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l'intervista

Sammartino: «Musumeci, in cinque anni lo zero assoluto. Il no al bis è una scelta naturale della coalizione»

Il deputato regionale della Lega: «Non è per un capriccio di Miccichè o perché non piace a tanti altri. Il centrodestra siciliano troverà un candidato di sintesi come ha fatto con Lagalla a Palermo»

Di Mario Barresi |

Onorevole Sammartino, l’intervista di Miccichè è stata davvero un autogol clamoroso… «Per chi, scusi?». Per lo stesso Miccichè. E per quelli che, come lei, nel centrodestra siciliano non vogliono Musumeci ricandidato. «Mi pare che il presidente Miccichè abbia chiarito di non avere usato i toni che gli vengono attribuiti». Ma sappiamo che quelle cose le pensa. «E sappiamo anche che vengono montate e strumentalizzate ad arte per indebolirlo. E soprattutto per alimentare il caos, un caos organizzato, in cui c’è chi è bravissimo a sguazzare». Un «caos organizzato», come lo definisce lei, che però ha come risultato di mettere il governatore uscente in pole position per Palazzo d’Orléans. «Dissento. In queste fasi convulse è corretto andare, con lucidità e freddezza, alla radice dei fatti». E qual è la radice dei fatti? «Che il centrodestra ha ritrovato, grazie alla pazienza e alla lungimiranza dei suoi dirigenti regionali, la compattezza sulla candidatura di Palermo. E che ha rimandato a un “secondo tempo” ogni decisione per le Regionali. Esattamente come auspicato da Matteo Salvini, che l’unità l’ha cercata e trovata con i fatti, anche a costo di qualche rinuncia per il partito». Dicono che ci sia lei dietro le quinte della trattativa vincente su Lagalla. «Io non mi occupo di elezioni amministrative a Palermo. Ma il professore Lagalla s’è dimostrato il migliore candidato di sintesi e diventerà sindaco». Lo stesso copione che La Russa e Fratelli d’Italia  invocano per Musumeci. «Non è esattamente la stessa cosa. Se fosse così, si sarebbe già trovata la quadra sulla ricandidatura del governatore uscente». E invece la quadra non c’è. Dica la verità: con Musumeci è una questione personale. All’Ars le augurò le attenzioni di «ben altri palazzi». «Ognuno, con parole e fatti, esprime la propria estrazione culturale. Che talvolta si riesce ad autocensurare, ammantandola di bon ton istituzionale. Ma prima o poi viene fuori al naturale, anche nel suo doppiopesismo a convenienza. Ma perché mi costringe a parlare di questo? Siamo di nuovo fuori tema, come per i veleni su Miccichè». E qual è, secondo lei, il tema? «Il tema è che il centrodestra siciliano ha una classe dirigente che ha dimostrato di non aver bisogno di imposizioni dall’alto. E ha l’orgoglio, oltre che la capacità, di compiere le scelte migliori per l’Isola. Non è un caso che l’unico leader nazionale ad averlo capito è Salvini: “In Sicilia decidono i siciliani”, ripete da tempo. E così sarà, in modo naturale. Com’è stato per Palermo». Ci stiamo girando troppo attorno: perché Musumeci non dovrebbe essere ricandidato? «Non certo per un capriccio di Miccichè o perché non piace a Sammartino e tanti altri. L’errore sta nell’approccio alla questione. Nessuno si fa un’altra domanda: perché dovrebbe essere ricandidato?». «Perché è l’uscente e ha governato bene», dice Giorgia Meloni. «Il primo argomento è un automatismo inutile usato per piazzare una bandierina sulla Sicilia. Sul secondo ci sono tante cose che la Meloni non sa, forse perché non gliele raccontano, o non dice. Un esempio su tutti: la stragrande maggioranza delle proposte del governo regionale regolarmente impugnata da Palazzo Chigi. Però, aspetti: c’è una specie di test che le  vorrei fare…». Prego… «Chiuda gli occhi e pensi a una sola riforma significativa di questo governo regionale o  a un risultato, rispetto al programma elettorale, che è stato realizzato nei fatti. Uno solo,,,». Perché non se lo fa lei, il test? «Se lo faccio mi viene in mente soltanto il nulla. Le cose migliori di questo quinquennio sono arrivate dal lavoro dell’Ars, di tutta l’Ars, compresi quegli “scappati di casa” con cui per “motivi di igiene” il presidente della Regione non parla. La politica, la buona politica, è rispetto altrui, dialogo e sintesi, anche con le opposizioni. Chi si arrocca dentro il palazzo, ostentando una superiorità morale tutta da dimostrare, si mette dalla parte del torto. E il risultato è l’occupazione unilaterale di ogni millimetro quadrato di potere per il cerchio magico, a fronte di un fatturato amministrativo pari allo zero assoluto». Questa, però,  è solo la sua opinione. «Ma lei con i cittadini siciliani ci parla, ci ha mai parlato? Ci sarà tempo e modo di confrontarci sulle opinioni. Di tutti. Ma senza preconcetti né ricatti romani. Il centrodestra siciliano ha il diritto, oltre che il dovere, di assumersi la responsabilità della scelta più delicata, quella sulla Regione. E sarà vincente».

Dicono che, senza i due processi per corruzione elettorale in corso, sarebbe stato lei il candidato ideale di Salvini. «Non sapevo che dicessero anche questo! Io sono un semplice deputato regionale. Provo, nel mio piccolo, a rivestire al meglio il ruolo di legislatore. E a fare politica, nel senso migliore del termine. I processi ci sono e li affronterò con la serena consapevolezza di essere totalmente estraneo ai fatti che mi vengono contestati». Dicono che lei abbia comunque in testa il nome dell’alternativa a Musumeci. «Non sono io che devo fare i nomi. Sarà la coalizione a esprimere il miglior candidato di sintesi. Si dovrà anche sanare la frattura fra la generazione di chi è in prima linea da decenni e gli under 40 che devono cominciare ad assumersi onori e oneri. Un passaggio di testimone, senza strappi dolorosi, ma costruendo tutti assieme la Sicilia che verrà per le nuove generazioni». Dicono che il segretario Minardo non abbia ancora digerito il suo ingresso nella Lega. E che lei gli voglia sfilare il partito siciliano. «Dicono un sacco di sciocchezze! Io, assieme a un gruppo di altri parlamentari, ho deciso di aderire alla Lega perché vedevo con nitidezza il progetto di Salvini, poi sfociato in Prima l’Italia. Una svolta, un “big bang” nel centrodestra. Per tutto il resto, come hanno dimostrato le ultime vicende su Palermo, Messina e Regione, sono perfettamente in sintonia con la linea del nostro segretario nazionale». Ma lei, al di là dell’età, resta un democristiano dentro. Che respiro può avere la Nuova Dc del suo amico Cuffaro? «Totò, oltre alla consueta lucidità politica, sta dimostrando un infaticabile lavoro per trasmettere tutta la sua passione a una nuova classe dirigente». Dicono che lei sia un freddo programmatore degli eventi. E che nel calendario, dopo le Regionali, abbia segnato in rosso l’elezione del sindaco di Catania. Lombardo ha altre idee… «Ma quante cose dicono su di me? In realtà, in rosso sul calendario ho segnato prima le elezioni politiche. Sì, sono uno a cui non piace improvvisare: studio, mi preparo. Ogni cosa, però, a suo tempo. Per Catania c’è ancora tempo. E anche lì si dovrà ripetere la stessa formula magica che abbiamo trovato a Palermo e che troveremo per la Regione. Non credo che con Lombardo abbiamo idee diverse su Catania, perché sono certo che entrambi abbiamo a cuore la nostra città». Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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