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IL RETROSCENA

Quirinale, la battaglia per i tre grandi elettori siciliani: scivoloso derby tra presidenti

Il “catafalco” Musumeci-Miccichè: nel centrodestra incubo-trappolone stile Crocetta nel 2015. Per M5S e Pd esame di maturità, ma giallorossi ancora senza nome

Di Mario Barresi |

Magari non avrà il fascino sacrale del catafalco di Montecitorio, eppure anche il voto dell’Ars sui tre grandi elettori siciliani – nel suo piccolo – ha un certo peso. Sugli equilibri della politica siciliana, più che nel pallottoliere per il Quirinale.

 La convocazione è arrivata ieri sera: la seduta si terrà mercoledì 12 alle 16, con lo slittamento di un giorno rispetto alla prima data ipotizzata chiesto da Palazzo d’Orléans. Per prassi consolidata proprio il governatore è uno dei tre delegati regionali; il secondo è il presidente dell’Ars. E qui casca il primo asinello. Ogni deputato può esprimere due preferenze. E  il centrodestra, in teoria, dispone di numeri più che blindati per mandare  Nello Musumeci e  Gianfranco Miccichè a braccetto a Roma il 24.

I gruppi della maggioranza “propriamente detta” hanno in partenza 37 voti su 70, al netto degli assenti per Covid. Nel limbo collaborazionista andrebbero aggiunti di certo i 4 di Attiva Sicilia, forse i 3 di Sicilia Futura-Iv e magari 2 del gruppo misto. Per un totale teorico di 46. In un mondo perfetto, sarebbe lo score  tanto di Musumeci quanto di Miccichè.

Ma non c’è nulla di più meravigliosamente imperfetto della famiglia allargata dell’attuale maggioranza.  In cui i più maliziosi beninformati raccontano di un “derby dei presidenti”. Con il presidente dell’Ars, forte di un voto (segreto) più trasversale, pronto a lanciare «un segnale, un avviso» al governatore.

«Se Gianfranco prendesse 5 o 10 voti più di Nello avrebbe un significato politico», ragiona un centrista. Musumeci ha capito l’antifona. E dalla Presidenza è partita la “chiama” per capigruppo e assessori, ma anche deputati semplici: «Non facciamo scherzi». Incombe il precedente del “trappolone” che il centrosinistra apparecchiò nel 2015 a Rosario Crocetta, surclassato (44-37) da Giovanni Ardizzone: per l’ex governatore fu l’inizio della fine.

Fra malpancisti trasversali, forzaitaliavivaisti, battitori liberi e poeti maledetti, la boscaglia dei franchi tiratori si annuncia insidiosa per Musumeci. Che ha delegato alla bonifica un “casco blu” della giunta. «I conti, alla fine, torneranno», rassicura un inguaribile ottimista della coalizione.

Se la matematica non è un’opinione, anche le opposizioni hanno il terzo grande elettore di capitolato. Con 24 voti “secchi” – 15 M5S, 7 Pd e 2 del Misto –  il delegato giallorosso è garantito. Dovrebbe essere indicato un grillino (con Claudio Fava che suggerisce una donna), in base ai rapporti di forza e soprattutto per  un (vecchio) accordo per cui ai dem andrebbe in cambio il revisore dei conti che spetta alla minoranza.

«Ma di nomi non ne abbiamo ancora parlato»,  giurano da entrambi i versanti. Certo, qualcuno vorrebbe togliersi lo sfizio – in combutta con i più discoli della maggioranza – di dare la seconda preferenza a un delegato-ombra del centrodestra, per provare a battere Musumeci. Ma la tentazione è frenata dal rischio di compromettere la candidatura giallorossa, perdendo capra e cavoli.

Qualcuno, però, nel Pd adombra un altro timore: «Se da qui a mercoledì a Roma dovesse emergere una frattura col M5S sulla strategia per il Colle, potrebbero esserci conseguenze nell’asse all’Ars». Un liberi tutti che si vuole evitare. Perché per i giallorossi di Sicilia suonerebbe come una bocciatura. All’esame di maturità prima dell’alleanza per le  Regionali.

Twitter: @MarioBarresi

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