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Nostra intervista a Salvini: «La mia Lega riparte dal Sud. Voce alle imprese, spazio ai giovani e Ponte sullo Stretto»

Lunga chiacchierata con il leader del Carroccio: «Schifani più competitivo di Musumeci. Generosi con gli alleati, in Regione una squadra. A Catania un sindaco leghista? Grande orgoglio»

Di Mario Barresi |

Il traghetto delle 11 parte puntuale. A “scendere” non c’è fila. Il controesodo, semmai, è nel senso inverso. Matteo Salvini sale a bordo. Una lunga telefonata, poi una sosta al bar. Decine di selfie, come da prassi. C’è già un certo languorino, ma per il mitico arancino del “Caronte” è troppo presto. «Mi rifarò più tardi». Poi, con Scilla alle nostre spalle e Cariddi che si avvicina, una lunga chiacchierata. Su cose di casa nostra, ma non solo. In attesa di due giorni di tour elettorale nell’Isola.

Senatore Salvini, questo viaggio sullo Stretto a bordo del traghetto è magari suggestivo, persino romantico, ma  dà la misura dell’“isolitudine” della Sicilia. Lei, Meloni e Berlusconi state facendo a gara nel rassicurare che il Ponte sarà una delle priorità del governo del centrodestra. Perché questa dovrebbe essere la volta buona, dopo tante illusioni e prese in giro?

«Perché il 25 settembre vinceremo e si aprirà una nuova fase storica, dominata da un centrodestra che sarà a trazione leghista anche grazie alla classe dirigente siciliana. Inoltre, parliamo con la credibilità di chi ha dimostrato di passare dalle parole ai fatti: cito lo stop agli sbarchi, a Quota 100 e ora faremo Quota 41 per cancellare la legge Fornero una volta per tutte, alla legittima difesa e al codice rosso contro la violenza sulle donne, alla flat tax per le partite Iva. Rappresentiamo l’Italia dei Sì, contro i troppi No ideologici della sinistra che hanno danneggiato il Sud e tutta Italia. Tutti i numeri dicono che il Ponte costa più non farlo che farlo, e gli 8 miliardi investiti, in buona parte coperti dall’Europa, verrebbero ripagati poco tempo da maggior incassi, maggior velocità e dalle migliaia di posti di lavoro creati stabilmente in Sicilia e in Calabria».

Il Ponte è il simbolo di una questione meridionale irrisolta da decenni. C’è la possibilità di riportare il Sud al centro dell’agenda di governo? Con quali progetti concreti?

«Assolutamente sì: lavoro, infrastrutture, valorizzazione delle eccellenze. Sarà fondamentale spendere bene i fondi europei e realizzare opere che servono a partire da alta velocità ferroviaria e sviluppo dei porti. Il taglio fiscale della flat tax è già realtà per le Partite Iva, e la estenderemo anche a famiglie, pensionati e dipendenti. Ovviamente il Sud va difeso anche da una immigrazione incontrollata davvero inaccettabile. La Sicilia ha bisogno di trasformare i rifiuti in energia e ricchezza, bisogna accelerare sui termovalorizzatori e valorizzare i porti dell’isola che non devono essere impegnati con barchini e barconi di scafisti ma con navi che portano merci e turisti».

La narrazione leghista della Sicilia è stata quasi sempre legata al tema dei migranti. Questa, per l’Isola, è stata l’ennesima estate di sbarchi, ma, ad esempio, anche la stagione del raddoppio delle presenze turistiche. La Lega, al Nord, è il partito delle imprese e delle partite Iva. Non le sembra giunto il momento di parlare, oltre che alla pancia dei siciliani, anche al mondo produttivo?

«Certo, non a caso prima citavo le partite iva che già oggi beneficiano della flat tax al 15 per cento fino a 65mila euro. Sono quasi due milioni di cittadini, alzeremo la soglia a 100mila. Ed è necessario intervenire per fronteggiare il caro energia, che rischia di penalizzare tante imprese, imprenditori e famiglie. La Lega ha fatto proposte concrete: guardiamo al modello francese, che ha fissato un tetto massimo agli aumenti del 4 per cento. La Lega è il partito del lavoro e del buonsenso che saprà rappresentare al meglio le istanze della Sicilia: siamo in prima linea per difendere categorie fondamentali come agricoltori e pescatori, penso ad esempio al contrasto del caro-gasolio e alla difesa dei prodotti italiani. Che Lampedusa, Pantelleria, Pozzallo e altre splendide realtà siciliane finiscano sui giornali di mezzo mondo per gli sbarchi non è un’invenzione della Lega, ma una realtà: io tornerò a processo a Palermo il 16 settembre per aver difeso i confini e mi impegno a reintrodurre nel primo Cdm i Decreti sicurezza che tanto avevano fatto bene alla Sicilia e all’Italia intera».

Arriva in una campagna elettorale infuocata dalla crisi energetica. Proprio ieri, in un’intervista al nostro giornale, Calenda ha rilanciato l’appello ai leader per un “armistizio”, necessario perché c’è il rischio che, chiunque vinca, dal 26 settembre si ritrovi «a governare sulle macerie». Ritiene praticabile l’ipotesi di dare al governo Draghi i “pieni poteri” per intervenire da subito?

«Il nostro modello dev’essere quello francese. Macron, non è un pericoloso sovranista o un amico di Putin, ha stanziato i miliardi necessari fin da inizio anno per limitare a un massimo del 4 per cento gli aumenti delle bollette. Questo si può e si deve fare anche in Italia. Calenda propone lo stop alla campagna elettorale, la Lega ha messo sul piatto una proposta concreta. Contrariamente a quanto sostenuto dalla sinistra per evitare le urne, il governo e il parlamento possono lavorare. Quindi Draghi ha il massimo sostegno della Lega».

Anche alla luce di ciò che sta succedendo con l’allarme bollette, non s’è pentito di aver sfiduciato il governo Draghi?

«Draghi è stato pugnalato dalla sinistra, ovvero dal movimento 5 stelle, che ha fatto cadere il governo perché contrario al termovalorizzatore di Roma. Una follia. Era impensabile e poco serio fare finta di nulla e riprendere il lavoro con il M5S come se nulla fosse accaduto…».

Ricorda il celebre titolo dell’Economist nel 2001? “Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy”. Più di vent’anni dopo si ripropone la questione per lei, tacciato di filo-putinismo e per Meloni, costretta a una campagna elettorale di rassicurazioni soprattutto all’estero. Riuscirete a far valere davvero la regola del “chi prende un voto in più governa”? Oppure avrete bisogno di un Draghi di destra da piazzare  a Palazzo Chigi?

«Credo che gli italiani risponderanno alla sua domanda votando in massa per la Lega e per il centrodestra. Non servono tecnici o altre figure, la politica deve riprendere il proprio ruolo. E alla sinistra consiglio di pensare agli odiatori di Israele o ai nostalgici dell’Unione sovietica candidati dal Pd, anziché infangare il centrodestra».

In Sicilia si vota anche per le Regionali. Lei ha ripetuto fino alla nausea che il candidato governatore «lo scelgono i siciliani». Alla fine l’ha scelto Meloni, pescandolo da una rosa di Berlusconi, col placet di Salvini. E i vertici siciliani non potevano non accettare questa decisione…

«Sono stato di parola: ho ascoltato il territorio e mi sono confrontato con gli alleati, sono molto fiducioso. In Sicilia, la Lega è la casa di donne e uomini che, pur avendo in alcuni casi storie politiche diverse, si riconoscono in un progetto di difesa e valorizzazione dell’isola di cui siamo garanti. Si apre una nuova fase: la Lega è pronta a rappresentare le istanze dell’isola grazie a una classe dirigente matura. Se tanti sindaci, tanti imprenditori, tanti giovani entusiasti si stanno avvicinando alla Lega è perché vedono in noi gente seria e concreta».

Ritiene che comunque Schifani sia un’opzione più competitiva della ricandidatura di Musumeci?

«Sì, non a caso ha scelto la classe dirigente siciliana».

Perché, a un certo punto, ha mollato sull’indicazione di un candidato leghista?

«Per senso di responsabilità: la Lega è determinata a offrire soluzioni di buon governo e a tenere unito il centrodestra. È quello che chiedono gli elettori. La nostra classe dirigente è di livello e difenderà alla grande la Sicilia, sapremo interpretare al meglio le istanze del centrodestra. Il 25 settembre sarà una data spartiacque, la Lega è pronta e il progetto Prima l’Italia lo dimostra: accogliamo le migliori energie del territorio».

Se dovesse vincere Schifani, concluderà il suo mandato alla soglia dei 78 anni. Il suo partito, in Sicilia, è quello con la classe dirigente più giovane: dal segretario Minardo ai deputati regionali e agli amministratori locali. Quando arriverà il loro momento?

«Il loro momento è già arrivato, nel senso che sono una classe dirigente apprezzata che si fa onore. La nostra squadra di governo siciliano che abbiamo in mente tutelerà la regione insieme al governo nazionale. La Lega è una garanzia».

La Lega ha appoggiato il candidato di De Luca a Messina. Perché s’è interrotto il suo feeling politico con “Scateno”?

«A livello regionale e nazionale l’unità del centrodestra è un valore che non si discute e mi dispiace che De Luca non riesca mai a giocare di squadra. L’unità del centrodestra è un valore aggiunto, Messina è stata una eccezione per motivi locali. Io sono un autonomista sul serio, non solo a parole, e rispetto le scelte di ogni singolo territorio, da Messina a Cagliari come a Milano».

L’anno prossimo si vota a Catania. Dopo la “generosità” rivendicata per la Regione, non ritiene che sia giunto il momento di un candidato, o magari di una candidata, a sindaco della decima città d’Italia?

«Ne parleremo, come dico sempre la Lega ha donne e uomini di grande valore e capacità. Poter esprimere il primo sindaco di una grande città del Sud, che si vada ad aggiungere agli oltre 800 sindaci leghisti già oggi al lavoro, sarebbe per me l’orgoglio più grande».

Twitter: @MarioBarresi  

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