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L'INTERVISTA

Cateno De Luca: «Vi spiego perché alle Regionali vincerò io. E per le Politiche ho rifiutato l’intesa con Renzi»

L'ex sindaco di Messina: «Nell’election day si voterà per me a Palermo e a Roma. Mi manca solo il Trentino, poi è tutto coperto»

Di Mario Barresi |

Dicono che ora, con l’election day, lei – Cateno De Luca – sia spacciato.

«Dicono delle emerite stronzate. Sì, ci hanno provato a mettermi all’angolo. Ma io ho trasformato una difficoltà in una spinta in più. Altro che spacciato: dopodomani (domani per chi legge, ndr) presenterò tutti i candidati alle Politiche nella lista “Cateno De Luca Sindaco d’Italia”. Nell’election day si voterà per Cateno a Palermo e a Roma. Mi manca solo il Trentino, poi è tutto coperto. Quasi conclusa la raccolta di firme, grazie al mio metodo del carciofo».

E cioè? Cos’è questo carciofo?

«Una specie di “service” di realtà locali: dagli autonomisti di tutto il Sud, con cui ero in contatto all’epoca dell’Mpa, alla rete di liste civiche locali da Roma in su. Tutti mobilitati: firme e candidati».

Una battaglia di testimonianza…

«Una battaglia di orgoglio e di dignità contro la mala politica. E per prendere seggi. Al Senato, soprattutto, dove il quorum è il 3% nazionale o in alternativa il 20% regionale. Io sarò capolista al Senato in Sicilia orientale e sfiderò Pogliese nel collegio  di Catania. Se poi c’è Razza è meglio ancora, quanto mi divertirò… E penso che negli uninominali di Messina, dove schiero gli assessori Gallo e Musolino, non sarà facile batterci».

Altri nomi delle liste nazionali?

«Le do due cicche catanesi: l’ex assessore di Pogliese, Balsamo, e Canzoniere, ex sindaco di Grammichele, il paese di Lombardo. Nel Palermitano il bagherese Gargano, subentrato a Savona,  e Geraci, sindaco di Cerda».

Ma non ci sarà Jeeg Robot. Con Dino Giarrusso è stata poco più di una sveltina.

«Lui legittimamente ambiva a un ruolo nazionale nel nostro movimento. E le elezioni anticipate hanno creato frenesia: o si scende nell’arena o si cerca un seggio blindato. Io sono un toro d’arena».

Ha rifiutato, parole sue sui social,  una «bella mela del peccato col fiocchetto rosso». Che mela? E da chi?

«Glielo dico, ma non lo scriva».

Promesso…

«Da Renzi. L’ho visto qualche giorno fa  a Roma, quasi due ore di piacevole colloquio: è uno sveglissimo.  Mi ha proposto un accordo nazionale: secondo i suoi dati, solo dalla Sicilia poteva avere l’equivalente dell’1,5% nazionale dal nostro movimento, decisivo per il quorum. Avremmo avuto pure noi il diritto di tribuna: un paio di seggi sicuri. Avevo l’acquolina in bocca, ma ho detto no. Noi restiamo anti-sistema, andiamo avanti. Non rinnego ciò che abbiamo costruito».

Va da sé, che è più che mai in corsa da governatore.

«Io sarò il prossimo presidente della Regione. Non solo perché percepisco nelle piazze, ogni giorno, un consenso che si moltiplica a ritmo vertiginoso. Ma anche perché tutti gli avversari sono i miei migliori alleati».

In che senso?

«Vengo e mi spiego. Se il centrodestra conferma Musumeci è una pacchia: stravinco. Ma qualsiasi altro candidato, lanciato sotto ferragosto e tutto da costruire, è perdente in una campagna elettorale lampo di un mese. Sono in cul-de-sac. Come il centrosinistra: il M5S romperà l’alleanza col Pd, appena mollato pure da Calenda. E la Chinnici, che mi fa pure tenerezza, mischinedda, avrà l’alibi per ritirarsi. E anche lì, dove li trovano i candidati sotto l’ombrellone? Praticamente ho già vinto…».

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