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Sanità in Sicilia, i nuovi manager e la polemica sulla manina politica

Di Mario Barresi |

CATANIA – Gli scontenti, com’è normale che sia, superano di gran lunga i soddisfatti. Ma è la naturale legge dei numeri: il giorno dopo il blitz con il quale, domenica pomeriggio, la giunta regionale ha anticipato a sorpresa la nomina dei manager della sanità, le reazioni si rincorrono fra Catania e Palermo.

E ieri Ruggero Razza, oltre alle recriminazioni degli esclusi e dei loro sponsor, incassa una sostanziale promozione dai sindacati della sanità. I quali, apprezzando il «rispetto dei tempi», gli chiedono ora di inserire, nei nuovi contratti, degli obiettivi sanitari (legati agli standard di qualità) da equiparare ai vincoli di budget e di bilancio. Una reazione tutt’altro che scontata, che l’assessore regionale alla Salute incassa. Assieme alle critiche sull’elenco finale dei 15 direttori generali di Asp e aziende ospedaliere.

La più evidente è legata alla quasi totale mancanza (se si esclude Walter Messina, siciliano di ritorno al Villa Sofia di Palermo) di manager non siciliani fra i nominati. E dire che nella short-list definita dalla commissione di saggi ce n’erano. Ma da Piazza Ottavio Ziino si giustificano le assenze illustri carte alla mano, non escludendo che qualcuno possa essere comunque ripescato nei Policlinici. «Questione di opportunità», è il refrain che risuona in assessorato. Riferendosi, ad esempio, al fatto che Massimo Giupponi, direttore generale dell’agenzia per la tutela della Salute della Brianza, anche se fosse stato nominato e avesse accettato, magari si sarebbe tirato indietro perché fra i papabili delle imminenti nomine in Lombardia, come rivelato dall’assessore Giulio Gallera, in un recente confronto a margine di un evento romano dell’“Ambrosetti”, al collega Razza. Che ha dovuto rinunciare pure all’ipotesi di Nicola Zavattaro, direttore amministrativo del 118 in Lombardia, perché soggetto attuatore della convezione fra le due Regioni. Un altro nome importante, Silvio Falco, era fuori gioco per la recente nomina a direttore generale della Città della Salute di Torino.

L’altra controdeduzione riguarda i tanti, troppi, volti noti. E qui la spiegazione che arriva dal governo regionale porta alla natura stessa dell’albo, che comprendeva «meno di 50 siciliani» tutti inseriti nell’elenco nazionale fissato con regole ministeriali. «Ed è logico che, per stare lì, doveva trattarsi di manager con precedenti esperienze», è la tesi difensiva di chi spiega così anche la scelta dei “parenti di” e che comunque rivendica un turn over di 11 su 15 rispetto ai vertici nominati dal precedente governo, «con un abbassamento di 6-7 anni della media d’età». Per arrivare a un ulteriore cambio di passo si aspettano adesso i nuovi albi di direttori sanitari e amministrativi che Razza sta predisponendo anche per «rinnovare la classe dirigente» della sanità siciliana.

E poi la politica. Nello Musumeci, nel corso della direzione regionale di DiventeràBellissima, ieri pomeriggio a Catania, ha rivendicato con i suoi «nomine che per la prima volta in Sicilia sono al di fuori della lottizzazione». Ma, nei retroscena giornalistici seguiti alla divulgazione della lista dei 15, accanto a quasi tutti i nomi c’è uno sponsor politico. «Sono stati i partiti a volerci mettere il cappello, per accreditare un’influenza che non è stata decisiva», è la spiegazione che arriva dal governo. Nessuna “manina”, dunque, nelle scelte finali. Le pressioni ci sono state, ma alla fine le scelte sono state «sagge e, soprattutto, meritocratiche». Certo, rimane sempre il legittimo sospetto che l’assalto alla diligenza non sia stato del tutto sventato e che alcuni nomi siano piuttosto il risultato di un compromesso fra le forze di centrodestra, talvolta con l’intrusione anche trasversale di influenti esponenti della (teorica) opposizione.

L’altra rivendicazione, soprattutto di Musumeci, riguarda la trasparenza: chieste certificazioni penali e anche una specie di liberatoria su quelle che il governatore ha definito le «parentele pericolose». S’è risolto anche il caso di Maurizio Lanza, nominato direttore generale dell’Asp di Catania, con alle spalle una condanna per danno erariale da parte della Corte dei conti proprio per una sua precedente esperienza all’azienda sanitaria etnea. «Ha pagato (96mila euro, ndr), non c’è alcuna causa di esclusione», tagliano corto dall’assessorato.

E adesso la corsa per i Policlinici. A Messina sembra scontata la nomina di Giuseppe La Ganga; a Catania ballottaggio fra Giuseppe Sirna e Giuseppe Giammanco (con Rosario Fresta possibile terzo incomodo); mentre il caos palermitano va diradandosi su una sfida a due, con Pietro Grasso favorito su Carlo Picco.

Twitter: @MarioBarresi

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