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il vertice a montecitorio

Centrodestra, Meloni la spunta: “Chi ha più voti indicherà il premier”

L'incontro tra Berlusconi, Salvini e la leader di FdI. Non si affronta il tema delle amministrative in Sicilia e del bis di Musumeci

Di Redazione |

 La regola del 2018 è salva: il partito che prenderà più voti nel centrodestra il 25 settembre, avrà la 'prelazione' sul nome del prossimo premier. Ed è salva la linea di Giorgia Meloni che incassa l’ok degli alleati riuniti per oltre tre ore a Montecitorio. Le regole non si cambiano in corsa, martella da mesi la leader romana e oggi nel primo vertice pre-elettorale con Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, ne strappa la conferma. E’ lei, dunque, a segnare il primo punto sulla premiership. E l’ok spiana la strada al suo partito, visto il buon vento che arriva dai sondaggi.  E si chiude anche la partita dei 221 collegi uninominali. L’intesa sul criterio della loro distribuzione si baserà sulla selezione dei candidati più competitivi in base al consenso attribuito ai partiti. In sostanza: 98 seggi a Fdi, 70 alla Lega, 42 a Forza Italia, compreso l’Udc, e 11 a Noi con l’Italia più Coraggio Italia.  Per la Lega i sentimenti prevalenti sono «soddisfazione e ottimismo», fanno sapere a fine incontro. 

 Così a due mesi dal voto, vissuto come l’occasione d’oro per tornare a Palazzo Chigi, il centrodestra apparentemente si ricompatta proprio sul nodo della leadership. O almeno nessuno alza le barricate contro la rivale più temuta. Anzi, è Salvini che annuncia l’accordo a riunione ancora in corso: «Decidono gli italiani: chi prende un voto in più, indica chi governerà l'Italia nei prossimi cinque anni», rimarca intervistato dal Tg5. E rivendica sorridente: «La squadra è compatta». Eppure qualcuno non si fida del tutto: il clima «ottimo» che si respira alla Camera nasconde il tentativo di prender tempo, è la versione più maliziosa. 

 A un piano di distanza dal Pd di Enrico Letta che accorre numeroso a Montecitorio per la presentazione del libro di Cuperlo, la 'triplice alleanza' si vede nella sala Salvadori della Lega. E per la prima volta fuori dalle ville del Cavaliere (e in versione allargata anche a Udc, Noi con l’Italia e Coraggio Italia), prova a superare le ruggini del voto sul Quirinale. Lo fa Berlusconi che torna nel Palazzo con aria concentrata e molto seria. Mano nella mano con la compagna Marta Fascina, 'scortato' dal vice Antonio Tajani e dalla fedelissima, la senatrice Licia Ronzulli, saluta i commessi ed entra nella sala. L’ultima volta era il 9 febbraio di un anno fa per le consultazioni di Mario Draghi e fu un mezzo show. Sia a favore di flash e telecamere che l’aspettavano fuori, sia per l'applauso di una trentina di azzurri, fra cui Stefania Prestigiacomo. Altri tempi soprattutto per il suo partito, che perde un’altra parlamentare. Con la deputata Rossella Sessa, le uscite salgono a 6 .

Aria distesa per Salvini che arriva in versione casual – scarpe da tennis e jeans – parlando al telefono. Per la Lega ci sono anche il ministro Giorgetti, mentre FdI conta solo il colonnello Ignazio La Russa, accanto alla presidente. Si attendono i ritardatari e nel frattempo parte un giro di caffè.   Si discute ma non c'è aria bellicosa. Si ribadisce in tutto la regola che fu applicata per le politiche del 2018: ogni lista della coalizione correrà da sola con il proprio simbolo e al migliore, per numero di consensi, l’onore di indicare il successore di Draghi, se così sarà. Gli alleati prendono anche l'impegno di aprire un tavolo sul programma elettorale e per presentarsi con una lista unica per le circoscrizioni all’estero. Sul tavolo non si affronta il tema delle amministrative nel Lazio e soprattutto in Sicilia (per il bis di Nello Musumeci, su cui insiste Meloni) e in Lombardia dove ormai è quasi scontro aperto tra Attilio Fontana e Letizia Moratti).   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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