Musumeci agli assessori: «Voi il gregge e io il capo, anzi il capro…»

Di Mario Barresi / 01 Febbraio 2021

E stavolta non c’è nemmeno Bernardette Grasso. Eppure l’assenza della piccola grande particella di quota rosa epurata, nel buen retiro del governo regionale, è l’ultimo dei pensieri. Tutt’altro che inedito, il rito a cui Nello Musumeci sottopone i suoi assessori, alcuni dei quali convergono di domenica nell’ombelico ennese dell’Isola con lo spirito entusiastico di chi è costretto ad assistere all’ennesima proiezione di La corazzata Potëmkin. Ma ieri è ancor più dura: zero chiacchiere, con un manto di scartoffie, zeppe di tabelle e numeri, sul lungo tavolo a forgia d’anfiteatro.

Sì, perché nel grigio della riunione in un hotel di Pergusa c’è da far quadrare i conti. Con i nuvoloni neri dell’ennesima tempesta scatenata dalla Corte dei conti: 319,5 milioni di «poste dichiarate irregolari», in una verifica a campione, nel rendiconto 2019 poi ritirato, per la prima volta nella storia della Regione, dal governo. E con la clessidra puntata sul 28 febbraio per approvare il bilancio 2021, come da clausola dell’accordo spalma-disavanzo con lo Stato.

Così il giallo del presunto cazziatone del governatore a Gaetano Armao va sfumando nei colori dell’arcobaleno. E quel «rilievo sia sul piano amministrativo che politico» del pasticcio, vergato in una nota all’assessore all’Economia, sembra riferito all’intenzione di «accertare le responsabilità in capo ai dirigenti generali ed ai relativi dipartimenti». Il presidente? «Con Armao è stato sereno come sempre, anzi l’ha investito di un ruolo quasi da commissario per verificare la situazione», rivela uno dei convitati. Tanto più l’incontro di ieri (presenti anche il ragioniere generale Ignazio Tozzo e i dirigenti dell’assessorato al Bilancio) ha avuto un preludio, venerdì scorso a Palazzo d’Orléans, in quasi 10 ore di pre-giunta. Quando cioè ogni assessore, accompagnato dai propri dirigenti, è stato chiamato a spulciare i report sulla spesa dei fondi extraregionali. Una delle matrici, per intenderci, delle anomalie segnalate dalla magistratura contabile con i riflettori (e la bacchetta di Musumeci) puntati sui 230 milioni della Formazione. E con l’assessore Roberto Lagalla giustifica come «non anomalo» lo spostamento da un capitolo a un fondo comunitario, tanto più «nella fase di rodaggio delle nuove regole contabili del decreto 118».

Ma a Pergusa si parla d’altro. Anzi: si conteggia altro. Un lungo spulciare, di «tutte le poste di bilancio di ciascun dipartimento, in relazione ai fabbisogni ordinari di ciascun assessorato». Immaginabile l’entusiasmo dei meno appassionati di contabilità. E tutto, come filtra in serata fonti della Presidenza, «per valutare la proposta di bilancio da proporre all’Ars nei termini concordati con la conferenza dei capigruppo». Ed è la prima notizia (ufficiale) del vertice di ieri: il governo regionale vuole approvare gli strumenti finanziari entro febbraio «a prescindere dalle verifiche sul rendiconto 2019».

Perciò, in una «giunta informale», oggi saranno incardinati bilancio e finanziaria, da approvare giovedì. Con l’obiettivo di trasmettere ddl e allegati all’Ars martedì. L’altra notizia (ufficiosa) è che ci sarà una sforbiciata sul bilancio 2021: un «taglio diffuso, ma non incondizionato» del 5% rispetto alle poste del 2018, l’ultimo esercizio attendibile prima di quello «di guerra» dell’anno scorso. E ciò per più necessità: i 40 milioni di “prima rata” e la riduzione di spesa corrente previsti dall’accordo con Roma, ma anche le minori entrate tributarie dovute alla crisi. Il conto in colonna non è stato ancora tirato, ma potrebbe aggirarsi a centinaia di milioni.

Insomma, uno scenario in pendant col clima monastico di ieri. Meno di un’ora per un pranzo frugale (antipasto di salumi, formaggi e verdure; niente primo, ma gustosi involtini di maiale con contorno di patate) e giusto un paio di pause-caffè. Con Musumeci, forse stimolato dal contesto bucolico, pronto a punzecchiare i suoi assessori con una metafora da buon pastore: «Siete il mio gregge. E io il capo. Anzi, il capro…». Espiatorio, se nei prossimi giorni non dovessero tornare i conti.

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