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Centrodestra, composto il puzzle dei candidati alle Politiche: Lombardo “ospite” di FdI

Nomi e incastri fra uninominali e listini. Rebus Musumeci: voci sovraniste, lo danno come capolista al Senato

Di Mario Barresi |

Molti tasselli sono stati già stati sistemati al loro posto. Ne mancano alcuni, i più frastagliati, ma c’è ancora tempo. Gli ultimi giorni di fuoco. Per incastrare ambizioni romane e doppi forni palermitani, per battere i piedi e minacciare strappi, per “sbianchettare” il nome del nemico in ossequio alle ipocrite (per chi le deve applicare) quote rosa e per impedire l’atterraggio ai paracadutati delle segreterie nazionali.

Ma il grosso ormai è fatto. Il puzzle delle candidature siciliane alle Politiche è in gran parte composto. Anche nel centrodestra. Che ha diligentemente trovato, in un accordo nazionale (e meno male: coi vertici regionali saremmo ancora alla fase di “petting” della trattativa) , la formula per spartirsi i 18 collegi uninominali. Con questa proporzione: 9 a Fratelli d’Italia, 5 a Forza Italia, 3 alla Lega e uno a Noi per l’Italia, cucito su misura per l’ex ministro Saverio Romano. Tocca ora ai partiti mettere dei nomi su quelle bandierine. Nella coalizione c’è la diffusa convinzione di conquistarli tutti, 12 alla Camera e 6 al Senato, ripetendo il “cappotto” del 2001. Ma c’è chi frena: «Anche nel 2018 dovevamo stravincere. Sappiamo com’è finita…». E poi ognuno, in casa propria, sta discutendo su chi piazzare in cima ai listini per il proporzionale: posti (quasi) tutti con vista sul Parlamento.

Lombardo ospite di Meloni

In teoria è FdI l’autobus per Roma con più posti a sedere. Appena tre le uscenti: le due deputate riconfermate, la palermitana Carolina Varchi e la messinese Ella Bucalo, e la senatrice etnea Tiziana Drago. A fronte di un potenziale, sondaggi alla mano, di almeno 16-17 posti su cui contare. I 9 dell’accordo nazionale sugli uninominali (alla Camera i collegi “Palermo (Resuttana-San Lorenzo)-Monreale”, “Bagheria”, “Gela”, “Agrigento”, “Acireale” e “Siracusa”; al Senato “Catania”, “Siracusa” e “Messina”), più il capolista eletto nei 7 plurinominali con le liste blindate (5 deputati e 2 senatori), con la possibilità che in caso di exploit elettorale scatti, con i resti, almeno un secondo seggio a Palazzo Madama.

Eppure Ignazio La Russa, anche stavolta tenutario del mazzo di carte, dovrà fare delle scelte. Su cui l’ultima parola, assicurano nel partito, spetta però a Giorgia Meloni. La prima decisione non riguarda un esponente della destra patriota. Ma Raffaele Lombardo. Il posto che la coalizione ha garantito al patron autonomista (per lui stesso medesimo, forse al Senato), secondo una postilla dell’accordo nazionale è in quota FdI. «Ha idee chiare, è molto determinata. Da prima forza del centrodestra ha tutto l’interesse a ritrovare la compattezza», l’ultimo giudizio pubblico espresso dall’ex governatore su Meloni, con cui nel 2019 sfumò un accordo elettorale alle Europee. Lombardo “ospite” di FdI, dunque. «Per questo negli ultimi tempi era diventato un fan del Musumeci-bis…», maligna un alleato che la sa lunga.

A proposito: sempre più diffuse le indiscrezioni su Nello Musumeci capolista di FdI al proporzionale del Senato in Sicilia orientale. «Lui ha detto a Giorgia che semmai farebbe il ministro del Sud e comunque non ha mai chiesto un seggio», rivendicano dal Pizzo Magico. Ma, come si dice anche a Militello, il contante è contante. E il presidente uscente, in attesa di un incarico governativo, potrebbe avere uno scranno senatoriale. Riducendo, ma non azzerando, le chance da deputato del fedelissimo Ruggero Razza.

Gli spazi si restringono. Anche perché fra i meloniani di Sicilia sono in molti ad aspirare al grande salto, al netto delle candidature “straniere” (almeno due) che Via della Scrofa ha già preannunciato. In lizza, fra i più garantiti, i due coordinatori regionali, Salvo Pogliese e Giampiero Cannella e l’assessore regionale al Turismo Manlio Messina (un pensierino lo fa pure il predecessore Sandro Pappalardo), ma anche l’eurodeputato Peppe Milazzo vorrebbe essere della partita. Poi le cosiddette «istanze dei territori»: dal capogruppo consiliare a Palermo, Francesco Scarpinato, all’ex deputato acese Basilio Catanoso alla deputata Ars Elvira Amata  passando per dirigenti radicati come Raoul Russo (Palermo), Lillo Pisano (Agrigento) e Ciccio Rizzo (Messina), fino ai giovani rampanti come l’ex sindaco di Avola, Luca Cannata (comunque candidato all’Ars dopo il passaggio di fascia tricolore alla sorella Rossana) e il mancato sindaco di Vittoria, Salvo Sallemi. Insomma, la Meloni-mania avrà pure moltiplicato le poltrone, ma qualcuno resterà in piedi.

Il “foglietto” di Miccichè

In Forza Italia, invece, la questione viene affrontata con il solito, consolidato, metodo: il “foglietto” di Gianfranco Miccichè. In cima alla lista c’è proprio il nome del viceré berlusconiano: pur candidandosi anche all’Ars, «perché almeno una decina di migliaia di amici che mi vogliono bene li ho e non sono voti d’apparato», Miccichè sarà capolista nel proporzionale occidentale al Senato. Prendendo di fatto il posto di Renato Schifani, in corsa da aspirante presidente della Regione. L’altra testa di serie per Palazzo Madama, a est, sarà Stefania Prestigiacomo: per l’ex ministra siracusana, che Silvio Berlusconi avrebbe voluto candidata governatrice, sembra arrivato il momento del trasloco da Montecitorio, sua seconda casa ormai dal 1994. Per il resto, Miccichè si cura in salute: ieri in un vertice all’Ars (presente anche Schifani)  ha messo sul tavolo tutti i nomi dei candidati nel suo elenco («Così non vengono a cercarmi seggi sotto casa»), tranne un paio che tiene coperti. Di certo ci saranno le altre tre uscenti: Matlide Siracusano (a Messina), Gabriella Giammanco (uninominale “Bagheria”) Palermo) e Urania Papatheu (uninominale “Gela” al Senato). E poi altri due fedelissimi del leader: il capogruppo all’Ars Tommaso Calderone (proporzionale “Barcellona”, in lizza pure alle Regionali), il deputato Riccardo Gallo (uninominale Camera “Agrigento”) e il presidente del consiglio comunale di Palermo, Giulio Tantillo, destinato all’altro uninominale cittadino. E ieri si scongela anche la situazione di Marco Falcone. L’assessore, dopo un chiarimento con Miccichè (a sua volta ben predisposto da un colloquio con Schifani), dovrebbe avere il via libera da capolista al proporzionali di Catania. Falcone resta in corsa all’Ars, con l’innegabile effetto di ravvivare la lista. 

I posti ci sono, ma non abbastanza. Forza Italia, in base all’intesa nazionale, può contare su 5 uninominali: 4 alla Camera (“Palermo (Settecannoli)-Ustica”, “Marsala”, “Barcellona Pozzo di Gotto” e “Messina”) e quello di “Gela” al Senato. Ai quali bisogna aggiungere una forbice fra 5 e 7 plurinominali, legata ai risultati del partito nella quota proporzionale. Per questo Miccichè, riprotette le uscenti e piazzato se stesso, deve difendere il suo “foglietto” dal pennarello in favore dei paracadutati da Roma. S’è parlato di «due nomi in quota Licia Ronzulli», ma alla fine la questione potrebbe risolversi con il ritorno a casa, da candidato, del sottosegretario Giorgio Mulè, di origini nissene con frequentazioni mazaresi e palermitane prima di diventare un giornalista di caratura nazionale. Smentite, almeno finora, le voci sull’ospitalità a un candidato dell’Udc l’assessore regionale Mimmo Turano nell’uninominale trapanese. 

Il dilemma dei salviniani

Nella Lega, nonostante le belle foto del segretario regionale al “Jova Beach Party” con la famiglia all’antivigilia di ferragosto, sembrano lontani i tempi pre-Papeete. Matteo Salvini soffre il sorpasso di FdI, che nel ruolo di pigliatutto non lascia nemmeno le briciole agli alleati. Nino Minardo, dopo aver affrontato la trattativa sulle Regionali in simbiosi con il Capitano, continua a tenere il punto. M, incassata la distensione dei rapporti con Luca Sammartino (nominato da Via Bellerio «responsabile federale della campagna elettorale per le elezioni politiche della regione»), grazie anche a una recente cena etnea, il “cioccolataio magico” di Modica è chiamato a una difficile prova. Far quadrare i conti fra i posti (pochi) e gli aspiranti (molti). Tanto più che la Lega è il partito più penalizzato dall’“algoritmo Calderoli” applicato sulla spartizione dei collegi in Sicilia: appena 3 gli uninominali assegnati dal tavolo nazionale. E poi, per studi e sondaggi, è improbabile che il Carroccio conquisti il seggio in proprio tutti i 7 plurinominali. Minardo punta sul nuovo brand “Prima l’Italia” e sull’effetto-trascinamento dell’election day, con «liste fortissime» per l’Ars.

La questione della scelta di chi-corre-dove, però, si pone lo stesso. Non per Minardo, che giocherà in casa all’uninominale “Ragusa” per restare alla Camera, magari stavolta con un ruolo nell’eventuale governo di centrodestra. L’altro collegio sicuro, sempre per Montecitorio, è “Catania”: lì dovrebbe misurarsi la senatrice ex renziana Valeria Sudano. L’ultima certezza è “Palermo” al Senato, destinato all'altro uscente Francesco Scoma. Ma resta fuori l'altro deputato in carica, il nissemo Alessandro Pagano, che qualcuno vorrebbe fosse piazzato nel capoluogo al posto di Scoma il quale ovviamente difende lo scranno nella sua città. A Palermo, comunque, pullulano le ambizioni: fra l’assessore regionale Alberto Samonà, i deputati all’Ars Vincenzo Figuccia e Marianna Caronia e il buon vecchio Pippo Fallica, ci sarebbe soltanto l’imbarazzo della scelta. E quindi Pagano, autorevole “riserva” della Lega per Palazzo d’Orléans, potrebbe finire capolista al proporzionale. Destino condiviso con l’altro inquilino di Montecitorio, il messinese Nino Germanà, che sarà in corsa anche per Sala d’Ercole. Il punto è che i seggi al proporzionale scatteranno, ma non si sa dove. Una lotteria anche per Fabio Cantarella, ex assessore a Catania e salviniano della prima ora, al quale il leader nazionale in persona ha garantito un seggio a Roma, anche dopo la doppia delusione della mancata nomina ad assessore regionale, già data per fatta, e del passo indietro sulla candidatura alle Europee. All’ombra dell’Etna c’è da tenere conto anche delle aspettative di Anastasio Carrà, vicesegretario regionale e sindaco di Motta Sant’Anastasia, comunque candidato anche all’Ars.  E poi c’è soprattutto Matteo Francilia, giovane sindaco di Furci, che gode della stima del Capitano: potrebbe essere un volto nuovo per Montecitorio. Non lo sarà, nonostante la stima dei vertici del partito, Annalisa Tardino. L’eurodeputata ha sondato l’ipotesi di traslocare da Bruxelles a Roma. Ma c’è un piccolo problema: dopo di lei, il primo dei non eletti al Parlamento Ue nella circoscrizione Isole è Igor Gelarda. Che nel frattempo ha lasciato la Lega entrando nell’esercito di “Scateno”. Ma questa è un’altra storia.

Twitter: @MarioBarresi  

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