti di videosorveglianza, che non sono risolutivi ma incidono sul fenomeno. Insomma stiamo cercando, la Prefettura dal punto di vista politico-amministrativo, e la questura per il coordinamento delle forze, di venire incontro alle esigenze dei cittadini».

Un discorso a parte merita lo spaccio di sostanze stupefacenti, che, come lei stesso ha ammesso, non è in diminuzione nonostante la pressione che tutte le forze dell’ordine esercitano sulle cosche e sui gruppi criminali che lo gestiscono.

«E questo succede grazie alla facilità di rinnovamento della manovalanza da parte dei clan. Problema, questo, di tutte le grandi città italiane e mondiali. Per questo uno dei temi che andrebbe subito affrontato è una rivisitazione normativa sul piccolo spaccio. Quella in vigore è una normativa “di favore” che aveva un senso 30-40 anni fa, quando gli spacciatori erano gli stessi tossicodipendenti che per procurarsi i soldi necessari ad acquistare la dose si mettevano a vendere la droga. E dal legislatore erano visti dunque come soggetti fragili. Ma oggi il fenomeno è cambiato radicalmente e questo trattamento di favore non ha più senso di continuare a esistere».

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