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Sicilia, la mappa delle "mancette" ai Comuni in Finanziaria: a chi tanto e a chi nulla, ecco perché

I contributi diretti riguardano soltanto un terzo dei 391 Comuni siciliani: Vi spieghiamo il motivo per cui alcuni restano a bocca asciutta e altri fanno il pieno

Mario Barresi

10 Gennaio 2024, 13:28

ars

Nel tritacarne dell’inciucio trasversale, finisce che la legge-spot la tirano fuori quelli dell’opposizione. La Regione, come per i familiari delle vittime di mafia, assumerà le donne oggetto di violenza di genere (se con deformazione o sfregio permanente del viso) o gli orfani di femminicidio. Per chiamata «diretta e personale», anche in enti controllati, Comuni e Asp. Cateno De Luca passa subito all’incasso: «Grazie all’impegno di Ismaele La Vardera e alla determinazione del gruppo Sud chiama Nord siamo riusciti a far approvare una norma che restituisce dignità a tante persone che hanno subito gravi danni e ingiustizie nel corso della loro vita. Adesso anche il governo Meloni batta un colpo».

Tutto molto bello, ci mancherebbe. Eppure, al di là delle perplessità che già ieri serpeggiavano a Palazzo dei Normanni (la norma, senza copertura finanziaria specifica, verrebbe agganciata all’iter previsto per le vittime di Cosa Nostra, con regole e requisiti ben precisi e non assimilabili) sul rischio di impugnativa, assieme a tante altre inserite nel ddl “omibus” non a caso stralciato dal testo della manovra vera e propria, andrebbe magari spiegato perché la legge-simbolo è a costo zero, mentre si danno 100mila euro per una partita di calcio a Catania intitolata «contro i femminicidi» e alla benemerita associazione “La Fortezza” di Agrigento un contributo di 200mila.

Manovra "generosa"

Il punto è un altro. Le hanno chiamate, spesso, “mancette”. Ma magari, in fondo, non lo sono. Almeno in una parte della raffica di interventi, sacrosanti nello spirito, destinati ai Comuni siciliani. Riqualificazione urbana, scuole, chiese, impianti sportivi, oltre ai più vaghi contributi per incrementare i flussi turistici. I municipi escono molto bene dalla manovra tout court che anche su altri versanti (i fondi per la progettazione, ad esempio) è stata molto generosa. Ma è il sistema che non funziona. Tornando al ddl stralcio da circa 100 milioni, quello frutto dell’accordo prenatalizio fra maggioranza e opposizione, i contributi diretti riguardano circa un terzo dei 391 Comuni siciliani. E gli altri?

Il budget dei deputati

In questo contesto, dunque, pesa soprattutto il budget personale dei singoli deputati: 20 milioni suddivisi fra i 40 esponenti del centrodestra e poco meno di 10 milioni fra i restanti di M5S, Pd e Sud chiama Nord. Ognuno, in piena libertà, ha deciso dove puntare le proprie fiches nella mappa dell’Isola. E qui si contano alcune prove di potere locale, ma soprattutto tante ingiustizie. Perché ci sono più di 250 Comuni di “Roccacannuccia” che restano a bocca asciutta, mentre pochi altri, alcuni dei quali piccoli, fanno il pieno di contributi? Anziché i soldi, come consigliavano i maestri delle investigazioni antimafia, in questo caso bisogna seguire la carta d’identità dei singoli onorevoli. Soltanto così si può spiegare, ad esempio, perché il Comune di Cerda, di cui è sindaco il deputato leghista, ex Sud chiama Nord, Salvo Geraci incassi ben 550mila euro (200mila per la celeberrima Estate Cerdese e 350mila per la Sagra del carciofo), mentre altri mega-centri del Palermitano, come Bagheria “orfana” di rappresentanti all’Ars, restano a quota zero.

Contributi “griffati”

Altri contributi “griffati” riguardano Paternò, la città del presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, (500mila euro per via Alcide de Gasperi e 300mila per il palasport), più le associazioni Sicilia Sviluppo (100mila euro), e poi Monreale (400mila euro per la rete fognaria, 100mila al restauro del monumento dei Caduti e 150mila per un campo di padel), di cui il deputato meloniano Marco Intravaia è presidente del consiglio comunale. Emblematico, nel Ragusano, il derby fra il capogruppo di FdI, Giorgio Assenza, originario di Comiso (200mila euro per il mercato ortofrutticolo, 100mila per Pedalino, 100mila per un parco urbano, 200mila per impiantistica sportiva) e il democristiano Ignazio Abbate, ex sindaco-sceriffo di Modica (100mila euro per il campo di bocce, altrettanti per il campo di calcio a Sampieri, 200mila per altre strutture sportive, 150mila per i flussi turistici, 100mila contro la dispersione scolastica e 100mila per il teatro Garibaldi).

Curioso poi che Caltanissetta, fra gli enti più penalizzati, prenda appena 100mila euro per la voce incremento dei flussi turistici: la stessa somma di Lercara Friddi, che ne ha davvero bisogno. Va meglio a Milena (400mila euro per il cappotto tecnico alla scuola Pirandello e 100mila al parco Pertini) e ad Acireale (250mila euro per il commissariato, 300mila per i flussi turistici, 200mila alla Fondazione del Carnevale) molto cara al forzista Nicola D’Agostino. In questo scenario sembrano persino pochi i 350mila euro per Catania (illuminazione pubblica in due quartieri e sistemazione di piazza Bovio), rivendicati dal Mpa, soprattutto se paragonati ai fondi attribuiti a Mascalucia: 500mila euro per promozione agroalimentare e 200mila per riqualificazione urbana.

La forza dello sponsor

Siamo alle solite. È corretto sostenere gli enti locali, ma ci vorrebbero dei criteri diversi dalla forza dello sponsor all’Ars. Ad esempio, a parità di plafond finanziario, dei bandi aperti per progetti cantierabili. E invece no: quindi molti degli interventi di generica riqualificazione urbana hanno il “taglio” di 100mila euro. Una somma che serve - e i sindaci lo sanno - per qualche metro d’asfalto, due lampioni e una panchina. E poi perché 200mila euro per il ripianamento finanziario del Comune di Randazzo (buoni e benedetti) e nulla ad altre decine di enti sull’orlo del precipizio di bilancio?

Le opposizioni prima chiudono l’accordo per spartirsi i fondi “territorializzati”, e subito dopo il voto (ipocritamente contrario, il loro in aula) attaccano la finanziaria del governo Schifani. Siamo al festival dell’ambiguità , un tema che qualcuno - soprattutto nel Pd - ha cominciato a sollevare. Nel silenzio di chi ha incassato la propria piccola parte.

Non solo Comuni

Il criterio dello sponsor locale non vale soltanto per i Comuni. Così, oltre a essere una lezione di stile, è un pugno allo stomaco la garbata lettera di protesta della della Fict (Federazione italiana comunità terapeutiche). Che con il delegato regionale Giorgio De Cristoforo, presidente di Casa Rosetta onlus, che opera in Sicilia con tre comunità per le dipendenze patologiche, denuncia: «Il maxiemendamento alla legge finanziaria regionale approvato la notte scorsa dall’Ars esclude inspiegabilmente le comunità terapeutiche per le dipendenze da droga e altro dall’adeguamento tariffario deciso per le altre strutture riabilitative convenzionate con la sanità regionale». Forse perché nessuno di loro è andato a cercare la raccomandazione a questo o quel deputato regionale? «Non comprendiamo il motivo dell’esclusione – aggiunge De Cristoforo – e riteniamo che si tratti soltanto di una involontaria svista. Facciamo dunque appello al presidente Schifani e agli assessori competenti affinché con il decreto attuativo da emanarsi entro 30 giorni trovino il modo di assicurare l’adeguamento tariffario anche alle comunità per le dipendenze patologiche superando l’ingiustificata esclusione» Se non fosse così, sarebbe una sconfitta. Per tutti.

C’è chi ne è uscito vincitore. Come l’associazione “I Love Eventi Sicilia”: 100mila euro per la Sagra dell’arancino a Rosolini. Ma i più fortunati, nella lotteria dell’Ars, sono gli allevatori «aventi sede legale nei comuni della provincia di Caltanissetta» che ottengono 550mila euro per «l’acquisto di foraggi e concentrati». Un «contributo straordinario», per compensare i maggiori costi sopravvenuti nel 2023. E nelle altre otto province siciliane i foraggi li hanno avuti gratis?

m.barresi@lasicilia.it