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Quella strana «Euphorya» tra Schifani e Galvagno alla Bit di Milano: ma come la prenderanno gli altri alleati del centrodestra?

Il presidente dell'Ars promette di non correre contro il governatore alle prossime elezioni regionali e il governatore lo lancia per il 2032

Mario Barresi

11 Febbraio 2025, 16:32

euphorya

Renato Schifani, finalmente, tira fuori la parolina magica: «Continuità». È questo il «tema» che sottopone al centrodestra siciliano. Cioè: la sua ricandidatura. Non è un mistero per nessuno che il presidente della Regione da qualche tempo stia preparando il terreno per succedere a se stesso. Ma ieri, per la prima volta, è esplicito anche in pubblico: «Sono fiducioso, ma sono l'espressione di una coalizione».

Alla Bit di Milano il governatore esce allo scoperto: «Io ho posto un tema di continuità, visto che abbiamo attivato tutta una serie di iniziative che iniziano a dare risposte». Il riferimento, non inedito, è alle emergenze, «problemi strategici che postulano l’esigenza di una continuità», spiega sotto le luci psichedeliche del padiglione Sicilia, soprattutto «se vogliamo vigilare e fare in modo che i termovalorizzatori possano essere non solo iniziati, ma realizzati, e così i dissalatori». Sì, il mantra è proprio la «continuità», che «in certi momenti della strategia di una Regione e del Paese è importante».

Il succo dell’uscita di ieri è: io sono pronto al bis, che in fondo mi spetta, ma «è una valutazione che si farà assieme». E non è un caso che Schifani decida di farlo da Milano, questo sottile passaggio diplomatico, proprio mentre i segretari regionali del centrodestra sono riuniti a Palermo nell’ennesimo vertice di maggioranza su Province e sottogoverno, prima della giunta che dovrà comporre il puzzle dei direttori generali.

La carta d'identità

E poi ci sono delle volte in cui, oltre a ciò che si dice, è importante come si dicono alcune cose. Schifani, sbarcato di buon mattino alla Bit, è sereno e sorridente. Sembra rilassato, persino in forma. Quasi a voler rispondere, fisicamente, alle residue remore che qualche alleato ostile allo “Schifani II” continua ad alimentare sull’orizzonte 2027: «Dovremo assumerci la responsabilità di rieleggere un presidente che avrà 77 anni e che finirebbe il mandato a 82?».

Ma, al di là della carta d’identità, il governatore che tesse la tela della sua ricandidatura non lascia nulla al caso. Così, ad esempio, dice che «la sfida del cambiamento non è in discontinuità» con Nello Musumeci, «un grande, per come ha gestito la fase terribile del Covid»: e ripete in due eventi il copione con le stesse lodi sperticate al suo predecessore (col quale i rapporti sono reciprocamente gelidi, con picchi di bile), in mezzo c’è anche un pranzo molto disteso con Manlio Messina, ex assessore e leader siciliano della “corrente turistica” di Fratelli d’Italia con cui il governatore è entrato più volte in rotta di collisione.

L’ex presidente del Senato fa il “ministro degli esteri”, limando i rapporti con gli alleati. Per gli affari interni, la fronda forzista dei delusi, ci sarà tempo, a partire da «quell’ex ministro che dice di parlare per Forza Italia».

La mano tesa

E, dopo le dolci parole rivolte a Giorgia Meloni e a Matteo Salvini, lo zuccherino più zuccheroso il governatore lo riserva al più quotato (e temuto) fra i suoi potenziali rivali: Gaetano Galvagno. Alla presentazione del programma della Fondazione Federico II (che il golden boy meloniano ha riportato alla Bit dopo 18 anni con un programma di livello) i due presidenti sono sullo stesso palco. Un continuo scambio d’amorosi sensi. «Stiamo vivendo un momento esaltante», certifica Schifani vantando «il grande coraggio che stiamo mettendo io, Gaetano e la coalizione, compatta e coesa». Poi un investimento, a futura memoria, al quasi quarantenne presidente dell’Ars, «persona di qualità, punto di riferimento per la Sicilia». L’allievo di Ignazio La Russa arrossisce e lo abbraccia: «Troppo buono presidente, davvero».

Il brindisi

Ma la scena madre, fra Schifani e Galvagno, si consuma lontano da occhi indiscreti. Una chiacchierata schietta, «non è la prima e non sarà l’ultima», per confermare le (già note) rispettive posizioni. «Renato, io non ci penso nemmeno a correre se tu vuoi ricandidarti», è la rassicurazione di chi ammette come quello al vertice dell’Ars sia «un ruolo che mi piace e mi gratifica: vorrei rifarlo». Musica, per le orecchie del governatore che promuove il bis a Sala d’Ercole, ma si spinge anche al 2032: sarà «garante» del passaggio di testimone a Palazzo d’Orléans. Tutto suggellato da un brindisi con bollicine siciliane, un rosé beverino e nemmeno troppo pretenzioso, dal nome simbolico: “Euphorya”. È il clima che si respira a Milano. In attesa di sapere come la prenderanno gli altri alleati del centrodestra.