Musumeci e Miccichè: i due presidenti che non si parlano più…Se non con battute a distanza

Di Giuseppe Bianca / 06 Agosto 2022

La felicità degli stoici è la lucida provocazione di Nello Musumeci «uscente» e «candidato», o quella di Gianfranco Miccichè che riferendosi al suo antagonista risponde giocando sulle parole «usciere» e «uscente» ed esorcizza così i colpi di scena che esclude o ancora il “liberi tutti” che ha portato molti deputati ieri a disertare in massa la seduta parlamentare con la sede della rappresentanza dei siciliani trasformata in uno splendido arazzo del vuoto, un ologramma triste. Il diario dello scontro a distanza tra Gianfranco Miccichè e Nello Musumeci ieri invece ha fatto registrare un’altra giornata di allerta rossa.

L’epilogo della legislatura è un telefono muto, una sorta di chat degli ex compagni di liceo dove due Presidenti non si parlano più, ma si leggono e si continuano a mandare messaggi, il filo che corre idealmente tra Viale Africa a Catania, sede della posa della prima pietra della Cittadella giudiziaria da cui ha esternato il governatore siciliano, e Piazza del Parlamento a Palermo, dove era prevista a Sala d’Ercole la seduta in cui stata resa la comunicazione delle dimissioni del presidente della Regione.

Per Musumeci il «candidato del centrodestra è il presidente della Regione uscente» aggiungendo poi con ironia «la coalizione deve eventualmente trovare un candidato che non sia catanese, perché una delle accuse è questa, che sono catanese; che non sia antipatico, perché pare che io sia antipatico; che non sia alto 1,85. Quindi qualcuno con una statura un po’ più bassa, che non sia stato mai coerente idealmente, cioè che abbia fatto il saltabanchi, che abbia avuto problemi giudiziari, perché chi non li ha avuti non può fare il presidente della Regione. È facile o non è facile trovare un candidato…?».

 

 

Puntuale la replica a distanza del commissario forzista in Sicilia: «Musumeci dice che il candidato del centrodestra alla presidenza della Regione è l’uscente, cioè lui? Il suo è un accanimento terapeutico, la decisione sul fatto che non può essere lui è stata già presa». Ma ieri è venuto fuori anche l’aspetto romantico del presidente dell’Ars: «È l’ultima seduta, mi sono affezionato a voi – ha detto Micciché, mi amareggia persino che Cracolici vada via (il deputato del Pd si candiderà alle Politiche ndr) è una persona con cui ho collaborato». Nel corso del suo intervento, durante il quale ha ringraziato e salutato i funzionari, i dipendenti del Palazzo dei Normanni e i deputati regionali, Micciché ha poi fatto riferimento al rapporto – molte volte teso – che Musumeci ha avuto con l’Ars nel corso della legislatura. «Il concetto di democrazia è un concetto forte – ha detto Miccichè – non dico che Musumeci non sia stato un presidente democratico, dico però che molte volte è venuto meno il rapporto di fiducia e di collaborazione tra il presidente della Regione e il Parlamento regionale».  

La seduta ieri all’Ars non poteva prescindere nel dibattito dall’assenza del presidente della Regione: «La considero – ha detto il dem Cracolici – una manifestazione di chi pensa che si possa legittimare la propria funzione disprezzando non i parlamentari, ma il Parlamento», mentre il capogruppo Pd, Giuseppe Lupo, ha attaccato: «Musumeci si è dimesso per puro calcolo politico, la scusa di non volere far chiudere le scuole per due giorni è ridicola. Comunque, avrebbe fatto bene a dimettersi prima». Se i silenzi a volte sanno accusare, le parole che rimbalzano sembrano parte di un copione sin troppo prevedibile. A replicare alle opposizioni è stato il capogruppo di #Db, Alessandro Aricò: «Questa legislatura – ha detto – è stata certamente positiva per il lavoro svolto qui all’Ars e per i risultati raggiunti dal governo regionale. Nonostante una pandemia di portata storica che ha condotto il mondo sull’orlo del baratro e la guerra recentemente scoppiata nel cuore dell’Europa, il “sistema Sicilia” non solo ha retto ma è in evidente ripresa».

 

 

Differenze più che analogie invece tra le dimissioni del 2008 di Totò Cuffaro che si dimise dopo essere stato sospeso e lasciò la Regione nelle mani del reggente Lino Leanza e quelle del presidente catanese che si è dimesso autonomamente e rimarrà in carica per l’ordinaria amministrazione. Mentre si attende adesso il nome del candidato alla presidenza del centrodestra, l’Ars chiude i battenti. Il lato oscuro della politica, quello cioè della grammatica a volte fluida, ma spesso zoppicante delle strumentalizzazioni e delle perdite di tempo rimane sempre il meno comprensibile, ma è l’ultimo lampo consegnato agli occhi dei siciliani prima di andare al voto tra poco più di un mese. 

Pubblicato da:
Carmela Marino
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