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Si apre la partita di viceministri e sottosegretari: i siciliani in lizza e gli effetti sulla Regione

Minardo e Siracusano fra i più quotati. In FdI c’è il derby fra Messina e Varchi. Il rebus Miccichè

Di Mario Barresi |

Adesso il giro nella giostra tocca ad aspiranti viceministri e sottosegretari. Col Consiglio dei ministri nel pieno dei poteri, restano in tutto altre 31 postazioni da assegnare nel governo di centrodestra, dove siedono Nello Musumeci e Adolfo Urso, i siciliani in ballo si contano sulle dita di una mano. Il tutto con un effetto-trascinamento sugli assetti del governo regionale: nei tempi (lo stesso Renato Schifani ha ammesso con più interlocutori che «dopo la nomina dei sottosegretari ci potrà essere un’accelerazione sul dossier giunta»), ma anche negli equilibri nella coalizione e all’interno dei singoli partiti.

In prima fila, con i rispettivi nomi nelle liste ufficiose che girano fra i big della maggioranza, ci sono Nino Minardo e Matilde Siracusano. Il segretario regionale della Lega rientra in pieno nella linea che Matteo Salvini vuole tenere con  la scelta di «premiare i territori». E, visto che al governo sono entrati ben cinque ministri lombardi, nelle prossime scelte dovrà pure riequilibrare. Minardo, deputato alla quarta legislatura, sta giocando la partita con il consueto stile, cioè senza sgomitare. Fonti interne del Carroccio lo danno in vantaggio sul molisano Michele Marone (ma potrebbero entrare entrambi), mentre in Sicilia si respira un clima di armonia, con Luca Sammartino che fa «gioco di squadra» per il parlamentare modicano. Non è dato sapere in quale ministero potrà trovare spazio Minardo, che ha molto nelle sue corde Agricoltura e Sviluppo economico. Di due destinazioni precise, invece, si parla rispetto alla giovane messinese di Forza Italia: Siracusano, alla seconda esperienza alla Camera, è data probabile al Sud (quindi come sottosegretaria di Musumeci) o  ai Trasporti, dove troverebbe il ministro Salvini con cui c’è simbiosi sul  Ponte.

La nomina di Siracusano, molto stimata ad Arcore ben al di là dello status di compagna del governatore calabrese Roberto Occhiuto, è del tutto slegata rispetto all’altro caso aperto in Forza Italia. Quello di  Gianfranco Miccichè. A Roma continuano a inserirlo nell’elenco di viceministri e sottosegretari, nonostante lui  abbia chiarito di voler rinunciare, pur senza alcuna fretta, al seggio in Senato per restare in Sicilia allo scopo dichiarato di fare il presidente dell’Ars o l’assessore alla Sanità. Due prospettive che si scontrano però con il niet di altri alleati siciliani e con l’orientamento di Schifani.

Ma nelle ultime ore c’è un preciso calcolo condiviso, sull’asse Roma-Palermo, fra vertici di FdI ed emissari del  governatore (o che comunque si spacciano per tali): «Giorgia non vorrebbe Miccichè nel suo governo a nessun titolo, ma potrebbe dargli un ruolo, magari di secondo piano, se ciò servisse a “bonificare” la situazione in Sicilia». Ma il viceré berlusconiano  non è un pivello pronto a cadere in  trappola. «Mi hanno offerto di tutto e continuano a offrirmi di tutto, ma io voglio restare alla Regione», ripete. Eppure chi di recente  ha parlato con Antonio Tajani, il forzista più gradito a Meloni, si dice convinto che «Gianfranco non potrà permettersi di rifiutare se l’offerta dovesse fargliela il presidente Berlusconi». Il che, semmai fosse vero, significherebbe una risposta alle richieste d’aiuto giunte da Palazzo d’Orléans, oltre che una scelta di campo sulla guida del partito in Sicilia. Ma Miccichè alza il prezzo. E, ospite ieri a “Il  Punto” su Telecolor, evoca «un cambio di paradigma negli equilibri della maggioranza», continuando a strizzare l’occhio a “Scateno”, Pd e M5S.

Dentro FdI, come già sul toto-ministri, regna il silenzio.  E anche stavolta ci si deve affidare ai pochi spifferi fuoriusciti dal cerchio magico. Uno dei patrioti siciliani più accreditati per un incarico di sottosegretario è  Manlio Messina. L’ex assessore regionale al Turismo, in un retroscena pubblicato su La Sicilia e mai rettificato, stava in una prima lista (la stessa in cui   Musumeci era dato al Sud). Ipotesi «mai smentita» dai  colleghi di partito, ancorché proveniente da fonte autorevole: gli alleati leghisti, ai quali Salvini avrebbe rivelato quel nome (per il ministero dello Sport) uscito dalla bocca di Meloni durante uno dei vertici fra i leader.

È andata in un altro modo, ma le quotazioni di Messina si mantengono alte  al secondo giro: nonostante Sport e Turismo siano affidati a ministri di FdI, potrebbe esserci spazio proprio lì, ma anche altrove. L’altra meloniana doc molto citata in questi giorni è Carolina Varchi, amica della premier: l’essere alla seconda legislatura (e non matricola come Messina) e palermitana (e non del Catanese come Musumeci e Urso) potrebbe favorirla. E poi non è detto che i sottosegretari  siciliani di FdI non possano essere anche due. Non a caso in lizza c’è   Basilio Catanoso. L’ex deputato acese, non candidato alle Politiche e  incompatibile col profilo degli «assessori deputati eletti» di Schifani, rientra in gioco per un posto nel governo nazionale. Spinto, manco a dirlo, da  Salvo Pogliese. Il coordinatore regionale, in questi giorni, ha speso il nome di Catanoso (curiosità: Meloni gli subentrò vent’anni fa a capo di Azione Giovani) con i vertici del partito. «Tanto alla fine decide Giorgia, che non dice niente a nessuno», il consueto refrain patriota.

Twitter: @MarioBarresi

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