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Siracusa, la paura del vuoto… di potere: verso le elezioni bis tra i soliti sospetti

Di Mario Barresi |

SIRACUSA – Si fa presto a dire “sistema Siracusa”. Bisogna tornare alle urne. Forse a giugno, chissà. Cancellati i risultati del 2018, si deve rifare tutto. O quasi, chissà. I denunciati brogli elettorali sono stati derubricati a «gravi irregolarità» in nove seggi. E tutti lì a spulciare i verbali per fare l’autopsia agli errori e il pedigree politico ai presidenti di seggio, in molti a chiedersi perché il morbo diagnosticato dal Tar non debba estendersi alle altre 67 sezioni che presentavano sintomi, seppur meno gravi.

A proposito: ma i 28 pazienti-elettori della sezione speciale ospedaliera, la numero 123, ora che faranno? Dovranno tornare in corsia, anche se non più ricoverati per ripristinare l’esatta composizione dell’elettorato del 10 giugno dell’anno scorso?E tutti lì, col pallottoliere, a fare conti e conticini, proiezioni e fatture (nel senso paragnostico del termine).Il dito e la luna.

«Forse, per la prima volta nella storia della città, non ci sarà nessun sindaco davanti alla processione di Santa Lucia», è la preoccupazione che serpeggia al bar Viola, terminal intermedio dello struscio in corso Matteotti. Ecco, il punto – scremato dall’orgoglio catto-indigeno per la patrona che «sarausana je…» – è proprio questo. Chi guarda il dito (per qualcuno è il medio, per voglia di rivincita) non s’accorge che, anche in questa meravigliosa sera di festa, dietro alle luminarie scintillanti c’è l’eclissi di luna.

Francesco Italia non è più sindaco. Proprio qualche giorno dopo il suo coming out di adesione al movimento di Carlo Calenda. Circostanza che risveglia gli istinti più bassi di chi crede nella potenza degli iettatori. Siracusa, dopo essere diventata orfana del consiglio comunale, ora ha perso il primo cittadino. Una nave da crociera senza nemmeno l’ultimo degli Schettino al timone.Ecco, il punto è questo. Prima di spiegare come ci si è arrivati e prima di capire cosa potrà succedere, è il dato di partenza a preoccupare. Venerdì scorso, la sentenza del Tar di Catania ha fatto tabula rasa sul voto del 2018. E adesso ci si aspetta che la Regione nomini il commissario straordinario. Potrebbe arrivare oggi, anche se qualcuno a Palermo ipotizza che ci vorranno almeno un altro paio di giorni.

«Stiamo studiando la vicenda, compresi i precedenti», dicono dagli uffici. Anche perché Margherita Rizza, dirigente del dipartimento Enti locali, su queste vicende delicate, più che con l’assessore Bernardette Grasso, s’è sempre confrontata con Nello Musumeci. Ma il governatore è in volo per Pittsburgh, ne avrà per un paio di giorni. «Mi auguro che il governo regionale non perda tempo e ridia una guida a questa città», incalza l’ex deputato regionale Enzo Vinciullo.

«E se viene un altro terremoto, come quello della notte di Santa Lucia del 1990, chi è che comanda?», è un altro dubbio di chi, senza pensare alla iella, ha paura del buio. L’insolito status pesa ancor di più in una città già in convalescenza. La raffica d’inchieste su ogni scibile politico-amministrativo: dagli appalti comunali alle firme a sostegno delle liste del sindaco precedente, Giancarlo Garozzo, fino alla gettonopoli dei consiglieri. Molto fumo, solo qualche bocconcino d’arrosto.

E poi s’è scoperto che c’era del marcio anche in tribunale. E l’ormai celebre “sistema Siracusa” – la cricca orchestrata dagli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore per condizionare indagini e soprattutto pilotare sentenze – è diventato, col senno di poi, una mega-indulgenza per peccati e peccatori, roba che manco al Giubileo.

Ma, visto che si parla di voto bis, come impedire che la mente vada alle elezioni-truffa? Proprio a due passi da qui, in nove (coincidenza..) sezioni di Rosolini e Pachino. Dalle Regionali 2012 alla ripetizione due anni dopo, con Pippo Gennuso che rimonta alle urne ma poi patteggia, lo scorso luglio, un anno e due mesi di pena per traffico d’influenze nel processo coi giudici corrotti da Amara e Calafiore, anche per la sentenza che aprì la strada al voto-replay. E come non fare caso alla tempistica, pochi giorni prima della decadenza di Italia, della nuova richiesta di risarcimento danni al Comune (27 milioni) proprio da Open Land, beneficiaria, per stessa confessione dei dioscuri del “sistema Siracusa”, delle sentenze pilotate?

Calafiore e Amara

 

Ed è pure per questa cappa di sospetti (non sempre fondati) che qualcuno va a ripescare dal curriculum di Agnese Barone, presidente della prima sezione del Tar di Catania che ha firmato la sentenza scaccia-sindaco, un rigo: «Consigliere giuridico del Ministro dell’Ambiente (2009-2011)». Leggasi: la siracusana Stefania Prestigiacomo. Se non ci fosse questa caccia alle streghe, nessuno avrebbe notato un vecchio incarico, assolutamente legittimo, di un magistrato dalla carriera impeccabile, che ricoprì prima il medesimo ruolo per Emma Bonino.

Carta vince, carta perde. Alla fine alcuni cattivi si sono mimetizzati fra i buoni e molti buoni si sono incattiviti. «Alla ferita del sistema Siracusa – attacca la deputata Prestigiacomo – si aggiunge l’ombra dei brogli nel processo democratico. Ora vogliamo la verità». All’ex ministra replica, da par suo, Fabio Granata, aspirante sindaco del voto da ripetere ma ora assessore di Italia. «Basta con la suggestione di inesistenti brogli: nella sentenza si parla solo ed esclusivamente di irregolarità in 9 su 123 sezioni».

E questo è pure vero, com’è vero che al primo turno fu Ezechia Paolo Reale (l’uomo del centrodestra unito, autore del ricorso al Tar) il candidato più votato, col 37%, sfiorando l’elezione senza ballottaggio col sostegno di una gioiosa macchina da guerra. «Al primo turno l’unica regia esistente e che con ogni mezzo e tipologia spregiudicata di candidatura ha provato ad arrivare al 40%, è stata quella della coalizione di Reale», che, secondo Granata, era «sostenuto da Gennuso, Coltraro, Magro e compagnia, si fa per dire, bella…».

Reale, ex assessore regionale all’Agricoltura in quota Lino Leanza, rivendica con La Sicilia che «quando gli avvocati Amara e Calafiore ancora erano in auge, ossequiati da tutti, il primo atto del “sistema” fu quello di arrestare un ingegnere del Comune (Natale Borgione, ndr) per convincerlo a dare il via libera al progetto dei Frontino. Ci fu una persona che indossò la toga e difese l’ingegnere ottenendo che fosse ristabilita la verità e restituito l’onore del dirigente pubblico. Quella persona ero io».

E allora? «Se c’è qualcuno che sa come combattere il “Sistema Siracusa” – scandisce Reale – quello sono io. Io l’ho combattuto per ristabilire la giustizia. Mi spavento di coloro che l’hanno combattuto per avere un ritorno personale». E l’avvocato-gentleman chiude con la sempre utile citazione sciasciana dei professionisti dell’antimafia: «Ho il timore che, esaminando una serie di indagini, si scoprirà che forse a contrapporsi al “sistema” c’era un “antisistema”».

Ma l’arsenico e i vecchi merletti del recente passato sono già argomenti di una nuova campagna elettorale kafkiana. Non si sa ancora quando si voterà, si andrà alle urne soltanto in 9 sezioni (in cui votarono meno di 4mila persone) sulle 123 totali, ma qui sono molto più importanti delle Midterm americane.

Incontriamo Italia – sempre charmant, avvolto in un cappotto di taglio sartoriale – poco prima che cominci la processione dell’Immacolata. Lui ci andrà, senza fascia. E con dentro tanta rabbia. Il ricorso al Cga? La sospensiva al Tar? «Stiamo valutando. È una scelta personale, ma voglio condividerla nelle prossime ore con gli alleati. Non ho alcuna paura del voto, tornerò sindaco». E poi emerge il rimpianto «per le tante cose che stavamo portando avanti, fra cui alcune decisioni politiche delle quali non so fino a che punto un commissario potrà assumersi le responsabilità».

Il nuovo ospedale, la stretta sui furbetti dei tributi comunali (400 milioni evasi negli ultimi tre lustri), i fondi di Agenda urbana, i progetti sui beni culturali, la spinta sul 35% di differenziata: sono solo alcune delle cose in ballo. La solita ombra del “sistema” lo fa trasfigurare in volto: «Io, appena eletto, ho scritto al presidente della Repubblica affinché si opponesse al patteggiamento di Amara e Calafiore. Dall’altra parte si sono avuti solo imbarazzati silenzi…».

Siamo in piena campagna elettorale. «Caos e confusione, si modifica l’assetto geopolitico della città che, senza amministrazione, si scopre vulnerabile e indifesa», proclama “Archimete Pitacorico” sul suo blog satirico, evocando «l’invasione di Fontane Bianche, vittima delle scorribande dei malacarni di Cassibile». Magari non sarà proprio così, ma si capisce – anche dai “santini” ricomparsi sui profili social di molti candidati del 2018 – che la posta in gioco è alta.

Nella tornata annullata, nelle nove sezioni incriminate, votarono 3.763 siracusani. Ammesso che l’effetto-thriller aumenti l’affluenza, è un numero tale da condizionare l’esito del voto? Teoricamente sì. Anche se in pratica è molto difficile. Per raggiungere la soglia del 40% e vincere (ex post) al primo turno, Reale avrebbe bisogno che otto elettori su 10 lo votassero, sfiorando 3mila preferenze su circa 4mila potenziali votanti. Una missione quasi impossibile, che fa sentire Italia al sicuro. Anche perché il sindaco uscente è certo che «prevarrà il principio del “favor voti”». E cioè: se la consultazione parziale non dovesse modificare il risultato del primo turno (con Reale sotto il 40%), non c’è bisogno di rifare il ballottaggio e dunque tutto tornerà come prima.

«C’è un preciso precedente a Rosolini», suggeriscono dall’entourage di Italia. E a Palermo hanno anche il caso analogo di Casteltermini sul tavolo. «Ma la sentenza del Tar non dice che sarà fatto salvo il risultato del ballottaggio, i casi non sono assimilabili», ribatte quell’azzeccagarbugli di Vinciullo. Certo che, anche se le nove sezioni non dovessero rivoluzionare il risultato, si andrà lo stesso alla riedizione del ballottaggio Reale-Italia. Ma qualcuno, anche nel centrodestra, sussurra un’altra pazza idea. Per tagliare la testa al toro. «È più facile, anche se non facilissimo, far convergere tutti i voti della coalizione di Reale sulla grillina terza arrivata (la consigliera comunale Silvia Russoniello) per farle scavalcare Italia e arrivare al ballottaggio fra centrodestra e M5S».

Piovono smentite dall’una e dall’altra parte. Ma la matematica, se non è un’opinione, può essere una suggestione: nei 114 seggi “regolari” fra Italia (9.816 voti) e Russoniello (8.218) ci sono meno di 1.600 preferenze di distacco. Una scalata difficile, ma meno impossibile del 40% di Reale.

Fantapolitica? Forse. Anche perché c’è il “fattore C”. Come consiglio comunale. Che non c’è più, decaduto dopo il no al bilancio col sindaco che gli sopravvive (per poco, a Siracusa) per un’altra delle strampalate leggi siciliane. Un voto clamoroso, avvenuto (altra coincidenza?) poco prima della sentenza che ha defenestrato il sindaco. Ebbene, l’unico modo per resuscitare l’assemblea del Vermexio è che il voto-bis modifichi la mappa uscita dalle elezioni del 2018. Non nei nomi dei consiglieri, come specificato dal Tar, ma negli equilibri dei gruppi. Ci sono due liste (Amo Siracusa e Pd per Moschella) che superarono sul filo di lana il quorum del 5% e altre due (Presenza Cittadina, ispirata dall’immarscescibile Gino Foti, e Italia Sindaco) che lo sfiorarono.

Qualcosa potrebbe cambiare in modo naturale, al netto dei cambi di casacca e degli scontri (compresi nel gruppo del M5S) che hanno già mutato l’assetto del consiglio, con il gruppo d’opposizione di Reale che s’è svuotato e Italia senza maggioranza ma senza nemmeno un’opposizione ostile, anche grazie alla diplomazia del “sindaco ombra” Pierpaolo Coppa.. Oppure potrebbe essere un cambiamento “indotto”: «Chi l’ha detto – sibila qualcuno del centrodestra – che molti consiglieri forti di centrosinistra e civiche non possano decidere di far votare in massa Reale perché è l’unica possibilità che hanno per ritornare in consiglio?».

La domanda resta a galleggiare fra i veleni e i misteri di questa città maledetta. Che magari ha paura di entrare nella macchina del tempo elettorale. Tornare al passato per decidere il futuro. Nel presente, intanto, c’è un regime di democrazia sospesa. E un’ennesima guerra aperta. Di “sistemi” contrapposti?

Twitter: @MarioBarresi

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