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IL RETROSCENA
Sicilia, il nuovo Centro di gravità permanente di Lombardo-Lagalla-Miccichè. E la suggestione di uno Scateno moderato
Acque agitate tra gli inconsolabili orfani siciliani di Mamma Dc. Venerdì l’Mpa si federa con Fi. Ma già domani la Cosa Bianca di Lo-La-Mi. I consigli di Dell’Utri e la garanzia a Tajani: «Sì al bis di Schifani»
Succederà tutto (o quasi) in pochi giorni. I prossimi. Nel nuovo centro di gravità permanente siciliano l’unico appuntamento ufficiale è fissato a Roma venerdì prossimo alle 15. Quando, nel corso del consiglio nazionale di Forza Italia convocato dal segretario Antonio Tajani (e presieduto da Renato Schifani), sarà ufficializzata la federazione con l’Mpa. Raffaele Lombardo ha già fatto il biglietto aereo: ci sarà anche lui all’evento per raccogliere quanto seminato negli ultimi mesi, a partire dal sostegno alle Europee, coronamento di un «rapporto di collaborazione politica – ricorda il leader autonomista – frutto della grande sintonia, stima e amicizia che mi ha sempre legato al presidente Berlusconi».
Accadrà anche dell’altro. In buona parte fuori dai radar politici. E riguarda il progetto che va oltre l’Mpa: la “Cosa Bianca” che mette assieme, oltre a Lombardo, anche Roberto Lagalla e Gianfranco Miccichè. «Ma non solo loro, perché la lista si allunga di giorno in giorno», assicura chi sta curando in prima linea l’operazione. Ancora un nome non c’è. Potrebbe essere “Alleanza per il Sud”, lo stesso logo di una bozza schizzata tanti anni fa da Berlusconi in persona su un foglietto custodito come una reliquia dall’ex governatore coi baffi. Oppure, visto che il politicamente corretto vieta la proposta più guascona quanto efficace (l’acronimo “Suca”, che starebbe per “Siciliani uniti con amore”: facile immaginare di chi sia l’idea), alla fine il nome potrebbe essere un elenco delle diverse matrici, tipo “Autonomisti, moderati e liberali”. O giù di lì. Ma non c’è nemmeno tanto tempo per starci a pensare: la presentazione del nuovo soggetto politico dovrebbe svolgersi a Palermo nei prossimi giorni. Forse già domani.
Anche oggi, però, potrebbe succedere qualcosa di rilevante. Se fosse vero che Miccichè andrà a Milano (ma il diretto interessato smentisce, o forse depista) per farsi una chiacchierata con Marcello Dell’Utri, uno dei padri fondatori forzisti ancora molto ascoltato dalla famiglia del Cav, allora l’esito dell’incontro potrebbe dare un altro respiro al progetto. Anche perché uno dei big azzurri più interessati al “movimento dei movimenti” è Giorgio Mulè. Il vicepresidente della Camera segue con occhio attento il laboratorio centrista. E a Roma, fra i parlamentari siciliani, non sarebbe il solo.
Le precisazioni
Due precisazioni utili a comprendere il quadro. La prima riguarda la «compatibilità», ostentata dai protagonisti, fra la federazione dell’Mpa in Forza Italia e il nuovo soggetto fondato sul tridente Lo-La-Mi. Una cosa è «la partita nazionale che sta giocando Raffaele, passando all’incasso con Tajani per i voti portati alla Chinnici», ben altra è «l’unione di forze autonomiste e civiche, che annovera il sindaco della città più grande d’Italia guidata dal centrodestra e punta ad aggregare tanti amministratori e movimenti locali». C’è già una lista di interlocutori privilegiati, composta da sindaci senza partito di alcuni grossi comuni. Un’unità di misura sono gli auguri natalizi organizzati da Miccichè a Palermo la prossima settimana: la festicciola per pochi intimi sta diventando un bagno di folla. «Negli ultimi tempi non mi cagava più nessuno, adesso dovrò affittare una sala enorme», notifica via sms agli alleati l’ex presidente dell’Ars. Gongolando.
La seconda questione riguarda il rapporto con il presidente della Regione. Nel frullatore moderato si agitano tutti personaggi in apparenza ostili a Schifani, che di fatto è anche il leader siciliano di Forza Italia: dall’arcinemico Miccichè, prima isolato e poi defenestrato dal partito, a Lombardo, l’alleato più spigoloso e temuto, fino a Lagalla, potenziale candidato governatore nel 2027, il tutto con il concorso esterno di Mulè, uno che non le ha mai mandate a dire al governatore, il quale lo ha da tempo messo in cima alla lista nera del fuoco amico azzurro. In teoria, per Schifani, sono “i quattro dell’apocalisse”. In pratica, per ora, no. Innanzitutto perché Tajani, riconoscendo al partito siciliano il credito per l’exploit alle Europee (al lordo della lista estesa ad altre tre forze), pone come regola d’ingaggio di ogni alleanza o affiliazione «l’appoggio alla ricandidatura del nostro presidente». E così è, almeno sulla carta.
Il mantra
«Non c’è alcuna ostilità», è il mantra che i centristi declameranno nella conferenza stampa prossima ventura. La vera notizia è che non si tratta di una supina accettazione del diktat nazionale del partito, ma la linea morbida su Schifani è frutto di una valutazione dei diretti interessati. Che hanno colto, negli ultimi tempi, i messaggi di disgelo fuoriusciti da Palazzo d’Orléans. «Renato è un uomo delle istituzioni, uno che sa ascoltare», ragionano nel nuovo club centrista. E si fa sempre più spazio una premonizione all’insegna della realpolitik: «L’alternativa, fra tre anni, sarebbe un candidato di destra come Galvagno. Allora meglio confermare un moderato come noi». Segue la precisazione fatalista che «comunque da qui al 2027 può succedere di tutto», eppure a Roma è stata fornita la garanzia che qualsiasi cosa accadrà di qui a poco – tanto l’affiliazione dell’Mpa in Forza Italia quanto la nascita del soggetto centrista – «non è contro Schifani». E il governatore, raffinato tessitore, incassa un’importante polizza sul secondo mandato. Riuscendo, allo stesso tempo, a dare un preciso segnale interno al suo partito. Soprattutto a chi viene definito «troppo in movimento». Ogni riferimento a Edy Tamajo – “espatriato” ben oltre il confine palermitano facendo proseliti a Messina e Agrigento, con l’ira rispettivamente di Tommaso Calderone e di Riccardo Gallo – è puramente casuale?
Ma il centro, soprattutto alle nostre latitudini, resta un condominio piuttosto affollato. E dunque si pone il problema del rapporto fra il Lo-La-Mi e gli altri inquilini. Uno degli effetti collaterali (per la gioia di Lombardo) potrebbe essere l’ulteriore isolamento di Totò Cuffaro. Il leader della Dc, al di sopra dello Stretto, è vittima della sindrome del brutto anatroccolo: tutti vogliono i suoi voti (e Forza Italia, che pure l’aveva rifiutato, ne ha fatto incetta alle Europee), ma nessuno vuole lui. E allora, se l’ex governatore volesse sottrarsi al confino nell’Isola, l’unica strada nazionale è il rapporto con Noi Moderati di Maurizio Lupi e, soprattutto, di Saverio Romano.
L’ossimoro
«Con loro ci sarà un naturale dialogo, ma restando ognuno a casa propria», fanno sapere dal cantiere autonomista-centrista. Dentro il quale si fa sempre più nitido uno scenario: l’operazione di Fratelli d’Italia, che vuole riempire il contenitore di Lupi e Romano per svuotare il bacino forzista. Già accolte le “pentite” calendiane Mara Carfagna e Mariastella Gelmini, in Sicilia c’è l’imbarazzo della scelta. E una delle trattative in corso sarebbe clamorosa: assoldare (su iniziativa dell’amico Gaetano Galvagno, con l’impegno di Ignazio La Russa e il placet di Arianna Meloni) nientepopodimeno che Cateno De Luca. Come dire: uno “Scateno” moderato. Un ossimoro politico, l’ultima suggestione che accarezza (o terrorizza?) gli inconsolabili orfani siciliani di Mamma Dc.