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Miccichè gioca il jolly: “Se mi aiutate lo faccio io il candidato”

Centrodestra in tilt per le regionali. La “terna” del leader di Fi: oltre al suo nome quelli di Prestigiacomo e Cittadini. Il paradosso patriota stoppa Stancanelli, il leghista Minardo risale col “muoviti fermo”

Di Mario Barresi |

Continuano a ripetere, anche per rassicurarsi a vicenda, che Nello Musumeci «ormai è archiviato, non c’è più». E Gianfranco Miccichè, portabandiera dei No-Nello, esplicita il concetto nei corridoi dell’Ars: «Credo che questo sia accanimento terapeutico, la decisione sul fatto che Musumeci non può essere ricandidato è già stata presa. Il no a Musumeci è un no politico». Eppure il governatore uscente e aspirante rientrante è più che mai tonico e in campo. E, con la piena copertura di Fratelli d’Italia, sfida gli alleati-nemici sul punto debole: il nome del candidato alternativo. «Trovatelo, ce lo presentate e ne parliamo…». Musumeci sa bene che, seppur quasi tutti compatti (con diverse sfumature) sul no alla sua ricandidatura, i vertici del centrodestra annaspano – a Palermo tanto quanto a Roma – nel trovare un successore che abbia il via libera dalla coalizione. Il punto di forza maggiore del governatore è che proprio FdI non vuole Raffaele Stancanelli, l’unico che «metterebbe d’accordo tutti i due minuti, seduti al bar», come va ripetendo il presidente dell’Ars. Dell’eurodeputato meloniano s’è discusso anche fra i leader nazionali. Silvio Berlusconi ha chiesto delle referenze (ricevendo ottimi riscontri, ad esempio, dall’ex An Maurizio Gasparri) e anche Matteo Salvini, accogliendo i consigli di Luca Sammartino, avrebbe sondato Giorgia Meloni.

L’esito finale? «Massima stima e grande rispetto, ma gli altri non possono indicarci il candidato a casa nostra». E così, come confessano amaramente i No-Nello, «la soluzione più semplice è diventata la più complicata». Anche per l’ostinata diplomazia di Ignazio La Russa, il nemico numero uno dell’«altro nome» di FdI. «Ma in fondo nessuno ha ancora proposto ufficialmente il nome di Raffaele. E se lo facessimo? Vediamo se la Meloni e La Russa lo rifiutano», è la riflessione sottesa a un’exit strategy che poteva materializzarsi oggi. Quando, infatti, s’era ipotizzato l’ennesimo incontro dei vertici regionali della coalizione. Doveva convocarlo l’autonomista Roberto Di Mauro, ma non se ne farà nulla. Si aspetta l’evoluzione di un fine settimana infuocato di contatti e di incontri bilaterali, per poi arrivare a martedì. Al summit romano dei leader. In programma la resa dei conti finale sui collegi e, fra le varie ed eventuali, il nodo del candidato governatore in Sicilia. E se Stancanelli, l’uovo di Colombo covato più o meno segretamente con cura per mesi, sembra essersi rotto nel paniere del centrodestra, chi vuole andare «oltre» Musumeci è costretto a guardarsi attorno. Ed è lo stesso Miccichè il più attivo in queste ore.

Giro vorticoso di telefonate agli alleati. Con una novità: una «terna di candidati di Forza Italia», già approvata da Licia Ronzulli, “sacerdotessa” di Arcore. C’è ovviamente il nome di Stefania Prestigiacomo, molto gradito al Cav che – come la comunicazione azzurra s’è premurata di far trapelare – ha chiamato l’ex ministra siracusana, sostenuta da un continuo fiorire di comitati spontanei per una candidatura autorevole che sarebbe la quadratura del cerchio: donna, con un quarto di secolo di esperienza, moderata. Se non fosse per il netto no della Lega, che le rinfaccia i trascorsi sui barconi, rafforzato dalle perplessità di FdI e dall’idiosincrasia di Raffaele Lombardo, che nell’incontro con Berlusconi a Villa Grande ne ha approfittato per tessere le lodi del magistrato Massimo Russo. Anche la seconda opzione forzista è in rosa: Barbara Cittadini, presidente nazionale di Aiop e classico pallino di Miccichè. Che in queste ore rivela anche l’ultimo nome della terna: il suo. «Se mi aiutate, magari con un vicepresidente di esperienza e di fiducia, posso farlo pure io, il presidente della Regione». È l’ultimo biglietto della lotteria nella tasca dei No-Nello. Qualcuno comincia a prendere sul serio l’ipotesi, altri riflettono sull’effettivo appeal elettorale del presidente dell’Ars, oltre che sul concetto di «divisivo», usato per abbattere Musumeci, che potrebbe diventare un boomerang al tavolo della coalizione. Ma, se non ancora l’uscente, è molto probabile che il candidato del centrodestra sia di Forza Italia. Non perché, come Salvini continua a ripetere fino alla nausea da Lampedusa, «lo sceglieranno in Sicilia, i siciliani». Ma per un semplice risiko nazionale delle Regioni: se la Lega mantenesse la Lombardia e FdI dirottasse sul Lazio, in Sicilia la bandierina sarebbe azzurra.

A meno che Forza Italia, spinta dai sondaggi favorevoli a Letizia Moratti, non strappasse il Pirellone e dunque Salvini potrebbe schierare uno dei «tre nostri nomi» per Palazzo d’Orléans. Il Capitano arrotonda per eccesso: in effetti i potenziali candidati sono due. Alessandro Pagano avrebbe il curriculum di maggiore esperienza, ma “Radio Caroccio” negli ultimi giorni rilancia le quotazioni di Nino Minardo. Cioè «il candidato che avrebbe meno veti rispetto a ogni altro di centrodestra, l’unico che in fondo pure Nello e i suoi alla fine accetterebbero, perché sempre leale nei loro confronti». Potrebbe essere il segretario regionale della Lega, nonostante le influenti resistenze interne sotto il Vulcano, la vera alternativa a Musumeci? Minardo continua con la strategia del “muoviti fermo”. Ma, a giudicare dalla mole di sms di affettuoso “riposizionamento” arrivati in questi giorni sul suo telefonino e da qualche interessato “viaggio della speranza” nel Ragusano, la risposta potrebbe diventare affermativa. «O è Nino o sono costretti a tenersi Musumeci», si lascia sfuggire un supporter in preda a un minaccioso ottimismo. Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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