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Sicilia, nuovo Centro di gravità permanente. «Ma non è un partito» (per ora)

Di Mario Barresi |

CATANIA – Sono tutti, o quasi, ex democristiani. Ma loro non vogliono rifondarla, la Dc. Semmai incarnarla in «tempi nuovi» che «richiedono idee e visioni per il futuro», con lo scopo dichiarato di «contrastare» i «limiti» di populismi e sovranismi, «dannosi per il Paese». Non hanno un nome, né un simbolo. Ma c’è già una prima “Carta dei valori”. Due pagine fitte di buoni propositi e di idee – niente di rivoluzionario, ma scritto bene – con un centinaio di firme in calce. Fra le quali quelle di tre deputati-assessori regionali di centrodestra (Toto Cordaro, Roberto Lagalla e Mimmo Turano) e del capogruppo di Italia Viva all’Ars, Nicola D’Agostino.

Eccolo, in Sicilia, il nuovo centro di gravità permanente, che coinvolge pezzi grossi di ceto politico (l’ex ministro Saverio Romano), ex parlamentari nazionali e regionali (Antonello Antinoro, Maria Pia Castiglione, Roberto Clemente, Roberto Corona, Orazio D’Antoni, Enzo Fontana, Marcello Gualdani e Giuseppe Ruvolo), sindaci in carica e non (da Nicolò Nicolosi a Giuseppe Ferrarello, da Filippo Tripoli a Michele Termini e Marco Sinatra, per citarne qualcuno) e amministratori locali. Ma anche imprenditori e medici, manager ed economisti, professionisti e docenti, web designer e arbitri emeriti.

I temi comuni? Illuminati dal faro dell’«europeismo», sono le infrastrutture (il Ponte in primis), la «lotta alle diseguaglianze», le «riforme istituzionali» e gli «interventi strutturali», con imprese e famiglie in primo piano. All’epoca di TikTok c’è anche un riferimento agli «oratori cattolici» come «punti di riferimento» per i giovani. E si parla di «immigrazione e accoglienza», con un approccio, appunto, moderato: «Una società civile non respinge, ma neppure prevede nuovi lager dai nomi suggestivi». Ragiona Lagalla: «L’emergenza Covid ha opacato la politica vera. E noi, in coincidenza col vaccino, rimettiamo al centro la tensione morale e i contenuti».

Ma cosa c’è dietro l’ennesimo laboratorio centrista di Sicilia? Partiamo da quello che non c’è: «Nessun cambio di casacche o di equilibri all’Ars. Ognuno, per ora, sta a casa sua: non è un’operazione d’aula né di potere. Io, per intenderci, resto nel mio partito e all’opposizione del governo Musumeci», scandisce il renziano D’Agostino. Gelando subito la suggestione di un suo addio a Italia Viva per passare al centrodestra. «Non è un partito nuovo. Quelli attuali ed esistenti rimangono in vita e determinanti», garantisce il capogruppo di Iv, che con sé porta gran parte del mondo ex Sicilia Futura, oltre che un pezzo di Sant’Egidio (il responsabile della Comunità a Catania, Walter Cerreti). E il partito che ne pensa? Non ha ostacolato l’iniziativa di D’Agostino e osserva l’iniziativa. Anche da Roma. «Con interesse».

Nel gemellaggio della “doppia A” (Acireale e Alcamo), decisivo nella genesi di questo rassemblement, in prima linea c’è sin dall’inizio Turano. Che prova a rintuzzare un evidente limite iniziale del progetto: l’assenza di un riferimento romano. «Il consiglio nazionale dell’Udc, con la dignità di un piccolo partito che ha tenuto assieme una serie di valori a livello nazionale, ha scelto, su input di Lorenzo Cesa di allargarsi a movimenti e gruppi nuovi». E, scandisce l’assessore alle Attività produttive, firmatario della “Carta” neo-centrista col segretario Decio Terrana, «è il momento giusto per partire proprio dalla Sicilia». Nella lista dei cento anche l’ex assessora del governo Crocetta, Ester Bonafede.

Può essere il «momento giusto», anche perché insieme ci sono interlocutori che fino a poco tempo fa non si parlavano. Un valore aggiunto è la presenza di Cantiere Popolare, con l’assessore Cordaro e con lo storico leader Romano. «Sia chiaro: non è una fusione a freddo, né un ritorno al passato», taglia corto l’ex ministro. E allora cos’è questa Cosa Bianca siciliana? «Una nuova pagina, con un contenitore che nasce già forte e autonomo e un modello che ci piacerebbe affermare a livello nazionale. Forse fuori moda, perché senza leader forte né nuovo simbolo, pensando prima ai contenuti e poi ai voti».

D’Agostino rafforza il concetto: «Immaginiamo, oggi, uno strumento elettorale frutto della convergenza e federazione fra varie forze politiche che si richiamano a comuni valori». Ed è chiaro che le tappe sono già segnate in rosso sul calendario: le Amministrative di Palermo (con potenziali aspiranti del calibro di Lagalla e Romano) e di Catania, ma soprattutto le Regionali del 2022. Per quest’ultima scadenza la collocazione naturale è il centrodestra, col sostegno a Nello Musumeci. «Ma più che guardare noi da un lato o dall’altro, sono tutti a dover guardare a noi», sibila D’Agostino sottintendendo la formazione di liste per l’Ars decisive per far vincere (o perdere) qualsiasi aspirante a Palazzo d’Orléans.

E che rapporto c’è con la Nuova Dc di Totò Cuffaro? «Non c’è bisogno di aggiungere nuovi partitini, ma sono più le cose che ci uniscono rispetto a quelle che ci dividono», sillaba Romano, il più vicino di tutti al cuffarismo. Ma l’ex ministro non taglia fuori nemmeno «l’amico Gianfranco Miccichè» (con il quale negli ultimi tempi il rapporto è molto più disteso), in quanto «coordinatore regionale di un partito il cui leader, Silvio Berlusconi, in questa fase s’è mosso con grande senso di responsabilità».

Romano osserva anche le mosse di Renzi («Se davvero ritira la Bellanova dal governo, ne vedremo delle belle»), pur non pretendendo prove d’amore dai renziani: «È chiaro che non chiediamo a Iv di uscire dalla maggioranza di Orlando a Palermo, ma l’anno prossimo dovranno decidere il da farsi…». E qui il ruolo del deputato regionale Edy Tamajo (non ha firmato la Carta, l’hanno fatto alcuni vicini a lui) e di Davide Faraone, fra i primi ideologi dell’unione dei moderati in Sicilia, diventerà decisivo.

Ma il primo test sarà all’Ars. Con un ddl «per combattere la povertà crescente nell’Isola». La risposta neo-centrista al reddito di cittadinanza grillino. «Lo stiamo studiando, lo proporremo a tutte le altre forze». E, anche se Lagalla giura che «la nostra non è un’operazione quantitativa o numerica, ma qualitativa e valoriale», sarà la prima conta. Così, per vedere l’effetto che fa. Tutto il resto verrà da sé.

Twitter: @MarioBarresi

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