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Nel centrodestra siciliano il fronte “No-Nello” si rimette in moto: ecco a chi pensano per il “dopo di lui”

Aut aut di Miccichè nell’incontro col governatore «Caccia Razza e fai pace con De Luca, altrimenti per noi sei perdente»

Di Redazione |

Alla vigilia del plateale sgambetto all’Ars, Gianfranco Miccichè chiama Raffaele Lombardo. E gli pone una questione concreta. Di tempi, prima ancora che di modi: «Quando glielo notifichiamo a Musumeci che non sarà il candidato governatore del centrodestra?». E il leader autonomista, magari perché ormai temprato dalle lunghe attese (come i 12 anni per arrivare all’assoluzione nel processo per mafia), invita il presidente dell’Ars a non avere fretta. «Non è il momento giusto. Meglio dopo il voto sul Quirinale, adesso  è prematuro. Che senso avrebbe oggi?».

Nel centrodestra siciliano, dopo la “sfiducia” sul voto per i grandi elettori, il comitato dei “No-Nello” si rimette in moto. A patto che si sia mai fermato. In queste ore, con la crisi del governo regionale esplosa in tutta la sua drammaticità, fervono le telefonate, gli sms. E. magari in questo fine settimana, anche gli incontri. Più o meno segreti. «Adesso si comincia a fare sul serio», è l’orientamento che emerge da un fronte silenzioso ma compatto. Che, mentre Nello Musumeci prova a ricomporre i cocci di una maggioranza in frantumi, pensa già al “dopo di lui”. Alla Regione, s’intende.

Eppure Miccichè ha frenato sul piano diabolico di tagliare fuori il governatore dalla terna siciliana dei delegati per l’elezione del presidente della Repubblica. «Se non ci fossi stato io – si sfoga con chi lo chiama nel corso della giornata di ieri – l’avrebbero fottuto, sarebbe arrivato quarto. Ma purtroppo non riesce a imparare da gli errori che continua a ripetere».

L’argomento, a inizio settimana, il leader forzista l’ha affrontato proprio con l’interessato in un vertice a Palazzo d’Orléans. «Abbiamo parlato delle solite minchiate», minimizza con chi gli chiede l’oggetto della discussione. Eppure, da fonti qualificate, La Sicilia apprende che il faccia a faccia si sarebbe concluso con un paio di precise richieste. La prima: «Liberati di Razza, perché è l’origine di tutti i tuoi mali», in quanto «più della metà di chi ti ostacola non ce l’ha con te, ma lo fa per vendicarsi di lui»; segue approfondimento di alcuni fatti specifici sulla gestione del Covid e su faccende relative all’Ordine dei medici di Palermo.

La seconda richiesta è in prospettiva Regionale: «Cerca di fare pace con Cateno De Luca, perché con lui in campo la partita si complica». Risposte di Musumeci? Silenzio piccato, su entrambe le questioni. Da qui alla considerazione finale del viceré forzista di Sicilia il passo è breve: «Noi, le prossime elezioni, vogliamo rivincerle. Appoggeremo soltanto chi ci sembra vincente. E tu, in questo momento, non lo sei». Miccichè, in cuor suo, non ha ancora rinunciato all’ipotesi del fratello Gaetano, manager di prestigio, per Palazzo d’Orléans. «Io non ne parlo più. Lo farà, a tempo debito, chi di dovere», rivela con un ghigno agli amici.

L’“operazione San Gennaro” (voti M5S a Miccichè e del centrodestra al grillino  Nuccio Di Paola, col placet di Giancarlo Cancelleri) è ormai in archivio. E chi continua a dirsi certo che «Musumeci non sarà ricandidato» lavora di conseguenza. Incontri bilaterali, anche in queste ore, in attesa di un vertice allargato. E una convinzione diffusa: «A staccare la spina al governatore sarà l’asse Lega-Autonomisti». Con il ritrovato attivismo di Lombardo, che sogna sempre la discesa in campo del magistrato  Massimo Russo; a dire il vero, non rinuncia alla tentazione di guardare alla corsa di Caterina Chinnici nel centrosinistra, né a un caffè conoscitivo con Cancelleri.

Ma il protagonista della futura scena madre è  Matteo Salvini: sarà lui a dover mettere la pietra tombale, visto gli spetta un suo candidato governatore. Avrebbe giudicato «un grosso errore» l’azzeramento della giunta annunciata da Musumeci: nel Carroccio siciliano s’è pure posto il tema di non rientrare al governo in caso di rimpasto. In questo contesto è decisivo il ruolo di Nino Minardo, low profile dopo l’indicazione del Capitano come candidato ideale in Sicilia. Appianate alcune divergenze con Luca Sammartino, il segretario regionale della Lega parla con tutti. Con Lombardo, che ritiene da sempre «un punto di riferimento». Con Miccichè, suo mentore degli esordi forzisti, dopo aver smaltito le tossine di alcuni «insulti» alla Lega.

E anche con Raffaele Stancanelli, evocato ieri in giunta da Musumeci come «regista catanese» dell’imboscata all’Ars. L’eurodeputato di FdI non risponde alla telefonata del cronista. E, al successivo sms, taglia corto: «Io non esisto». Ma sono in molti a considerarlo il collante del gruppo. Oltre che l’unico a poter far riflettere Giorgia Meloni sull’ipotesi di accordo con «un candidato perdente». In contrasto coi sondaggi che circolano nel “Pizzo Magico”:   il governatore svetta su tutti. 

Il punto di caduta è trovare l’alternativa all’uscente non rientrante. «Ci sarà, anzi forse c’è già», sussurrano i No-Nello. Si vocifera di un ticket da sottoporre ai leader nazionali del centrodestra, ma anche di un’uscita allo scoperto. Magari subito dopo il definitivo naufragio delle trattative per il «governo politico dei migliori» a cui adesso è orientato l’azzeramento della giunta, proclamato e poi rinviato da Musumeci. «S’è messo da solo in un angolo. Non ne uscirà più». E dunque i tempi del rimpasto allungato coincidono con quelli della resa dei conti finale. «A febbraio, dopo il voto sul Quirinale». Previa «notifica» a Musumeci. Di una decisione che magari  è stata già assunta. O che lo sarà a breve.

Twitter: @MarioBarresi  

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