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L’ultimo discorso di Mattarella: “Grazie italiani, non mi sono mai sentito solo”

Il presidente ringrazia i cittadini che hanno fatto i vaccini. "Sprecarli è un'offesa a chi non li ha".  L'augurio per il futuro: "Nutro fiducia. L’Italia crescerà»

Di Redazione |

«Credo che ciascun Presidente della Repubblica, all’atto della sua elezione, avverta due esigenze di fondo: spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell’interesse generale, del bene comune come bene di tutti e di ciascuno. E poi salvaguardare ruolo, poteri e prerogative dell’istituzione che riceve dal suo predecessore e che – esercitandoli pienamente fino all’ultimo giorno del suo mandato – deve trasmettere integri al suo successore». E’ tutto in questa frase il lascito di Sergio Mattarella nell’ultimo discorso agli italiani nel quale conferma che «tra pochi giorni" si esaurirà il suo compito al Quirinale, «come vuole la Costituzione». Un compito impegnativo ed emozionante, lungo sette anni nei quali, ha sottolineato: «Non mi sono mai sentito solo».

Un discorso breve e senza troppi altri messaggi alla politica, con la dichiarata intenzione «di uscire in punta di piedi», spiegano al Colle, anche per non lasciare un bagaglio troppo pesante al suo successore. Un intervento di circa 15 minuti, in piedi dallo studio alla Palazzina del Quirinale, con tanti passaggi dedicati ai giovani. Parole che trasmettono fiducia nel futuro – «sono certo l’Italia ce la farà» – e con le quali non ha nascosto i tanti problemi ancora da affrontare. Il presidente ha più volte ringraziato gli italiani per la serietà dimostrata nella pandemia, sembrando a tratti commosso nel congedarsi dai cittadini che piano piano hanno imparato ad apprezzarne proprio la discrezione e l’etica di fondo. Una discrezione che non gli ha impedito, neanche questa sera, di ribadire la sua fiducia nella scienza e la dura condanna – pur senza mai citarli – degli atteggiamenti no-vax che ha definito «offensivi» nello sprecare i vaccini rispetto ai troppi lutti del Paese. Ma l’interesse generale era per forza di cose concentrato sulle dinamiche politiche che preparano la complessa corsa all’elezione del suo successore.

Sergio Mattarella ha forse deluso molti con un discorso asciutto, nelle pieghe del quale si è solamente limitato a ricordare che tra circa un mese il suo compito sarà finito. Ma ha disegnato una cornice istituzionale e valoriale di cosa debba essere un presidente della Repubblica e, soprattutto, di cosa non debba essere o fare. In primis si deve "spogliare» del suo passato, o meglio della sua «appartenenza», ha spiegato il capo dello Stato riferendosi con chiarezza all’inevitabile provenienza politica di ogni presidente. Questo perché, ha sottolineato poco meno di un mese dalla riunione dei Grandi elettori, «la Costituzione affida al Capo dello Stato il compito di rappresentare l’unità nazionale. Questo compito – che ho cercato di assolvere con impegno – è stato facilitato dalla coscienza del legame, essenziale in democrazia, che esiste tra istituzioni e società; e che la nostra Costituzione disegna in modo così puntuale. Questo legame va continuamente rinsaldato dall’azione responsabile, dalla lealtà di chi si trova a svolgere pro-tempore un incarico pubblico, a tutti i livelli. Ma non potrebbe resistere senza il sostegno proveniente dai cittadini». Serve infatti «lealtà e responsabilità» per chiunque svolga un ruolo pubblico che, ha sottolineato Mattarella, è sempre pro-tempore.

Sono stati sette anni «impegnativi» ma il bilancio del presidente è positivo rispetto alle difficoltà dei tempi: non ha mancato di ringraziare i capi dei cinque governi che ha formato, cioè Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, le due volte di Giuseppe Conte e naturalmente Mario Draghi che hanno evitato il peggio. Perché non c'è dubbio che la stabilità politica sia un balsamo per l’Italia: «La governabilità che le istituzioni hanno contribuito a realizzare ha permesso al Paese, soprattutto in alcuni passaggi particolarmente difficili e impegnativi, di evitare pericolosi salti nel buio».

Fin qui la politica, ma anche i cittadini non devono rilassarsi: «guardiamo avanti, sapendo che il destino dell’Italia dipende anche da ciascuno di noi. Tante volte abbiamo parlato di una nuova stagione dei doveri. Tante volte abbiamo sottolineato che dalle difficoltà si esce soltanto se ognuno accetta di fare fino in fondo la parte propria». Infine, i giovani che rappresentano il futuro. Per loro il presidente ha citato e ha fatto sua una commovente lettera agli studenti del professor Pietro Carmina, una delle vittime del crollo di Ravanusa: «Usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha. Non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi. Infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non adattatevi, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa. Voi non siete il futuro, siete il presente. Vi prego: non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare».   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA