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Referendum, campagna elettorale al rush finale: Ms5 si gioca tutto

Di Michele Esposito |

NAPOLI – Il rush finale per il Sì porta un M5S frammentato all’attesa reunion. E’ Luigi Di Maio, mai come in queste ore, a portare sulle spalle la battaglia del referendum «chiamando» sul palco di Piazza Carità, nel cuore di Napoli, tutti i big del Movimento. Ci sono i «pasionari» della prima come Paola Taverna, ministri come Stefano Patuanelli, a sorpresa anche il presidente della Camera Roberto Fico. «Il Sì unisce tutti gli elettori italiani, è una prova di maturità», è l’ultimo appello di Di Maio. Un appello accorato perché, nel Movimento, le certezze della vittoria del Sì non sono solidissime. Il fronte del No è cresciuto e, in tutta la maggioranza, aumenta il timore dello tsunami del centrodestra alle Regionali. Tanto che Di Maio frena anche su possibili ritocchi all’esecutivo: «un rimpasto non è sostenibile». Il ragionamento, che filtra nel Movimento, è il seguente: se gli alleati di governo perdessero per 5 a 1 alle Regionali sarebbe così scontato il «diritto», per i giallorosa, di amministrare i 209 miliardi del Recovery Fund? Anche per questo, per ora, il M5S si gioca il tutto per tutto su due fronti: la vittoria del Sì al taglio dei parlamentari e percentuali ben oltre la doppia cifra in Campania e in Puglia, dove gli ultimi sondaggi sembrano dare spazio a un cauto ottimismo. «Il Movimento si salva grazie alla Campania e alla Puglia», sussurra una fonte di alto rango. Sulle conseguenze delle Regionali, si ragiona tra i pentastellati, peserà invece il dato Toscana: una sconfitta del centrosinistra lì non sarebbe imputabile a «no” alle alleanze del M5S, si sottolinea. Il tema è che i vertici del Movimento, forse anche più di quelli del Pd, chiudono anche al rimpasto. Troppo delicato il post-voto. Il rischio è che anche il premier Giuseppe Conte alla fine ne venga investito. Conte che, per ora, si mantiene concentrato sui fondi del Recovery e, in vista del voto, si limita a rinverdire l’asse con Di Maio: «il Sì non compromette la rappresentatività», spiega.

Ecco perché, se da un lato anche Andrea Orlando frena sul rimpasto dall’altro anche il Movimento, per ora, blinda la squadra dell’esecutivo. «E’ da irresponsabili metterlo a repentaglio, l’obiettivo è andare avanti tre anni», sottolinea Di Maio. Certo, a bocce fredde e con il rischio crisi messo definitivamente alle spalle, un rimpasto all’orizzonte è tutt’altro che da escludere. Ma ora, tra gli alleati, è il momento della pancia a terra in vista del 20 e 21 settembre. Il M5S sul referendum, il Pd sulle Regionali, con gli ultimi appelli del segretario Nicola Zingaretti al voto disgiunto laddove è possibile. A Napoli, sul palco del comizio finale per il Sì sfilano Taverna, Giancarlo Cancelleri, Alfonso Bonafede, Patuanelli, che attacca: «le ragioni del No è che avere 935 posti da assegnare è sicuramente meglio che 600. Avere più parlamentari significa avere più fondi quando noi, con pochissimi soldi, abbiamo dimostrato di governare». «Stiamo governando bene, benissimo», incalza la vicepresidente del Senato richiamando la piazza delle origini alla battaglia anti-establishment.

Una battaglia che, nel racconto del M5S, si incrocia con quella contro il No. Il fronte anti-taglio dei parlamentari, però, lotterà fino all’ultimo. Dopo Walter Veltroni, in mattinata è il flash mob di Più Europa a chiedere agli italiani un’ultima riflessione. E, da Matera, Giancarlo Gioretti torna a distinguersi dal suo segretario, Matteo Salvini, è sottolinea: “Il No è una battaglia nobile da combattere». Ma all’ombra del Vesuvio, a riunirsi, sono anche le varie anime del M5S. Tutte accomunate da quella “visione governista” che punta, per il Movimento, ad una leadership collegiale definita dallo stesso Di Maio come «necessaria» per sintettizzare le diverse visioni interne ai pentastellati. E Alessandro Di Battista? Domani parlerà a Bari a sostegno di Antonella Laricchia. Ma, forse, non è mai stato così lontano dall’asse centrale del Movimento. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA