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Sicilia, assalto al “Carroccio” vincente: ma le condizioni le dettano i leghisti

Di Giuseppe Bianca |

PALERMO – Un trend di consenso politico con numeri in crescita e tante piccole certezze da mettere in fila. Il menù delle opzioni della Lega in Sicilia riparte da una idea chiara: la strada va costruita passo dopo passo evitando affollamenti ingombranti sul carro del vincitore. Tanto più che oggi, di lotta e di governo, il partito di Salvini vede non più tanto distante il banco di prova delle prossime elezioni europee rispetto al quale consolidare il proprio baricentro. Anche in Sicilia.

Tradotto in nomi, non dispiace a nessuno l’avvicinamento al partito del vicepremier Salvini di Vincenzo Figuccia (attualmente responsabile provinciale a Palermo dell’Udc) o di Marianna Caronia (irreversibilmente da tempo in rotta di collisione con Forza Italia), due deputati regionali a cavallo della risicata linea di confine della maggioranza parlamentare all’Ars. Ma il percorso annunciato dal commissario Stefano Candiani, fedelissimo di Salvini, promette di voler ripartire dalla costruzione di un voto d’opinione più che da un tessuto fatto di rapporti eccessivamente territorializzati. Oggi all’Ars l’unico nome in campo rimane quello di Tony Rizzotto, eletto a Palermo alle ultime Regionali.

Questo non significa che l’apertura non si estenda a 360 gradi. Anzi. È solo un problema di regole e di criteri a cui però, difficilmente si concederanno deroghe. Ecco dunque che chi nella Lega vuol rimanere della partita, deve mantenersi sulla linea d’ascolto di Candiani. Il reclutamento delle nuove leve punta su professionisti, imprenditori, giovani, pescando fuori della cerchia dei soliti noti che i leghisti in Sicilia hanno sempre deplorato e che oggi, possibilmente vengono visti ancora di più come fumo negli occhi. Nulla in altre parole che somigli al concetto partito-autobus, fanno sapere, che spesso ha caratterizzato, infruttuosamente veloci innamoramenti e rapide disillusioni e verso cui – viene ribadito – è inutile estendere nuovi tentativi. Su questo blocco di premesse è destinato a saldarsi l’asse di ieri formato da Pagano, Lo Monte e Attaguile con il nuovo asset destinato a prendere forma a breve.

Per i leghisti, inutile negarlo, il sogno nel cassetto si chiama Musumeci. Il profilo del governatore siciliano che ha più volte chiarito di volersi concentrare sulla postazione di governo di Palazzo d’Orleans, si sposerebbe a perfezione con il tentativo di allargamento a colpi di voto d’opinione, portato avanti dai leghisti. Il centro post democristiano e il gruppone italo-forzista, incerottati dopo il risultato delle Politiche, rimangono infatti alla fine il vero competitor dei leghisti siciliani in via d’affermazione. Musumeci tuttavia non ha alcuna intenzione di cambiare maggioranze (pur risicate come l’attuale), e ha scelto di rimanere sintesi della coalizione che lo sostiene.

Ragione per cui lo scenario più probabile rimane l’attuale. Un rapporto personale e politico tra Musumeci e Salvini privo di alti e bassi e con un occhio al profilo di collaborazione (necessaria per la Sicilia) tra esecutivo nazionale e regionale. Se mai ci dovesse essere un esponente leghista pronto a entrare in giunta domani, difficilmente potrebbe appartenere alla platea dei nomi e dei volti politici, parlamentari compresi, e si configurerebbe come l’ennesimo nome d’area scelto sulla base di un percorso condiviso. Discorso diverso, ma oggi frutto di uno scenario assolutamente potenziale, potrebbe venire fuori se il perimetro della maggioranza dovesse estendersi con provenienze di parlamentari diversi dall’attuale quadro che passino attraverso l’adesione al verbo leghista. Oggi poco più che un’ipotesi d’accademia.

Una figura che potrebbe invece nascere nel tempo, proprio alla luce dei rapporti tra Palermo e Roma, è quella a metà strada tra un tutor e un ufficiale di collegamento, di chiara espressione leghista che si occupi di portare avanti il lavoro, rendendosi ben individuabile. Anche dagli elettori.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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