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Sicilia, il caos calmo del centrodestra: Meloni aspetta 3 sondaggi per rilanciare Musumeci

I No-Nello studiano la contromossa: un appello dei segretari siciliani ai leader nazionali contro il bis dell’uscente

Di Mario Barresi |

Le diplomazie continuano a lavorare, ma i rispettivi “missili” sono già puntati verso obiettivi ben precisi. Il caos calmo (ma fino a un certo punto) del centrodestra siciliano è tempestato di mosse e contromosse, ma tutti aspettano la sfida finale. Nello Musumeci vola alto. Ed è da premio Oscar nel duplice ruolo di governatore, tanto impegnato nell’amministrare da non aver tempo per le scaramucce dei partiti, e di (ri)candidato di fatto già in tour elettorale, fra una tavolata di San Giuseppe a Lascari, una carezza ai cagnolini iblei e l’inaugurazione della mostra verghiana a Vizzini.

I due aspetti s’incrociano nella nuova strategia social, affidata a un’agenzia nazionale: la SocialCom di Luca Ferlaino (figlio dello storico presidente del Napoli), che schiera fra i media manager Silvia Cirocchi, compagna di Gianni Alemanno ed ex portavoce di Guido Bertolaso alla Protezione civile. Un «salto di qualità evidente», benedetto da Ruggero Razza, che sta definendo gli ultimi dettagli del nuovo assetto della cosiddetta “Struttura Delta” per la comunicazione. Istituzionale, ma fra poco anche elettorale. Grazie anche a nuovi consulenti di staff, in coincidenza della staffetta, dal 1° aprile, fra Deloitte che esce e Formez che entra.

In un contesto in cui Palazzo d’Orléans sta per mandare in stampa (patinata) il laboriosissimo «libretto sull’attività di governo», limato parola per parola dal governatore, da spedire nelle case dei siciliani e da viralizzare con una massiccia campagna su web e social. Il messaggio da far passare è univoco: Musumeci, il presidente,  lo sa fare.

È lo stesso argomento che la sua alleata di ferro (l’unica, finora, nel centrodestra), Giorgia Meloni, vuol fare pesare al tavolo nazionale della coalizione. La linea di FdI, ribadita in ultimo da un Manlio Messina più che mai uomo forte in Sicilia, è fondata su un sillogismo – Musumeci è l’uscente e il centrodestra ricandida sempre gli uscenti – rafforzato da una sfida sui contenuti: «Diteci perché no». La risposta di Gianfranco Miccichè, non solo ad Arcore,  è schietta ma non dimostrabile: «Perché è un candidato perdente».

E adesso la leader patriota punta a ribaltare questo argomento. Sono stati infatti commissionati i tre sondaggi di cui Meloni e Musumeci avevano pure parlato prima di siglare l’alleanza. Rilevazioni di tre diversi istituti demoscopici sulle Regionali (in mezzo anche zoom su Palermo e Messina), con un duplice scopo: comparare l’uscente, soprattutto fra gli elettori di centrodestra,  ai potenziali rivali interni; e misurare la competitività dell’«unico pizzo che piace ai siciliani» rispetto ai candidati più in voga nello schieramento giallorosso. Dovrebbe essere la “prova regina” per dimostrare che «Nello è l’unica scelta possibile».

«Numeri oggettivi» alla mano (i risultati completi sono attesi fra la fine di questa settimana e l’inizio della prossima), Meloni potrà finalmente decidere di andarsi a sedere con Matteo Salvini, che ha da poco condiviso con i big regionali della Lega il no «unanime» a Musumeci. In quel contesto, però, a pesare non saranno soltanto i sondaggi sulla Sicilia. Perché, se e quando i due principali leader dovessero rompere un silenzio che dura dalla rielezione di Sergio Mattarella, a quel punto si aprirebbe un’altra delicatissima guerra. Psicologica: entrambi sembrano vogliosi di rompere sulla Sicilia (e non soltanto), ma nessuno dei due vuole assumersene la responsabilità. E dunque ognuno cercherà l’incidente diplomatico altrui. Magari sul candidato del centrodestra a Palermo. Con idee diametralmente opposte: FdI, che schiera Carolina Varchi, vorrebbe che la trattativa su Palazzo delle Aquile fosse distinta e separata da quella sulle Regionali, con Ignazio La Russa sempre più ascoltato sulle decisioni strategiche; la Lega spinge perché l’accordo, semmai, si trovi sul “pacchetto completo”.

E in questo senso i più attivi sul fronte dei No-Nello preparano le contromosse. Non è più un tabù, nelle frequenti chiacchierate fra gli alleati, l’idea di un’imminente uscita allo scoperto. Magari nel momento in cui i tentativi di ricucitura su Palermo dovessero dimostrarsi inutili. Una presa di posizione ufficiale a firma dei segretari regionali di Forza Italia, Lega, Autonomisti e forse Udc, con l’ipotesi di altri centristi (Totò Cuffaro?) disponibili. Un appello ai leader nazionali del centrodestra per sciogliere il nodo Sicilia, ma partendo da un presupposto: il rifiuto di Musumeci ricandidato, condiviso da tutti tranne FdI e DiventeràBellissima. Ma nessun nome da contrapporre all’uscente, perlomeno in prima battuta, neppure quello di Nino Minardo che sta tanto a cuore a Salvini. Solo un «doveroso atto di chiarezza», così lo definiscono, per far pesare l’opinione di partiti e movimenti in Sicilia.

Il piano, però, avrebbe una crepa nelle fondamenta se Miccichè non dovesse reggere l’urto della faida dentro Forza Italia. Domani a Roma è in programma un incontro delicato con i vertici nazionali, ispirato dalla metà filo-musumeciana del partito: sul tavolo anche l’idea di un triumvirato in cui l’attuale leader regionale sarebbe affiancato da Marco Falcone e Riccardo Savona, con Renato Schifani in prima linea. Di fatto un commissariamento del commissario, proprio in coincidenza con la consegna dei nomi per le nuove commissioni dell’Ars dopo il reset voluto dal presidente Miccichè.

«Un fallo di reazione, un errore da matita blu» per l’assessore Falcone che denuncia «un conflitto d’interessi fra il ruolo istituzionale e la carica di partito», col rischio che Miccichè si presti a fare «l’utile idiota di Pd e M5S». Oggi le consultazioni decisive per capire se i presidenti delle commissioni saranno votati dalla stessa maggioranza trasversale (opposizione giallorossa con Lega, Autonomisti, mezza Fi e  Udc) che ha promosso il ddl stoppa-nomine, o se Miccichè troverà un compromesso col resto della coalizione per «lasciare alcune cose come sono». Tutto tranne la Bilancio, nella quale Bernardette Grasso dovrebbe prendere il posto dell’odiato Savona.

Anche  in base al risiko delle commissioni, Musumeci sceglierà la linea da tenere sulle dimissioni di Roberto Lagalla, annunciate per il 31 marzo. Un interim breve del presidente, per poi assegnare Istruzione e Formazione al fedelissimo Alessandro Aricò, è l’opzione più probabile; a meno che non ci sia  l’idea di proporre il posto agli alleati-nemici, magari alla Lega, in un estremo gesto di distensione. Sempre sul filo, sottilissimo, fra ambasciatori all’opera e armamenti pronti alla madre di tutte le battaglie.

Twitter: @MarioBarresi

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