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Ponte sullo Stretto, Salvini al Senato: «Opera non più rinviabile». E si insedia la task force Sicilia-Calabria

Il ministro e vicepremier accelera sul collegamento tra l'Isola e lo Stivale: «Mi piacerebbe che i lavori partissero da qui a due anni»

Di Alfredo Zermo |

«Il ponte sullo Stretto di Messina non è più rinviabile. E’ un’opera strategica. È una cosa assolutamente seria, non è uno scherzo. Col Ponte dello Stretto si evita tra l'altro  la condanna all’isolamento della Sicilia, che costa ai siciliani sei miliardi di euro all’anno».  Lo ha detto il vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini in audizione al Senato sulle linee programmatiche del suo Dicastero. Una conferma che il ministro e leader ella Lega sembra fare sul serio su quella che viene definita la madre di tutte infrastrutture. Ieri il ministro all’assemblea di Alis rispendono a una domanda circa l’avvio dei lavori, aveva detto: «Mi piacerebbe che i primi scavi partissero da qui a due anni».

Dopo tanti anni quindi sembra davvero prendere forma un'opera per la quale questo giorni si è da sempre battuto che proietterebbe la Sicilia nel futuro consentendo la concreta realizzazione del corridoio europeo Berlino-Palermo. Sono tanti i segnali di accelerazione sul Ponte sullo Stretto, dalla riattivazione della società Ponte Stretto Spa ( con la possibilità di Rfi e Anas di aumento di capitale fino a 50 milioni complessivi per la partecipazione alla società) allo stop dei i contenziosi in corso con il contraente generale e gli altri soggetti affidatari dei servizi connessi alla realizzazione dell’opera. 

Ieri Salvini ha anche dato il via al Gruppo di lavoro per le infrastrutture di Calabria e Sicilia che  coinvolge oltre ai governatori anche i Comuni di Messina e Reggio Calabria. Per il dicastero di Porta Pia si tratta di un importante riconoscimento al ruolo degli enti locali. L’obiettivo è studiare le esigenze di Sicilia e Calabria anche in considerazione del progetto di Ponte sullo Stretto. 

Il primo progetto, preliminare, per un Ponte sullo Stretto di Messina risale al 1992, ma è  nel 2002, con il secondo governo Berlusconi, che parte. Ed è  il 2005 quando la Impregilo vince la gara come general contractor. E il 6 maggio di quell'anno, da Catania  Berlusconi rilancia il dossier annunciando che il Ponte «sarà  un'opera epocale che farà  diventare la Sicilia terra italiana e europea». Nel 2006, con la vittoria del centrosinistra, il progetto torna nel cassetto,  con Romano Prodi  che ha  sempre sostenuto che «non è  una priorità» ( il 26 maggio durante un discorso a Palermo, da presidente del consiglio, chiuse il dossier: «Il ponte lo vedrà  mio figlio»).

L'idea torna  perà  in auge nel 2008, quando il ministro Matteoli annuncia che il Ponte si farà  nonostante l'approvazione dal Parlamento di una risoluzione contraria. Nel 2011 l'Unione Europea esclude il progetto dalle priorità  da finanziare. Con il governo Monti l'Italia sembra aver chiuso col Ponte, ma una mozione Ncd lo resuscita e Pietro Salini dice a Renzi di essere pronto a riprendere lavori. Poi di nuovo il silenzio, tra alti e bassi, fino al 12 gennaio scorso quando il ministro per le Infrastrutture e Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, dà il via a un nuovo studio di fattibilità visto dai più come uno “specchietto per le allodole”.

Eppure se c'è un’opera prontamente cantierabile e che tra l’altro darebbe lavoro a circa quarantamila addetti per dieci anni nelle due regioni a più alta disoccupazione è proprio il Ponte sullo Stretto, che poi sarebbe il più lungo del mondo a campata unica, oltre 3 chilometri sullo Stretto di Messina, vanto e gloria dell’imprenditoria italiana.

Ma cosa prevedeva il progetto del Ponte? Un impalcato di 60 metri per ospitare sei corsie per le auto e due corsie per i treni. Le grandi torri avrebbero dovuto ospitare uffici, negozi e ristoranti. Era previsto l’impiego di quarantamila addetti per dieci anni, il che avrebbe attenuato, forse dimezzato, la disoccupazione in Sicilia e il Calabria. Per i dieci anni di lavori per il Ponte, la Sicilia sarebbe stata all’attenzione del mondo. C’è da aggiungere un fatto molto importante: le Ferrovie, nel progetto originario, avrebbero pagato 100 milioni di euro l’anno per 30 anni per l’attraversamento dei treni sul Ponte (il che farebbe tre miliardi). Questo perché avrebbero risparmiato 200 milioni l’anno mettendo a riposo i traghetti dello Stato, che tra l’altro inquinano le acque dello Stretto. In sostanza con i pedaggi il Ponte si paga da solo.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA