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Pd, fumata bianca per Barbagallo

Di Mario Barresi |

Catania. Tutti chiusi in una stanza. Per chiarirsi. E anche per litigare; magari senza fare pace fino in fondo. Ma, quando si apre la porta di quella saletta riservata del Nazareno, dove venerdì scorso Dario Franceschini ha riunito i litiganti siciliani della sua corrente, c’è soltanto un linea da esibire all’esterno: AreaDem andrà unita, come un sol uomo, al congresso regionale.

«Gli scontri si risolvono con pazienza e sintesi». Come gli insegnò il suo maestro “Zac” – il compianto Benigno Zaccagnini, leader della Dc dapprima doroteo e poi moroteo – così ha fatto il ministro dem con la diaspora sicula. Convocando, nel giorno della direzione nazionale del Pd, l’aspirante segretario Anthony Barbagallo e quello che finora era stato, più o meno felpatamente, il nemico numero uno della nomination, ovvero Peppino Lupo.

I due “gemelli diversi” della corrente siciliana, ormai da tempo saltati giù dalla culla condivisa. E distanti come non mai sulla strategia regionale. Il deputato di Pedara, candidato in pectore, in interessata simbiosi con la decisione del commissario regionale Alberto Losacco (presente all’incontro, assieme alla sacerdotessa franceschiniana Marina Sereni) di celebrare il congresso con il voto dei soli iscritti, forte anche del bottino di tessere, circa 1/3 sulle 15mila in tutta l’Isola, incassato sotto il Vulcano, al netto di qualche contestazione su modi e morti. Il capogruppo all’Ars – azzoppato dal rinvio a giudizio per corruzione a Palermo, ma sempre con i galloni di capocorrente in Sicilia autocuciti addosso – si presenta all’incontro da fan sfegatato delle primarie aperte. «Non possiamo essere il partito delle tessere, dobbiamo ascoltare la società che attorno a noi è cambiata», l’arringa social di Lupo. Ma Barbagallo l’ha interpretata come un (enorme) bastone fra le ruote della sua marcia trionfale al congresso “Sardine free”. «Il fuoco amico non lo accetto», lo sfogo nel chiuso del vertice di corrente.

«Anthony, non devi avere paura delle primarie: se vuoi fare il segretario puoi vincerle», la sfida-lusinga del deputato palermitano. Con Teresa Piccione, lupiana di ferro e frontwoman dell’epica battaglia contro Davide Faraone poi defenestrato, ad annuire dentro la stanza romana, in cui la tensione si taglia nell’aria. Proprio lei – sussurrano gli estimatori, ma anche i maligni – sarebbe «la candidata su misura» di AreaDem in caso di primarie aperte. «Io non metterei mai un altro nome – giura Lupo- perché correremmo il rischio che s’infili un terzo e vinca». Ma Barbagallo non ci casca. E trova la solita solida sponda di Losacco, come influente franceschiniano prima ancora che come commissario regionale nominato da Nicola Zingaretti. «Il partito ha già aperto con il tesseramento online – la tesi del deputato pugliese – e ci sono migliaia di siciliani che si sono iscritti per la prima volta con delle regole precise per eleggere il segretario». Certo, il Pd «aperto» di Zingaretti, rilanciato con forza dal padre nobile Romano Prodi, sembra in contraddizione con le scelte maturate in Sicilia. E Losacco, che a giorni dovrebbe ufficializzare il regolamento congressuale per far partire il voto nei circoli a marzo, rassicura Franceschini: «Sarà comunque un percorso tutt’altro che chiuso, daremo voce a non iscritti, associazioni e società civile prevedendo dei contributi esterni nelle assemblee». E così il leader di AreaDem si convince a non turbare gli equilibri. Anche perché non disdegna la prospettiva di avere comunque un suo uomo alla guida del partito siciliano. Lupo incassa con apparente fair play. Non è certo un pivellino, capisce quand’è il momento di fermarsi: «Facciamo gioco di squadra», è la resa all’evidenza. Mitigata, solo nella forma, dalla richiesta (accordata) di «una consultazione, a partire dal gruppo dell’Ars, sul consenso al di là delle ambizioni personali».

Ma ormai, numeri di tessere e umori dei big siciliani alla mano, su Barbagallo c’è la quadra. Al netto di Antonio Ferrante, in lizza da tempo come «segretario della discontinuità». Del resto, la notizia dell’accordo romano di AreaDem ha l’effetto di afflosciare il testosterone da gazebo anche nei più vigorosi tifosi delle primarie. «Si stanno facendo tutti gli sforzi per arrivare a una posizione unitaria, qualsiasi essa sia. E non è soltanto Roma ad avere quest’interesse, ma noi per primi», scandisce il deputato regionale Nello Dipasquale. Con una precisazione: «Io resto sempre dell’idea che le primarie non uccidono nessuno, ma alimentano partecipazione e democrazia». E una perla di realpolitik da ex renziano: «Le primarie hanno poco senso, se la macchina della diplomazia e della politica ha il sopravvento e si raggiunge la sintesi su un segretario regionale che non sia espressione di una corrente o di pochi amici contro tutto il resto». Sono i “segni particolari” nella carta d’identità del mite Barbagallo? Forse sì, se persino Mirello Crisafulli sembra allineato e coperto. Aveva detto in giro: «Se ci sono due candidati forti, allora fate conto che ce ne sarà un terzo. Il mio…». E adesso? Farà il bravo? «Non lo so, per ora ho altro da fare: a Enna si vota…». Ma, ammette, «se c’è un solo candidato ci sbrighiamo prima e ci togliamo il pensiero».

Fin qui le anime, ora acquietate, di un partito che ha voglia di smettere di litigare. Tenendosi alla giusta distanza da chi osserva, da fuori, senza tessera. Ma con la sana curiosità, alimentata dall’appello dell’eurodeputato Pietro Bartolo: «Il Pd apra i suoi porti, anche in Sicilia». Ma il congresso è già salpato. Sarà per la prossima volta.

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