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IL PUNTO

I parlamentari temono la fine della legislatura, tra i partiti cresce voglia di stabilità

Stavolta c'è qualcosa di più che la semplice voglia di conservare il seggio: c'è anche la volontà degli schiraementi di non farsi del male

Di Marcello Campo  |

«Oggi siamo a quasi 80mila casi e 202 morti, ieri eravano a 30 mila e 142 vittime: con questi numeri come si fa a cambiare governo? Figuriamoci poi fare una campagna elettorale….».E' il refrain che si sente nei vari capannelli del Transatlantico, commentando a caldo i i dati molto pesanti sui contagio di oggi. «E poi se hai Maradona in campo, mica gli chiedi di fare l’arbitro», suggerisce qualcuno, con un pizzico di malizia, alludendo a Mario Draghi. 

Insomma, mentre l’Aula discute la manovra, tra i parlamentari di emerge sempre più forte la voglia di stabilità, del mantenimento dello status quo, con Mario Draghi a Palazzo Chigi e Sergio Mattarella rieletto al Quirinale. Ma chi rilancia il bis del Presidente, al contempo ricorda che esiste un ostacolo tutto da superare: Mattarella vivrebbe questa soluzione come una «violenza», tuttavia sopportabile solo a patto che fosse votato da tutti, come accadde con Giorgio Napolitano. Ma, al momento, pare che questa unanimità non ci sia per un probabile no di Fratelli d’Italia. 

Ovviamente sono solo suggestioni, ipotesi, congetture: da qui a gennaio, quando si farà sul serio, ancora molta acqua deve passare sotto i ponti. Tuttavia, la nuova ondata del virus, oggi mai così tanti contagi dall’inizio della pandemia, sembra difficile che non avrà alcun peso. Il picco del contagio potrebbe arrivare proprio nei giorni in cui i grandi elettori si riuniranno per la prima seduta comune a Montecitorio e chissà quanti di loro non potranno prendere parte al voto perchè positivi. 

E’ arcinota la grande attenzione con cui gli eletti puntino a salvare la legislatura, ma stavolta c'è qualcosa di più che la semplice voglia di conservare il seggio: c'è anche la volontà dei partiti di non farsi del male. La parola d’ordine di chi lavora a portare avanti i contatti per il Colle è «ridurre il danno». I numeri in Parlamento fanno capire che, quando basterà la maggioranza semplice, ad avere il pallino sarà il centrodestra. Per quel periodo bisognerà vedere se la candidatura di Silvio Berlusconi sarà ancora in piedi. In caso contrario, il centrodestra potrebbe proporre diversi nomi, Elisabetta Casellati, Marcello Pera, Franco Frattini. Ma c''è chi assicura che Berlusconi ci creda veramente. E che, nel caso capisse di essere stato mollato dagli alleati, potrebbe fare una controproposta, quella di Giuliano Amato, magari indigesta a Lega e FdI, ma probabilmente gradita all’asse giallorosso. Una sorte di «muoia Sansone con tutti i filistei» che metterebbe in crisi il centrodestra ma consegnerebbe al Cavaliere il ruolo storico di king-maker, insomma, dal suo punto di vista, un successo assoluto. 

Nel centrosinistra la prudenza è massima: la dem Alessia Rotta punzecchia Matteo Renzi: «Dovrà decidere presto se guardare al centrodestra o dialogare anche con il centrosinistra», attacca. L’ex premier nega di voler essere l'ago della bilancia: «Saremo impegnati per garantire un quadro istituzionale utile all’Italia, non a inseguire interessi di bottega», assicura nella sua e-news. 

Al lavoro anche Giuseppe Conte, leader del partito che ha il gruppo più ampio in Parlamento: alla terza riunione convocata con i big del partito emerge la volontà di votare una personalità di alto valore morale anche se dovesse essere un nome indicato dal centrodestra: unica eccezione per Silvio Berlusconi per il quale lo stesso Conte, a nome di tutto il M5s, ha più volte espresso la sua contrarietà. Cresce la preferenza per una candidatura al femminile. «Avrei gran piacere di avere una Presidente donna e credo che l’Italia sia finalmente matura per questa rivoluzione», sottolinea all’Ansa la vicepresidente vicaria del M5s, e vicepresidente del Senato, Paola Taverna.  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA