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G20, il “reality” post Covid nel deserto dei ragazzi fuori. “Nessuno resterà indietro”

I buoni propositi dei ministri di Istruzione e Lavoro. E i dati di una Sicilia maglia nera per dispersione , trasporti pubblici e asili nido

Di Mario Barresi |

«Wow! It’s wonderful», ulula, accecato dalla luce che rimbalza sulla maestosità tardo barocca, quel signore che ha tutte le sembianze del ministro della scuola giapponese, entrando al Monastero dei Benedettini. E questa bellezza – di un luogo, di un centro storico, di una città che nelle grandi occasioni sa buttaneggiare come nessun’altra, ha ammaliato centinaia di delegati – non fa altro che aumentare la sensazione di trovarci dentro un evento virtuale. Ma non soltanto perché, come tutti i grandi eventi che si rispettino, questo G20 dell’Istruzione e del Lavoro si svolge in un’atmosfera ovattata, ancor più “alla giusta distanza” per le nuove incombenze del Covid. Tanto distanti che quasi non serve più essere sul posto a raccontare quello che succede.

Il punto è un altro. I 20 Grandi del mondo si confrontano su temi importanti e su argomenti delicatissimi per il futuro della generazione dei sopravvissuti e dei sopravviventi alla pandemia. «Quale è stato l’impatto dell’emergenza sanitaria sui sistemi d’istruzione? Quale sarà  il futuro della scuola e, soprattutto, terrà conto delle esperienze maturate nei mesi della pandemia? Sarà possibile strutturare percorsi più agevoli di transizione dalla scuola al mondo del lavoro?», sono le domande che campeggiano nella cartella stampa virtuale. Le risposte – ieri sulla scuola, oggi toccherà al lavoro – sono racchiuse nei risultati di gruppi di lavoro e sherpa assortiti, fra dossier e slide. E quando si legge di «orme di didattica blended che hanno consentito di coniugare la didattica in presenza con quella a distanza» viene quasi da sorridere.

Perché basta uscire da questo reality globalizzato, in un qualsiasi giorno per rendersi conto che – come segnalato dal presidente Tribunale etneo dei minori sul nostro giornale – questa meraviglia è aggrovigliata a una maledizione che rende Catania la città con il tasso di dispersione fra i più alti d’Europa: nelle 80 scuole di Librino, San Cristoforo e San Giovanni Galermo un ragazzo su quattro diserta i banchi e se gli va bene diventa un soldatino dell’esercito degli occupati iin nero, altrimenti comincia l’alternanza spaccio-lavoro per la mafia. Vagliela a spiegare la «didattica blended»  o magari la «policy multidimensionale» espressa dai ministri in materia di transizione scuola-lavoro, a cchi, soprattutto durante il lockdown, è stato ancor più emarginato e marginalizzato.

E poi, oltrepassando il corteo dei NoG20, che urlano contro «le politiche estrattive ai danni delle generazioni future», basta fare un giro nell’Isola dei silenziosi. E coraggiosi, se è vero che già prima del coronavirus il tasso di dispersione era del 22,4% (10 punti in più della media nazionale); se l’84% degli istituti non sono raggiungibili con mezzi pubblici; se il 16,5% degli edifici scolastici statali sono classificati come vetusti; se negli asili nido trovano posto 10 bambini ogni 100. Il report della Fondazione Sicilia, realizzato da Openpolis e da Con i bambini, è una secchiata d’acqua gelida, nei vialetti polverosi e infuocati dei Benedettini, già scena di alcuni delitti dell’inchiesta “Università Bandita”, adesso splendida location per il summit mondiale.   E allora che si fa? Da dove si riparte? Magari ascoltando chi sta in trincea. Ai ministri ospiti, in un breve colloquio privato, Salvo Pogliese consegna il suo punto di vista. «È indispensabile che nel nostro Paese si avvii al più presto una seria riflessione sulla misura di assistenza del reddito di cittadinanza, che, come d’altronde era prevedibile, ha fallito ogni obiettivo di promuovere l’occupazione», sintetizza il sindaco con La Sicilia, pensando a «misure per piccole e medie imprese innovative giovanili».

Belle idee, buoni propositi. Nella dichiarazione finale si sottolinea «l’importanza di mettere l’istruzione al centro dell’agenda politica internazionale, come risposta strategica alla crisi globale generata dall’emergenza sanitaria e di avviare iniziative per garantire un’istruzione inclusiva per tutte e tutti, promuovendo la parità di genere e contrastando ogni tipo di discriminazione». I ministri del G20, fra cui gli italiani  Patrizio Bianchi e Andrea Orlando, s’impegnano a «non lasciare indietro alcuno». E sul fronte della povertà educativa si prevede «l’adozione di misure di tipo preventivo», che «affrontino alla radice il problema dell’esclusione, interventi mirati rivolti ai bisogni degli studenti e azioni compensative, come l’offerta di differenti opportunità a coloro che hanno lasciato la scuola o hanno subito significative perdite di apprendimento».

Resta un retrogusto di “vorrei, ma non posso” al termine del primo giorno di vertice. Catania, almeno, si gode un piccolo G20 del turismo: l’invasione (contestata) di migliaia di turisti per caso, fra delegati, giornalisti, forze dell’ordine e annessi e connessi, con un sostanzioso ritorno in termini di immagine. Un evento che, è bene ricordarlo, fu concepito sotto il Vulcano dall’ex ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo. Sarebbe stata lei la madrina, assieme all’altra siciliana Lucia Azzolina, se non fossero state entrambe sacrificate, seppur per motivi diversi, sull’altare della realpolitik grillina.

 E oggi si ricomincia. Dal lavoro. Un altro oggetto sconosciuto, un altro fantasma, nella terra della disperazione e dei sussidiati. Un altro reality, a pensarci bene, nella suggestiva cornice – come si dice in questi casi – dei Benedettini. Twitter: @MarioBarresi       COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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