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Dalla Cassazione il via libera ai sei referendum sulla giustizia

Non serve depositare le firme perché la richiesta è arrivata da un numero sufficiente di Regioni. La palla passa ora alla Corte Costituzionale

Di Redazione |

La Suprema Corte ha accolto la richiesta a suffragio delle consultazioni popolari avanzata dai consigli regionali di Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Umbria, Veneto, tutte governate dal centrodestra, con una decisione che di fatto fatto rende ininfluente il deposito delle firme certificate: tra fisiche ed elettroniche secondo la Lega ne sarebbero state presentate oltre 4,2 milioni. Firme stipate in ben 368 scatoloni che hanno riempito tre furgoni, ma anche in sei hard disk che contengono le firme digitali e i certificati elettorali, e che, dunque, non è stato necessario presentare oggi alla cancelleria di Piazza Cavour: sarebbe bastata la richiesta di referendum di soli cinque Consigli regionali. La palla passa ora alla Corte costituzionale.   Tra le sottoscrizioni per i referendum, quelle di tutti i ministri e i governatori della Lega, ma il Carroccio ricorda che un appoggio è stato ribadito da Silvio Berlusconi e da Giorgia Meloni (pur con qualche distinguo su un paio di quesiti), ed hanno aderito anche i centristi dell’Udc, con Lorenzo Cesa e Antonio de Poli, e il leader di Italia Viva Matteo Renzi.   In particolare, i referendum riguardano la riforma del Csm, la responsabilità diretta dei magistrati, l’equa valutazione dei magistrati, la separazione delle carriere, i limiti agli abusi della custodia cautelare, l’abolizione del decreto Severino.   «La Cassazione ha dato il via libera ai referendum. Finalmente gli italiani avranno l’opportunità di cambiare la Giustizia!», esulta Matteo Salvini, cui l’esperienza «positiva" vissuta nel percorso referendario tra Lega e Radicali, "piacerebbe che fosse l’inizio di un percorso, nel rispetto della differenze». Positiva la reazione di Forza Italia. Anna Maria Bernini ritiene l’ok ai sei referendum «il primo, importante passo, in attesa della Consulta, per far pronunciare i cittadini su una questione cruciale e da tempo irrisolta: riportare il nostro sistema giudiziario nell’alveo garantista previsto dalla Costituzione dopo trent'anni di gogne giacobine». Secondo Matilde Siracusano la consultazione popolare «sarà l'occasione per rivoluzionare un sistema che in questi ultimi decenni ha troppe volte mostrato limiti e contraddizioni». 

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