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Ponte sullo Stretto nelle spese militari per raggiungere il target al 5% del Pil fissato con la Nato: l’idea del governo Meloni

Salvini spinge per far classificare l'opera come asset cruciale per la “resilienza strategica” dell'Alleanza

Di Alfredo Zermo |

Portare l’investimento annuo in difesa e sicurezza al 5% del Pil entro il 2035, concretizzando così uno dei più consistenti aumenti della spesa militare dalla fine della Guerra Fredda. È questo l’impegno sottoscritto all’Aja dai 32 Paesi membri della Nato, come chiesto – e ottenuto – dal presidente americano Donald Trump. Sotto il documento che sancisce questa svolta storica per l’Alleanza Atlantica, siglato nella città olandese, c’è anche la firma dell’Italia e della premier Giorgia Meloni, che per raggiungere l’ambizioso obiettivo cerca soluzioni creative per colmare il gap.

Con appena l’1,49% del Pil destinato alla difesa nel 2024, Roma resta fanalino di coda tra gli alleati per spese militari. Ed è così che torna d’attualità un progetto mai realizzato ma sempre divisivo: il ponte sullo Stretto di Messina, oggi proposto come infrastruttura militare strategica.

Il governo Meloni, e in particolare il vicepremier Matteo Salvini, spinge per riclassificare l’opera come asset cruciale per la “resilienza strategica” della Nato. Un rapporto governativo, citato da Politico, sottolinea come il ponte agevolerebbe il movimento delle forze armate italiane e alleate, rafforzando la sicurezza nazionale e internazionale.

Il trucco contabile sarebbe quello di far rientrare i 13,5 miliardi del progetto nel 1,5% del PIL che l’Alleanza consente di dedicare a infrastrutture di interesse strategico. Un funzionario del Tesoro ha ammesso che questa definizione potrebbe semplificare iter burocratici, superare resistenze locali e agevolare il reperimento di fondi già nel 2025.

Roma ha anche chiesto di includere il ponte nel piano europeo per la mobilità militare, puntando sul suo ruolo nel collegare Nord Europa e Mediterraneo. Ma la proposta divide: da un lato, permette di aggirare vincoli di spesa e rilanciare un’opera simbolo; dall’altro, rischia di apparire come un espediente politico che piega la difesa a fini infrastrutturali.

Ora la palla passa a Bruxelles e al quartier generale Nato, chiamati a decidere se un ponte mai costruito possa davvero essere considerato un’arma strategica.

Le opposizioni

Per le opposizioni in Italia si tratta di un “trucchetto” che non può essere accettato. In una nota la deputata M5s Daniela Morfino, sottolinea che «un progetto ancora non c’è, domani è luglio e il passaggio al Cipess viene rimandato ogni mese e ci sono ancora decine di nodi ingegneristici da sciogliere su cui il mistero resta fitto. Così si tenta l’escamotage del bollino di opera strategica militare».

«Bollino – ha aggiunto – che a questo punto può essere appiccicato a qualsiasi opera in modo fantasioso, anche a un marciapiede rifatto sulla Salaria a Roma. Tutto fa brodo, per Meloni e Salvini, purché si raggiunga l’obiettivo del 5% del Pil in spese militari, vere o fasulle che siano. L’aspetto più grottesco è che la Lega continua a dirsi contraria a queste massicce spese di matrice bellica, attaccando l’Ue un giorno sì el’altro pure. E’ tutto tragicomico: il ponte sullo Stretto è un’opera costosa, impattante e pressoché inutile».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA