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L'INTERVISTA

Miccichè: «Dai veti all’autocertificazione, in Sicilia addio al potere dei burocrati»

Di Mario Barresi |

Presidente Gianfranco Miccichè, all’Ars arriva il disegno di legge che hanno definito “modello Morandi”. È la svolta che lei auspicava, nevvero?

«Partiamo col piede sbagliato. Il ponte Morandi rappresenta la sconfitta dello Stato, la dichiarazione formale del suo fallimento amministrativo».

Niente male come inizio. Si spieghi…

«Il fatto che a Genova si sia realizzata quest’opera in così poco tempo derogando alle regole, dimostra che queste regole sono inutili e dannose. E devono cambiare, radicalmente».

E la Sicilia, con il ddl, comincia a portarsi avanti con il lavoro…

«Sì, il senso della legge Sammartino – io la chiamo così, qualcuno magari s’incazza, ma non m’interessa – è che in Sicilia si potrà fare il viadotto Himera smontando l’impianto statale».

E come si fa con le norme nazionali?

«Ecco, questa è la risposta che mi danno sempre i burocrati. Anche durante la finanziaria: “Presidente, ma a norma del dpcm… in base alla Cassazione…”. E a me viene voglia di prendere tutti a testate, quando mi dite queste cose. Il ddl Sammartino sarà una benedizione, per questa terra, se in commissione e in aula riusciremo a non svuotarlo di contenuto con le norme attuali. E per questo non voglio che dirigenti o burocrati ci mettano le mani. Su questa cosa devono sparire!».

E l’Ars si presta di più a questo “isolamento volontario” dai burocrati…

«Esattamente. Io che sono analogico, quando chiamo una persona, penso a quello che c’è fra i due telefoni, al codice, a tante altre camurrie. Mia figlia, che è nata digitale, preme un bottone e fa la videochiamata. Questa legge è una totale inversione dell’approccio culturale: non ci devono essere più autorizzazioni e veti, ma autocertificazioni e controlli. Vuoi fare una cosa? Cominci a farla, me lo comunichi dicendo che hai le carte in regola e io ti controllo. E se fai il furbo ti punisco. Capisce? È una rivoluzione. Ed è chiaro che la burocrazia perderà tutto, firma la rinuncia al suo potere principale: dire quello che si può o non si può fare. E questa cosa non la può fare il governo regionale, non per male, ma perché presidente e assessori hanno bisogno dei burocrati, io sono stato anche ministro e lo so bene. Ma l’Assemblea ha le mani libere. Bisogna avere coraggio, però…».

Corriamo il rischio di prenderci una testata. Ma se la Sicilia smonta, di fatto, la legge Bassanini, è un rischio calcolato quello di un’impugnativa del governo centrale…

«Altro che testata, dovrò comprare un kalashnikov… Ma cosa pensa che farà il Consiglio dei ministri di fronte a una norma in cui non gli scriviamo che in Sicilia da domani facciamo l’Himera e tutto il resto col modello Genova che per loro è un fiore all’occhiello. Ma non parlo solo di grandi opere. Pensi ad esempio alle 18mila pratiche ferme alla Sovrintendenza di Palermo…».

Sì, è un suo cavallo di battaglia. Come le 28 autorizzazioni, compresa quelle dell’ufficio Regie trazzere, per il fotovoltaico nella sua campagna…

«Ne parlai la prima volta proprio in un’intervista al vostro giornale. Io il fotovoltaico l’ho fatto, dopo aver pagato la luce alla Francia per due anni. E le pratiche della Sovrintendenza saranno pure aumentate. Pensi se le tirassimo fuori dai cassetti, le carte negli uffici della Regione. Un punto di Pil in Sicilia corrisponde a 800 milioni, e ritengo che smuoveremmo subito almeno un 3 per cento di Pil. Con il semplice cambio di una parola: da autorizzazione ad autocertificazione».

E come la mettiamo con i rischi di infiltrazioni mafiose e di corruzione?

«Mi verrebbe da dire di mafia non ce n’è più, ma se lo dico mi linciano. E allora dico che mi fido ciecamente della capacità di chi indaga e arresta chi è mafioso. Ma anche chi prende mazzette. Noi, alla giustizia, con questa legge faremo un favore: siamo l’unico Paese al mondo in cui non si pagano le tangenti non per fare ciò che è vietato, ma le cose che si possono già fare. Mi creda: sburocratizzare, significa anche distruggere questo sistema. Abolire il voto segreto è importante, anche se è stato usato solo due volte, in casi in cui il governo non aveva rispettato degli impegni, e comunque ha vinto sempre la maggioranza. Ho preso l’impegno con Musumeci: lo modificheremo. Ma la priorità, oggi, è uscire dalla prigione della burocrazia. E perciò sono convinto che questa legge avrà tanti nemici nascosti. Se passa, dall’indomani, succede l’inferno…».

Succederà in un’epoca di crisi mai vista dal Dopoguerra…

« Tutti parlano di “cura-shock”. L’emergenza è un’occasione unica: sburocratizziamo, creiamo sviluppo. La Sicilia rischia di avere un calo di Pil a doppia cifra. Bisogna essere pessimisti. È una questione di sopravvivenza: in Germania sopravvissero gli ebrei pessimisti che fuggirono, non quelli ottimisti che restarono. E qui, con la fame che c’è, siamo di fronte a un serio problema di ordine pubblico»,

Ma basta sburocratizzare per rialzarsi fra le macerie del dopo lockdown?

«No. Serve ripartire, tenendo conto che noi non siamo stati colpiti come altre regioni, anche grazie alla linea dura di Musumeci sulla quale io all’inizio ero critico e devo ammettere che sbagliavo. Ma la paura della morte non si combatte non vivendo. Faccio un appello a Musumeci: ci sono due altri governatori bravi, i migliori, che spingono per aprire, Zaia e la Santelli, faccia asse con loro per accelerare sulle riaperture. E si sostengano le nostre imprese con un contributo diretto a chi non chiude, a chi ha il coraggio di resistere. Per questo, ad esempio, non mi convince l’idea di dare soldi ai tour operator per pagare le vacanze in Sicilia. Quei soldi diamoli agli albergatori. Poi Messina è un bravissimo assessore e magari avrà ragione lui…».

Lo scandalo del bonus sulle lentissime pratiche della Cig a dimostra che la sua teoria è fondata: bisogna svecchiare la burocrazia. Ma lei, esponente di una classe politica che non ha resistito alla tentazione di un emendamento-marchetta neppure nella “finanziaria di guerra”, può prendere l’impegno che se la Regione riapre i rubinetti dei concorsi alla Regione entreranno davvero i giovani più bravi e non quelli più raccomandati?

«L’impegno io lo posso prendere perché l’ho già messo in pratica nel concorso all’Ars. Se volessi fare entrare qualcuno che mi interessa, non ci riuscirei neanche pagando tanto il sistema è a prova di bomba. Ci sono quattro temi micidiali e un orale altrettanto micidiale, con una commissione inaccessibile. Il problema semmai è un altro: ancora hanno corretto metà dei temi e i tempi saranno talmente lunghi che magari io non sarò più presidente dell’Ars quando ci saranno le assunzioni. Ora, io non dico che dobbiamo fare come Google che assume un giovane di 25 anni con un colloquio perché è un talento, ma ci vuole una sana via di mezzo. E, nel frattempo, non rompeteci le scatole sulle consulenze. Io, senza il consulente, la legge sul randagismo non l’avrei potuta fare. I consulenti servono…».

Perché portano voti e clientele…

«No, se tu prendi un bravo ne guadagna la qualità dell’amministrazione. Se assumi tua cugina ti sputtanano e la gente non ti vota più. È l’esatto contrario, mi consenta…».

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