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Amministrative, a Lentini il centrodestra del “c’eravamo tanto amati”: sfida fra ex coniugi

Il renziano Bosco inseguito dal Pd, il suo vecchio partito che con Lo Faro si unisce al M5S. Ma soprattutto da Battiato e Reale, marito e moglie avversari. Con lui Fi e Fdi, lei musumecian-lombardiana: coalizione separata in casa

Di Mario Barresi |

È una dura legge della vita, prima ancora che della politica. La scelta (o magari, riuscendoci, l’equilibrio)  fra ragione e sentimento, fra testa e cuore, ambizione e famiglia. Ché poi per raccontare questa contesa elettorale di Lentini – bella, bellissima, strana, confusa, combattuta – basterebbero i canoni di Jane Austen sull’irrisolutezza di un eterno conflitto.

Ragione e sentimento. Qui, nell’enorme paesone siracusano per definizione ma catanese per vocazione, c’è un giovane sindaco uscente che si ripropone. Saverio Bosco, 37, farmacista. Allevato a pane, falce e martello dal padre Mario, ex primo cittadino e deputato regionale del Pci, il giovane virgulto assorbe dall’abecedario della sinistra ed entra nel Pd. Ma, asfissiato dai soliti noti, va via sbattendo la porta nella “rivolta dei 75”: destinazione Nichi Vendola, eletto consigliere con Sel nel 2011. Ma l’ indole rottamatrice di Bosco fa scattare il feeling con Matteo Renzi, che subito dopo l’elezione  nel 2016 a Palazzo Scammacca – da fuoriuscito, col partito contro – lo coccola come un capo scout fa con un lupetto promettente. Magari sarebbe potuto rientrare nel Pd, ma nel frattemo è Renzi a uscire.

Oggi il rapporto resta, anche se Bosco ostenta con più naturalezza la dimensione civica della sua ricandidatura (con l’upgrade del motto del movimento: da “Ora”, ad “Ancora”) sostenuta però anche da una lista, Lentini Viva, occhieggiante al renzismo. In tutto ciò la costante è l’odio matriarcale del Pd,che gli contrappone uno dei rivali più temibili. Rosario Lo Faro, avvocato, è stato il primo a uscire allo scoperto. Sostenuto proprio dai dem (simbolino nella lista “Lentini Operosa”) e anche dal M5S, in cui Maria Cunsolo, tenutaria di ciò che resta di un movimento che ha perso molti pezzi, ha rinunciato alle ambizioni di una candidatura di bandiera in nome dell’unità del fronte giallorosso, oggi premiato dalla visita di Giuseppe Conte.

Oltre ai grillini e alla consolidata nomenklatura della sinistra leontina (che ha amministrato con Alfio Mangiameli nel decennio pre-Bosco) nelle candidatura di Lo Faro qualcuno intravvede una certa benevolenza di Nello Neri. Ma il magistrato – ex deputato nazionale e regionale con An e Mpa, ma anche ex sindaco – smentisce categoricamente: «La scorsa settimana sono stato a Lentini di passaggio solo mercoledì mattina per andare ad irrigare l'agrumeto di famiglia. Non sono nemmeno venuto, come d'abitudine, sabato o domenica mattina per la tradizionale colazione con gli amici». Il presidente di sezione della Corte d’Appello di Messina taglia corto: «Fatevene una ragione! Non faccio più politica da oltre un decennio e non sono impegnato in campagna elettorale». E poi la frecciatina finale: «Tra l'altro, alla luce dei precedenti, fare campagna elettorale contro di me quando non sono candidato porta sfiga…».

Ragione e sentimento. È il dissidio soprattutto del centrodestra. Che s’è trovato a gestire una separazione  che rischia di azzopparlo. Qui, fra moglie e marito, è la politica ad averci messo il dito. Stefano Battiato, avvocato, già consigliere, sconfitto al ballottaggio del 2016, ci riprova. Ma deve fare i conti con la candidatura della moglie, Francesca Reale, docente di Lettere, ex consigliere per parte dell’ultimo quinquennio. Separati nella vita da un anno e mezzo e con le pratiche della separazione legale già avviate,  Entrambi figli d’arte (il padre di lui, Davide Battiato, fu sindaco democristiano; il padre di lei, Enzo Reale, fu assessore provinciale lombardiano), nel 2017, dopo la sconfitta elettorale, celebrarono nozze civili vip, con Raffaele Lombardo e Angelo Bellucci, consorte di Stefania Prestigiacomo, fra i testimoni degli sposi.  

 

Evitando la sgradevolezza di sbirciare dal buco della serratura coniugale (non è dato sapere se viene prima l’uovo o la gallina, e cioè  se la divergenza politica diventa matrimoniale o viceversa), meglio limitarsi ai dati di fatto di due personaggi che in campagna elettorale sono di fatto pubblici. Con il marito ci sono Fratelli d’Italia e Forza Italia; con la moglie, oltre agli Autonomisti, c’è una forte impronta musumeciana: lo spin doctor è Giuseppe Pollicino (a sua volta mancato candidato), uno degli uomini più considerati nel Pizzo Magico di Palazzo d’Orléans. La Lega, a Lentini, non presenta il simbolo. Non si sa quanto abbiano pesato gli interessi dei partiti e quanto invece l’inconciliabilità delle ambizioni dei due, ma fatto sta che il centrodestra rischia di restare attardato nella rincorsa al sindaco uscente e ancora  spaccato (a meno che la testa non prevalga sul cuore) anche in caso uno/a fra Battiato e Reale arrivi al ballottaggio. E il secondo round, se fosse un frontale fra loro due, allora sarebbe il finale di un film da non perdere.

La professoressa Reale è comunque in buona compagnia: tre donne sui sei in lizza. L’incognita è Laura Vacirca, commerciante carlentinese, titolare di un’avviata boutique in centro. La più agguerrita è Maria Adagio, avvocata e responsabile dei servizi amministrativi in una scuola, da sempre in trincea nelle battaglie ambientaliste, fra le fondatrici del comitato anti-discariche Antudo.

Ragione e sentimento, a Lentini, coincidono – in apparenza – solo su un  tema. La rivolta contro lo status di città-discarica di Sicilia. Gli impianti della famiglia Leonardi, sotto amministrazione giudiziaria dopo il blitz antimafia “Mazzetta Sicula”, qui hanno dato lavoro e fatto sognare i tifosi di calcio, ma ora il conto sembra chiuso. Anzi no: il Comune ha un contenzioso con l’azienda per le mancate royalties da parte dell’azienda, con circa 21 milioni di crediti che ballano. Soldi con cui Bosco (acerrimo nemico dei Leonardi come emerge anche dalle carte giudiziarie, il sindaco accusa il Pd di posizioni troppo accomodanti nel passato) conta di far uscire Lentini dal dissesto finanziario.

Ma gli oppositori gli danno addosso. Il bilancio stabilmente riequilibrato, approvato in campagna elettorale, è «soltanto un foglio di carta» perché  fondato su quei soldi della Sicula. Lo spettro della “Munnizzopoli”, comunque, resta un tema centrale. Soprattutto quando si discute della richiesta di ampliamento della discarica, da 4,5 a 9 milioni di metri cubi, avanzata dai Leonardi e ora sostenuta dai manager giudiziari. Uno scontato coro di no, da parte di tutti i sei candidati, ma con la musumeciana Reale messa alle strette su un iter che comunque alla Regione resta aperto.

I rifiuti (con la differenziata al 60%, un’isola ecologica da migliorare e immondizia nelle strade di periferia) sono il tema-clou. Assieme all’acqua. Che arriva quasi ovunque col contagocce da una condotta-colabrodo e nel quartiere Fieramosca la vedono col binocolo. E poi, ormai in secondo piano, la fuga dagli agrumeti che erano il perno dell’economia locale. Se ne parla, ma con rassegnato distacco. E soprattutto senza che nessuno riesca a indicare un’alternativa che non sia una paginetta di banale programma elettorale. Lentini non può più cullarsi sul glorioso passato, ma ha bisogno di una metamorfosi. Eppure in questi giorni di sfida serrata non c’è uno spunto, nemmeno una suggestione. Qualcosa che dia anche un vago senso di una visione di futuro. 

Twitter: @MarioBarresi  

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